Tra le numerose “Collection HD” pubblicate recentemente da Sony in esclusiva su PS3, quella dei primi 2 God of War e questa di cui mi appresto a parlarne a breve, sono sicuramente le più gradite ed attese, soprattutto perché sarebbe un oltraggio per le nuove generazioni perdersi simili perle del passato. E se di alta definizione, almeno nel restyling dei due capolavori del Team Ico, ce n’è poca, la poesia e il visionario gameplay sono rimasti inalterati. Gli enigmi che mi hanno fatto amare Ico, la sua atmosfera sognante, la sfida alle divinità di Wander e i mostruosi colossi da affrontare in Shadow of The Colossus sono ancora presenti e solo un’approssimativa “rivisitazione” della grafica che poco ha rinvigorito il comparto tecnico non mi permettono di incensare questa rimasterizzazione, comunque utilissima per chi non ha giocato nessuno dei 2 suddetti capolavori. Da avvicinarsi con le pinze, data la natura particolarissima, per chi non è abituato a sviare dai classici schemi dei giochi odierni, mentre il supporto al 3D,i trofei e colori più accesi giustificano l’acquisto a chi già possiede gli originali.
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Titolo: Ico & Shadow of the Colossus – Collection HD
Piattaforma : PS3
Sviluppatore : Bluepoint Games
Publisher: Sony Computer Entertainment
Giocatori: 1-2 (Co-op Offline)
Online & Extra: Assente, Supporto a 3D
Lingua: Italiano (Testi)
Scrivere una recensione simile non è semplice. Dover parlare di 2 Giochi che hanno segnato la tua “carriera” videoludica e perché no, la tua adolescenza, senza poterti appellare a quel genuino sentimento che scaturiscono in te i ricordi, il piacere della scoperta e della novità provati anni fa durante le primissime sessioni, dovendone comunque parlare in maniera oggettiva e soprattutto molto critica, sembra quasi un tradimento verso un buon amico, anzi un trio, con i quali hai passato decine e decine di pomeriggi insieme e 2 dei quali riappaiono dopo anni per presentartene uno nuovo (mi riferisco al sempiternamente posticipato “The Last Guardian”).
Del resto dal Team Ico e dal suo Lead Designer Fumito Ueda non ci si può aspettare che visioni rese concrete tramite un joypad e qualche chip. Autori di 2 unici giochi in 9 anni su PS2, ora raccolti in un Blu-ray, è chiaro come dei tempi di gestazione simili non possono che portare a risultati stratosferici.
In Ico e in Shadow of the Colossus la poesia è narrata senza bisogno di parole o artifici videoludici, niente HUD (o quasi), niente tutorial, tutto è nelle mani del giocatore e nel suo diretto rapporto col protagonista del gioco, sia esso Ico o Wander.
Per poterne parlare al meglio tratterò entrambi i giochi come 2 entità separate (tranne per quanto riguarda il lato tecnico, unico punto in comune dei 2 elementi di questa “Collection”).
STORYBOARD
Ico: il video iniziale è incentrato sul nostro protagonista (dal cui nome è stato tratto il titolo), portato con la forza in un’isola-castello, nella quale vengono nascosti tutti i bambini contrassegnati da una ben visibile maledizione: la loro colpa infatti è quella di avere un paio di corna. I saggi non vedono di buon auspicio questa loro “stranezza” e come la storia c’insegna, se non riesci a capire qualcosa, brucialo o nel dubbio nascondilo.
Il fato vuole però darci una seconda possibilità, che ci apparirà fin da subito nelle sembianze di un essere etereo, bianco e puro, dai vaghi tratti femminili. Il suo nome è Yorda, ma non pensiamo di essere noi gli eroi della situazione: l’aiuto è reciproco e tanto un nostro salto sbagliato quanto una nostra distrazione che sottrarrà la fanciulla dalla nostra guida significheranno Game Over. Il nostro scopo sarà quello di fuggire indenni dalla fortezza, non senza combattimenti e difficili enigmi da risolvere.
Una trama semplice, ma talmente empatica da suscitare non poche emozioni, a tratti sognante, geniale nel rimanere tutt’ora misteriosa, senza dare alcuna risposta, segnata da brevi ed incomprensibili dialoghi (la maggior parte di essi verrà trascritto sotto forma di strani geroglifici) e lasciandoci una piacevole confusione.
Shadow of the Colossus: la presenza 2 individui di sesso opposto legati da un insolito destino è palese anche nel secondo gioco del Team Ico. Ma se tra il bimbo maledetto e l’eterea prigioniera l’incontro è fortuito, il video iniziale anche in questo caso utilizzato come prologo ci mostra il nostro protagonista a cavallo, su di un lungo ponte che porta ad un tempio. Sull’altare adagia il corpo privo di vita di una giovane donna, Mono è il suo nome.
