..E forse alla fine si gioca pure.
Sarò strano io, o forse estremamente sorpassato per il mercato videoludico moderno, ma ieri mi è parso che qualcosa non funzionasse, qualcosa di terribilmente sbagliato stava accadendo, e mi sono domandato: me ne sono accorto solo io?
Dodici anni fa, anno più anno meno comprai una famosa rivista di videogiochi, contenente il cd di Diablo, il primo.
Ricordo che fu uno dei primissimi giochi (se escludiamo i MUD) che provai online. Con una banda che oggi non è nemmeno più immagibile, quella dei 56k, entrai in un mondo online pieno di cheaters, ma terribilmente divertente.
Ma, sopratutto, arrivato a casa ed inserito il cd, ho potuto giocare, in single player, da solo, nella mia sacra (e nerd) solitudine, senza l’angoscia di errori 37 o 108 o 3006. Senza la paura che equipaggiare la mia arciera con la bandana nell’effemminatezza mi facesse crashare il gioco a morte, e mi costringesse all’attesa di una patch risolutiva.
E’ un diritto sacro, che dovrebbe essere inviolabile. L’insuccesso di Ubisoft, qualche tempo fa, con Assassin Creed e il suo becero sistema di DRM online su pc, pensavo avesse dichiarato la morte di questa corrente di pensiero, o almeno un quinquennio di libertà.
La Blizzard ha però altre frecce al suo arco. Diablo III non è un mmorpg, ma ha problemi da mmorpg, perchè? Perchè ha caratteristiche da mmorpg. Quale metodo migliore della connessione permanente, e dell’autenticazione a server obbligatoria per sconfiggere una volta per tutto i cheaters?
Sopratutto in un sistema che, come sappiamo accoglierà le aste online (in euro eh, mica in SimDollari o dobloni) e sdoganerà finalmente il mestiere del coreano farmatore.
Tutto molto bello e tutto molto coerente, sicuramente.
Ma io volevo solo uccidere, nuovamente, e con eroica eleganza, Diablo.
[hr]
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