Milano – Quello del giornalista, si sa, è un lavoro durissimo. Interviste internazionali, appuntamenti schedulati ogni 10 minuti, hands on a ritmi vertiginosi con adolescenti brufolosi infoiati che potrebbero ucciderti per mettere le mani sul pad. Per non parlare delle Public Relations, delle strette di mano che a fine serata di causano delle artriti bloccanti, dei pranzi magistralmente saltati a piè pari e delle Red Bull bevute a ruota libera. Fidatevi, le fiere come la Games Week valgono come una settimana di palestra: ti fai strada attraverso una marea di gente impazzita, finisci una preview da una parte e subito devi teletrasportarti a qualche chilometro di distanza in meno di cinque secondi netti.
Poi però arriva quel momento in cui, finalmente, il duro lavoro viene premiato come si deve. Quel momento in cui puoi parlare di quella cosa che fa impazzire noi giocatori, che non ci fa dormire la notte e che ci tiene incollati al bar con svariate birre a parlare sino alle tre del mattino. No, non stiamo parlando di Playstation 4, Xbox One o di orpelli del genere. Oggi si parla di quelle creature mitologiche che presiedono i vari booth, sorridenti manco avessero una paresi facciale e praticamente abbronzate dai flash che quei bavosi dei visitatori le vomitano addosso. Oggi parliamo delle standiste: e mai come oggi siamo tutti più felici.
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