Wander, il cavaliere errante, sembra parlare verso il cielo con una lingua incomprensibile (come quella di Ico) in attesa di una risposta che non tarda ad arrivare. I dei Dolmir, una duplice entità misteriosissima, ci annunciano che i mortali non hanno il permesso di varcare il confine di quel luogo sacro, ma il nostro protagonista è pronto ad affrontare qualsiasi cosa pur di far tornare in vita la donna, di cui conosciamo unicamente il “destino maledetto” che le è appartenuto. All’ombra dei Colossi, i guardiani dei 16 idoli di pietra indistruttibili presenti nel tempio, si svolgerà la nostra storia, fatta di epici combattimenti e lande desolate da esplorare col nostro fido cavallo Agro, l’Epona del 2000. Più epica di quella di Ico, non meno triste ed empatica, nell’intera trama è ancora più palese ed appagante il nostro intervento nel susseguirsi degli eventi che la dettano, ma anche qui è il profondo mistero che avvolge entrambi i giochi, i sporadici punti in comune, le mille questioni lasciate in sospeso e quell’alone mistico a renderli mosche bianche, anche a livello narrativo, nel panorama videoludico odierno e dell’epoca.
GAMEPLAY
Ico: mai come prima d’ora sarà necessario “studiare” il booklet di un videogioco. Ci ritroviamo alla fine della cut-scene iniziale senza neanche accorgercene, magari rimanendo anche un po’ imbambolati in attesa che inizi il gioco vero e proprio. Del resto ormai siamo abituati a Life-bar, mappe ultra-dettagliate, cursori e quant’altro. Ma ricordiamoci che stiamo parlando di un gioco di circa 9 anni fa, “old-school” allo stato puro. Aggiungeteci che ben 3 tasti del pad non vengono utilizzati e solo così potrete capire il fascino estremamente minimale di Ico. Le azioni principali saranno legate al salto, al combattimento con bastoni e spade, il Tasto Cerchio per interruttori e azioni contestuali, ma il fulcro del gioco è il tasto R1. Sarà ciò che ci lega indissolubilmente a Yorda, la nostra “principessa” da salvare, ma non servirà ad azionare chissà quale bomba nucleare, né attiverà una combo per spazzare via i nemici. Attiverà semplicemente uno dei gesti più semplici ma più apprezzati nelle relazioni umane: le terremo la mano. L’accompagneremo, le mostreremo il percorso da seguire, potremo anche chiamarla se si trova lontano da noi, ma soprattutto ci sarà utile per issarla o per darle fiducia prima di un pericoloso salto. Ma dovremo tener conto anche di terribili ombre, dalla forma animalesca o demoniaca, in grado di volare ed atterrarci, il cui unico scopo è rapire la giovane ed imprigionarla in un nero baratro, segnando la fine della nostra avventura. Il tutto condito da tostissimi enigmi, privi di aiuto alcuno, indicazioni o suggerimenti. Saremo totalmente soli, solo la nostra abilità, l’intuito e i nostri riflessi ci permetteranno di raggiungere l’epilogo.
Shadow of the Colossus: Abbandonato lo stile minimale di Ico (ma non l’alto tasso di difficoltà), Ueda e co. hanno optato per un gameplay maggiormente incentrato sui combattimenti e sull’azione. Wander può galoppare, saltare ed arrampicarsi praticamente ovunque (sempre con il tasto R1…insomma, i capostipiti dei tasti dorsali, da sempre dimenticati su Ps2 e ora alla base del gaming odierno su console). Indicatori di vita e stamina saranno in bella vista, e con Select avremo a disposizione la mappa del vastissimo mondo di gioco, con tanto di nemici già uccisi contrassegnati sulla mappa. Alzando la spada al cielo (ma solo se il sole ci illuminerà), un fascio di luce ci indicherà la posizione dei nostri obiettivi, i Colossi. Dopo aver viaggiato ed aver superato le trappole naturali, i canyon, le paludi e le pareti di roccia che troveremo lungo la nostra avventura, il nostro “semplice” compito sarà quello di scoprire il punto debole del nostro titanico nemico e scovare un modo per colpirlo con la nostra arma, scalandolo e arrampicandoci sul suo immenso corpo. Il gameplay è sistematico e a tratti ripetitivo, ma il piacere di trovare ogni volta nuova nemici e pensare nuove strategie è impagabile.
