Molti di quelli che stanno leggendo queste righe, quasi sicuramente saranno convinti di essere arrivati su queste pagine di spontanea volontà, certi che sia stata una loro libera scelta. Ma l’uomo è realmente libero di scegliere il proprio destino? O ci sono delle forze superiori che a nostra insaputa controllano le azioni che facciamo? Siamo quindi realmente in possesso del libero arbitrio?
Beh, il sommo maestro Kentaro Miura sostiene di no, e ce lo sta spiegando da praticamente quasi trent’anni nella sua opera più conosciuta, Berserk. Il suo manga, come altre produzioni sue pari, ha ormai oltrepassato il confine del cartaceo, ed è stato oggetto di trasposizioni di vario genere in molti campi dell’intrattenimento mediatico. Nell’ultimo periodo però, dopo alcuni OAV e la nuova serie anime, quello che mancava veramente all’appello era una trasposizione videoludica all’altezza. E’ un settore forse un po’ trascurato per questa specifica opera, ed infatti conta in passato soltanto due tentativi di trasposizione. Il primo, Sword of the Berserk, fu rilasciato nel 1999 sulla ancora compianta Dreamcast, titolo che tra l’altro approdò anche in Europa con il dovuto ritardo. Il secondo invece, dal titolo decisamente meno pronunciabile (Berserk: Millennium Falcon Hen Seima Senki no Shō), fu pubblicato nel 2004 solo in Giappone per l’intramontabile PlayStation 2. Entrambi condividevano un genere action ma molto vicino all’hack’n slash, e furono l’unico spiraglio di luce per i fan che desideravano vivere le avventure del guerriero nero Gatsu anche in textures e poligoni.
Di tempo dall’ultima trasposizione ne è quindi passato tanto, quasi tredici anni infatti, ed a riportare la bandiera della Squadra dei Falchi sulle nostre console ci hanno pensato i principali esponenti del genere musou, ovvero Omega Force e Koei Tecmo. La scelta onestamente ci è sembrata azzeccata fin da subito, perché a nostro avviso il genere fondato dalla saga di Dynasty Warriors può effettivamente essere perfetto per affiancare una trama come quella di Gatsu e dei suoi compagni, che spesso si ritrovano sul campo di battaglia a fronteggiare interminabili eserciti nemici. Ovviamente però ci sono della accortezze da dover prendere in considerazione, in modo da non eccedere e finire troppo fuori dal seminato, ed è proprio per questo motivo che la nostra speranza è sempre stata quella che l’esperienza fatta qualche tempo fa per un altro spin-off della serie (Arslan) fosse servita a migliorare l’intero genere dei musou.
La trama del titolo, per il piacere dei fans, segue quella del manga e del recente anime, mettendoci al fianco dei nostri eroi nelle battaglie più importanti della loro storia, e quindi percorrendo tutto il flashback che ha portato il nostro eroe al fianco di Grifis (Griffith) ed al suo demoniaco destino, per poi arrivare fino alla partenza del gruppo verso la dimora degli elfi, terra natia di Puck. È chiaro che alcuni eventi siano stati trattati meno nel dettaglio, quasi in maniera superficiale potremmo dire, ma sarebbe stato praticamente impensabile riproporre ai giocatori ogni singola scena del fumetto o della sua trasposizione televisiva. Il risultato finale comunque è ugualmente encomiabile. Di conseguenza, non vedremo né la nascita di Gatsu né le sue avventure che potremmo definire “giovanili” (legate al periodo con Gambino), ma in ogni caso riusciremo a percepire tutte le emozioni che la sua storia contiene. La solitudine, il dolore, l’amicizia, l’allegria, la lealtà, la fiducia, la passione, l’amore, il tradimento, la delusione, l’odio, la disperazione, la vendetta… Seguiremo passo passo ogni momento cruciale della vita da mercenario e da guerriero del protagonista, assistendo ai suoi cambiamenti, ai suoi scontri, ed alle tragedie che lo hanno fatto diventare il personaggio che conosciamo. Per molte delle emozioni che proveremo nel corso del gioco, dovremo dare il merito alle scene prese direttamente dall’anime, che tra un combattimento e l’altro ci fanno immergere ulteriormente nella trama e negli eventi affrontati dai protagonisti; ma per l’eccitazione durante la furia della battaglia, e per quel senso di invulnerabilità che si prova mentre ci si fa largo tra i demoni a suon di spada, non possiamo che ringraziare i ragazzi di Omega Force.