GRAPHICS & SOUNDS
Ecco il tasto dolente. Fino ad ora ho parlato dei 2 giochi come se fossero “appena usciti”, descrivendo una trama ed un gameplay datati ma che hanno perfettamente retto il passare del tempo. Stessa cosa purtroppo non si può dire per la grafica, alla base di questo “restyling” in alta definizione. Se infatti sono convinto che sia un delitto non aver mai giocato almeno uno dei 2 e questa Collection sarà utilissima per i neofiti che non ne hanno neanche sentito parlare, o per chi per vari motivi se li è persi all’epoca, l’acquisto per chi (incluso il sottoscritto) ha ancora le versioni cartonate degli originali (fondamentalmente le prime limited edition su console) non è del tutto giustificato. L’unico miglioramento, oltre all’adattamento ad una maggiore risoluzione, è la limpidezza dell’immagine e dei colori, donando al tutto uno stile quasi “cartoon” (per quanto riguarda il character design, anche se personalmente avrei optato per una grafica ai limiti del cel-shading, ma comprendo la mole di lavoro non giustificata per una semplice “Collection”). Se sui personaggi l’aliasing è stato mitigato dai colori molto accesi, stessa cosa non si può dire per il mondo di gioco, in cui pareti, rocce ed alberi mostrano i classici “quadratoni”, retaggio della versione Ps2 e di un lavoro non così preciso (ad opera di Bluepoint Games, non del leggendario Team Ico) da giustificare l’acquisto per chi il gioco lo possiede già. Per non parlare di problemi di collisione delle armi, in molti casi quando poseremo la spada per utilizzare il bastone, ci sembrerà che sia stata inghiottita dal pavimento! È chiaro inoltre come i cali di frame-rate siano spariti, per l’hardware Ps3 è un gioco da ragazzi gestire le semplici animazioni (rimaste un po’ ostiche) e i vasti spazi di S.o.t.C. poveri di textures degne dei giochi odierni. Da menzionare inoltre il supporto al 3D, ormai onnipresente nelle esclusive targate Sony.
Riguardo le musiche, le pochissime presenti (nella maggior parte dei casi saremo infatti accompagnati da rumori come lo scroscio delle cascate o quello dei nostri passi leggerissimi) enfatizzano l’atmosfera triste e misteriosa, senza disdegnare momenti epici con orchestrazioni d’impatto.
ONLINE & REPLAY
Se Wander ci terrà compagnia dalle 10 alle 12 ore, con Ico passeremo metà del tempo. Data l’intensità e breve durata, giocandolo una seconda volta è possibile terminarlo anche in un pomeriggio, ma al “primo giro” i numerosi tentativi e morti ci porteranno via molto più tempo. L’elevata difficoltà inoltre non fa altro che aumentare le ore necessarie al completamento e lo stesso vale per S.o.t.C., più lungo per via della sua struttura di gamEplay. Terminandoli verranno sbloccate nuove modalità, che insieme ai trofei e ai numerosi segreti da scoprire, renderanno più longevo il tutto e rimpiazzeranno l‘assente (ed inutile in questo caso, data l’intimità di 2 giochi simili) modalità online.
IN CONCLUSION…..
Tuffarmi nel mondo di Ico e Shadow in questa Collection HD è stata ancora una volta un’esperienza intensa e piacevole, che consiglio a chiunque non abbia avuto il piacere di giocare gli originali e che cerca qualcosa di nuovo e fuori dal comune in un panorama videoludico moderno che poco ha da spartire con la “vecchia scuola”. Non è un caso se entrambi furono considerati come “Videogiochi allo stato dell’arte”, sicuramente i primi ad accendere un dibattito a riguardo. Poesia fatta pixel non supportata però dal restyling a livello tecnico promesso, limitato al donare brillantezza ma non pulizia alla grafica, necessaria per competere con un prodotto odierno orientato più alla filosofia dell’apparire che quella del contenuto (ma fortunatamente non sempre).
In ogni caso, ARTE pura.
Copyright: Neonvision
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SECONDO PARERE
di Pasquale “ViewtifulPask” Lello
Diciamoci la verità: Ico & Shadow of The Colossus Collection HD altro non è che il pretesto per poter giocare per l’ennesima volta 2 dei migliori esempi di “arte nei videogiochi”, o meglio, l’occasione per farli scoprire a chi, per un motivo o per un altro, se li è persi su Playstation 2. Grafica in HD?! Si… a livello visivo è tutto più pulito… ma secondo voi conta davvero qualcosa? Di sicuro non riusciranno tutti a farlo, ma se riuscirete ad “immergervi” in uno di questi 2 capolavori, cambierà il mondo intorno a voi. Con l’aiuto di colonne sonore piene di pathos, un level design maestoso per quei tempi (ed anche per oggi), verrete catturati da una favola, al centro di cui ci sarà il “motivo primordiale del videogioco”: un eroe che lotta per salvare la sua amata. In ICO, l’amore nascerà non appena prenderete Yorda per mano, e man mano che andrete avanti e la difenderete da coloro che vogliono portarvela via, si farà sempre più forte. In Shadow of The Colossus l’amore sarà quello che vi darà il coraggio e la freddezza di affrontare enormi Colossi che, in fondo non ci avevano fatto nulla… e per cui proverete anche compassione… Questi giochi sono un insieme mistico di elementi che non vi lascerà tempo per badare alla grafica, che farà passare in secondo piano lo scomodo sistema di controllo, che resterà a vita nei vostri ricordi da videogiocatore. A dire il vero può essere riduttivo chiamarli “giochi”… sarebbe meglio definirli “arte fatta videogioco”.
Così come l’amore è il fulcro di ICO & Shadow of The Colossus, anche per voi sarà essenziale “innamorarvi” o meno di queste opere d’arte… per comprenderne la profonda essenza.
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