Le scene prese direttamente dall’anime ci immergono ulteriormente nella trama e negli eventi affrontati dai protagonisti
Ma queste emozioni e questi cambiamenti dei protagonisti, non resteranno soltanto nei filmati e nelle cut-scene in CG, ma si rifletteranno sulla sezione tecnica del titolo. Proseguendo infatti attraverso gli eventi narrativi, questi faranno mutare l’aspetto estetico, il carattere e la forza di Gatsu, e noi, dall’altra parte del pad, acquisiremo nel gioco costumi, armi ed abilità di cui all’inizio non potevamo disporre. È una crescita del personaggio forse un po’ atipica, in cui oltre a queste migliorie “regalate” raggiungendo determinati punti della storia, viene accostata la classica controparte gidierristica dei titoli musou, che previa l’accumulazione di punti esperienza ed il conseguente salire di livello, aumenta le caratteristiche base ed il numero di combo possibili con i due tipi di attacchi presenti. La caratteristiche di base non sono eccessivamente complesse, sono solo quattro e si suddividono in vitalità, attacco, difesa e tecnica. Potremmo farle aumentare appunto salendo di livello, oppure “aiutandole” indossando determinati accessori acquistati nello shop, o che avremo semplicemente “droppato” nei livelli dopo aver sconfitto un avversario un po’ più forte dei comuni soldati.
E’ qui entra in gioco la piccola sezione gestionale legata all’equipaggiamento, in cui potremo impostare a nostro piacimento armi secondarie, consumabili ed accessori. Le prime, spesso legate al personaggio utilizzato ed all’arco narrativo, sono di supporto per effettuare attacchi a distanza o per liberarci in fretta da dalle situazioni poco gradevoli. I consumabili sono piccoli oggetti che ci daranno man forte per recuperare un po’ di energia vitale o per avere qualche bonus temporaneo in attacco o in difesa. Gli ultimi infine, gli accessori, ci concederanno invece dei bonus alle caratteristiche, migliorando le nostre performance fino a quando li terremo indossati. A loro tra l’altro è dedicata una piccola funzione all’interno dello shop, in cui sarà possibile non solo venderli e comprarli, ma anche migliorarli o fonderli insieme per creare pezzi sempre più efficienti ed efficaci.
Per il resto, il titolo è chiaramente sempre tutto un menare di mani (o agitare di spada se vogliamo essere pignoli), ma ciò che distingue Berserk and the Band of the Hawk dagli altri musou sono alcuni dettagli. E’ particolarmente interessante infatti accorgersi di come l’hub principale del gioco nello Story Mode cambi continuamente a secondo del punto della trama in cui ci troviamo. Al suo interno gli unici punti fissi rimangono infatti il nostro protagonista, Gatsu (o Guts se preferite), ed ovviamente il falco, pronto a spiccare il volo verso l’orizzonte ogni qualvolta decideremo di intraprendere un nuovo capitolo di questa avventura. Da qui potremmo chiaramente scegliere il livello da affrontare, ma avremo anche occasione di accedere alla sezione degli eventi, un piccolo spazio in cui potremo assistere a dialoghi o cut-scene che ci faranno conoscere più in dettaglio i rapporti ed il passato dei vari personaggi.
Altra piccola particolarità è la Frenzy Gauge, o più comunemente barra della frenesia/rage o come preferite chiamarla. Di solito viene riempita per avere l’opportunità di scatenare un attacco speciale potentissimo, ma qui è solo l’anticamera per qualcosa di più devastante. Caricandola infatti, si ha la possibilità di entrare in Frenzy Mode, ovvero una modalità in cui il nostro personaggio potrà infliggere più danno, essere più veloce ed aumentare il suo raggio d’azione. La barra aumenterà di livello ogni volta che la riempiremo e ne useremo il potere (per un massimo di 5 livelli), aumentando di volta in volta anche i nostri bonus. Uccidere nemici in questa condizione ci farà raccogliere delle Lost Souls, che andranno invece a riempire la Death Blow Gauge, ovvero la barra di energia che una volta piena ci farà lanciare un colpo di inimmaginabile potenza, in grado di arrecare danno a tutti i nemici che ci sono intorno. A questa inoltre, una volta sbloccata, si aggancerà la trasformazione dell’armatura del Berserker, anche questa di durata temporanea, ma che ci darà una potenza di fuoco veramente impressionante.
Avrete intuito quindi che il momento migliore di tutto il gioco è proprio quello in cui riceveremo in dono dalla strega Flora questa armatura, un oggetto magico tanto potente quanto pericoloso, ma che per noi giocatori (e fan) sarà motivo di fomento assoluto (se mi concedete il termine gergale). Il suo ottenimento coronerà le nostre aspettative per il titolo, ed allo stesso tempo sancirà Berserk and the Band of the Hawk come un meraviglioso crescendo di sangue e demoni, di cui gli appassionati non potranno fare a meno.
Berserk and the Band of the Hawk è un meraviglioso crescendo di sangue e demoni
Lo Story Mode è ovviamente la modalità principale del titolo, ma non l’unica. Lo accompagnano l’immancabile Free Mode e la Endless Eclipse Mode. Il primo, ormai un classico dei titoli musou, vi permette di rigiocare i livelli della storia utilizzando uno qualsiasi tra i personaggi sbloccati, ignorando eventuali restrizioni che invece si erano incontrate la prima volta nella modalità Storia. I personaggi aggiuntivi non sono tantissimi, ma del resto non lo sono nemmeno i protagonisti importanti della storia. Hanno ovviamente caratteristiche e stili di combattimento differenti, e sono un ottimo diversivo per spezzare la monotonia degli attacchi pesanti dell’Ammazzadraghi. La Endless Eclipse Mode è invece un pochino più complessa. E’ una specie di discesa spirituale all’interno dell’animo umano, durante la quale alcuni personaggi inseguiranno i propri desideri più profondi, ma dove alla fine tutto si risolverà come sempre in un mare di mazzate, pezzi di corpi sparsi ovunque ed un infinito lago di sangue. Come vi accennavamo in sede di anteprima, potremmo paragonarla alla Dream Mode di Fist of the North Star, ma adattata all’ambientazione presente nel manga del maestro Miura. Alla fine è un modo come un altro per sbloccare qualche oggettino in più da usare in battaglia, ed ovviamente per incrementare ulteriormente la longevità del titolo, che per la cronaca potremmo comunque definire piuttosto nella media. Una run a livello di difficoltà normale infatti, vola via in poco meno di otto ore di gioco puro, al netto dei filmati, della lettura dei wall of text tra un livello e l’altro, e degli eventi aggiuntivi di cui vi accennavamo prima. A livello Berserker invece, il livello massimo di difficoltà, le cose cambiano leggermente. Anche un semplice soldato, solo sfiorandovi, potrà sottrarvi un bel po’ di energia vitale, mettendo a serio rischio la vostra missione finale. Il livello dell’AI a difficoltà più alta migliora leggermente, ma nella media sembra sempre di combattere contro un mare di marionette mono-neuroniche, che difficilmente potranno essere un grosso problema. Gli unici avversari con la parvenza di un cervello funzionante sono quindi i nemici più alti in grado, i leader e/o chiaramente i boss. Questi ultimi potranno rivelarsi particolarmente fastidiosi, specie le prime volte, quando il loro pattern di attacchi ci risulterà ancora sconosciuto.
Berserk and the Band of the Hawk però non è ovviamente né tutto rose e fiori né tanto meno un titolo perfetto, ma una cosa che ci ha deluso particolarmente è esterna al comparto tecnico, ed è la localizzazione. Il titolo è infatti totalmente in inglese per quello che riguarda testi e sottotitoli, mentre dialoghi e filmati sono invece in lingua giapponese. Chiaramente per un titolo del genere non pretendevamo addirittura il doppiaggio in italiano, ma almeno la traduzione dei testi e dei sottotitoli ci sarebbe stata molto gradita; questo perché di roba da leggere nel gioco se ne trova tanta, soprattutto all’inizio di un nuovo livello nelle schermate di loading, dove il rischio di perdere qualche passaggio della trama potrebbe essere in agguato dietro l’angolo.
Altro tallone d’Achille, pure piuttosto evidente, è la gestione della telecamera. E’ vero che con i controlli presenti nel gioco la si può controllare grazie allo stick destro, ma è anche vero che in alcune occasioni questi controlli possono essere a dir poco inefficaci. Finire in un angolo cieco dell’area di gioco mentre si sta puntando un nemico (magari un boss), significa spesso e volentieri ritrovarsi con l’inquadratura quasi all’interno del modello poligonale del nostro personaggio, cosa che chiaramente azzererà quasi del tutto la nostra capacità visiva, impedendoci di tenere d’occhio il nostro avversario e lasciandoci quindi inermi ed impotenti sotto i suoi colpi. Ma non è solo questo il problema, perché anche nel bel mezzo della bagarre della battaglia in campo aperto, ritrovarci con un uomo a cavallo o con un avversario più grosso del normale posizionato esattamente tra le nostre spalle e la telecamera, ci farà piombare in una situazione di cecità momentanea molto simile a quella descritta poco fa, che ovviamente non farà tanto bene alla nostra barra della salute.
Finalmente un titolo valido dedicato a Gatsu e compagni
Ultima, e meno fastidiosa, la compenetrazione dei corpi, che come il raffreddore sembra essere praticamente indebellabile. Capiamoci, Berserk and the Band of the Hawk è graficamente molto bello, i modelli poligonali dei protagonisti sono spettacolari, ed il particolare cell-shading utilizzato per lo stile estetico è praticamente meraviglioso, ma puntualmente, durante un primo piano, qualche particolare delle armature o degli indumenti tende ad intersecarne un altro, creando quel piccolo difetto visivo che tutti abbiamo visto almeno una volta. Non è niente di terrificante, sia chiaro, specie se si tiene conto del livello estetico dei personaggi, e della particolare cura alle espressioni che gli è stata concessa. I volti infatti risultano essere praticamente la perfetta incarnazione digitale dello loro controparte cartacea, e noi non possiamo che esserne contenti.
Per il resto, il titolo è graficamente ben “preparato”, e durante tutte le ore che ci abbiamo passato su una PlayStation 4 Pro, non ha mai dato segni di cedimento con rallentamenti o problemi prestazionali, nemmeno quando lo schermo era completamente colmo di nemici. Le ambientazioni sembrano aver avuto un maggior occhio di riguardo rispetto ad altre produzioni similari, e le cut-scene ed i colpi speciali che portano i nostri eroi in primo piano nell’inquadratura, sono decisamente di ottima qualità.
A questo punto ormai, sarebbe praticamente inutile dire quanto l’opera del maestro Miura sia importante nel suo settore, esattamente come lo sarebbe spendersi in lunghissimi discorsi etici e filosofici per spiegare il vero significato nascosto nella sua storia; ed infatti non lo faremo, perché quello che ci preme adesso è ben altro. Ora abbiamo in mente solo la felicità di avere finalmente tra le mani un titolo valido dedicato a Gatsu e compagni, un omaggio a quegli eroi che ci hanno accompagnato per tantissimi anni, e che speriamo di avere al nostro fianco ancora per molto moltissimo tempo, sia come manga che come anime e prodotti videoludici. |