News 04 Nov 2012

Assassin’s Creed III: Liberation – La Recensione

La serie Assassin’s Creed ha stravolto l’attuale generazione di console con il suo innovativo gameplay, uno sdoganamento della libertà diventato ormai uno standard ed una narrazione epica e cinematografica, ma fino ad ora tali elementi erano prerogativa delle versioni home-console e PC: le comparsate su smartphone, Nintendo DS e PSP infatti peccarono sotto ogni punto di vista, tanto dal lato tecnico quanto da quello narrativo, proponendoci titoli lontani anni luce dalle controparti ufficiali, così ricche di idee, atmosfera e sangue. L’arrivo di PSVita, con la sua strabordante potenza di fuoco, lasciava presagire una rinascita del portable gaming, con un abbattimento pressoché totale di qualsivoglia limite tecnologico imposto dalle precedenti piattaforme handheld ed offrendo giochi ricchi e, nel caso di porting/spin-off, simili ai “fratelli maggiori”. L’annuncio di Liberation venne quindi accolto in maniera estremamente positiva dai fan del brand, i quali gongolavano al solo pensiero di potersi dare al parkour più scavezzacollo e alla sottile arte arte assassina anche fuori casa; il timone fu affidato a Ubisoft Sofia, ma la bussola l’ha mantenuta anche Lo Studio Ubisoft per antonomasia, quello di Montréal. Riusciranno il giovane team e la nuova protagonista, Aveline, a camminare (e correre e saltare) con le proprie gambe?

Lo ameranno: i fan più sfegatati
Lo odieranno: i fan più pignoli
E’ simile a: prendete il terzo capitolo ed inseritelo di forza in uno schermo da 4 pollici circa

Titolo: Assassin’s Creed III: Liberation
Piattaforma: PSVita
Sviluppatore: Ubisoft Sofia
Publisher: Ubisoft
Giocatori: 1
Online: Presente (& funzionalità Near)
Lingua : Italiano

“Da qui, messere, si domina la valle…”

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Laissez les bons temps rouler…più o meno.

I combattimenti sono migliorati rispetto al passato, ma l’IA pecca ancora…

Con Desmond e Connor impegnati nel capitolo numero 3 e i due storici Altair ed Ezio ormai ultra-pensionati, il team di sviluppo ha ben pensato di rinfrescare la serie partendo dal protagonista: niente più nerboruti donnaioli o mentori onorevoli. La battaglia tra Assassini e Templari permane così come la fazione d’appartenenza, ma stavolta impersoneremo l’affascinante Aveline De Grandprè, membro di una ricca famiglia di New Orleans, teatro principale delle nostre avventure. Il periodo e la zona coperta è simile a quello del “fratello maggiore”, ovvero la Rivoluzione Americana, o almeno un anticipo del sanguinoso conflitto. Il nostro obiettivo sarà quello di difendere gli interessi della nostra famiglia, ma sopratutto della Confraternita, liberando la città dagli invasori prima francesi e poi spagnoli, tra complotti, contrabbando (di merci e uomini) e sospette sparizioni che ci vedranno spostarci agilmente tra la capitale della Louisiana, la palude circostante e la colonia di Chichen Itza, in Messico, nelle cui rovine si annidano misteri vecchi di millenni. La trama è il primo elemento a colpire: peccato che lo faccia negativamente, con i suoi vuoti temporali, le risposte non date e la banalità di soluzioni narrative e dialoghi, rendendo la freschezza delle storie narrate nei capitoli home-console un mero ricordo. La nostra eroina manca di verve e carattere, peccando di spina dorsale e sangue freddo in più di un’occasione, nonostante la sua doppia vita: di giorno, infatti, si occupa di noiose lezioni di musica, bon ton e festicciole tra aristocratici, mentre col favore delle tenebre tenta di stanare i complotti dei suoi acerrimi nemici e di salvare gli schiavi indifesi alla mercé di uomini senza scrupoli.

Lo charme di Aveline sarà il suo proverbiale “asso nella manica”

Questa duplice (in realtà triplice) attitudine verrà rispecchiata anche dal punto di vista del gameplay: uno degli elementi di punta di Liberation è infatti l’introduzione di un sistema “ruolistico”, che vi offrirà tre differenti set di costumi con relativi pro e contro. L’abito da signora vi permetterà di sedurre gentiluomini e di passare inosservata davanti alle guardie nemiche, ma non potrete saltare e i vostri attacchi saranno limitati. Vestiti da assassina verrete cercati quasi a vista, ma in compenso avrete il vostro arsenale per intero. L’abito da schiava, invece, vi offrirà una via di mezzo, garantendovi inoltre scappatoie extra: avrete qualche arma in meno, sarete un po’ più discreti che da assassina ma in compenso potrete muovervi dove vorrete, con la possibilità di mimetizzarvi anche tra i gruppi di inservienti (in maniera decisamente più convincente che in passato) oppure afferrando una cassa di legno e passeggiare tranquillamente senza allertare gli avversari. Potremo cambiarci in appositi spogliatoi sparsi per la città ed acquistabili (così come i sarti e i negozi di armi), selezionando di missione in missione (ma non sempre) quale abito scegliere, optando per l’approccio più adatto al nostro stile: sgattaiolare in punta di piedi, adescando le ignare guardie, o tentare vie più dirette e buttarci nella mischia grazie ad armi ed utili arnesi per massacrare nella maniera più creativa i nostri nemici, i quali alterneranno fasi da carne da macello (lasciandosi massacrare in attesa di un nostro attacco) a super-omismi che ci spingeranno ad attacchi continui ed estenuanti, contrattacchi inefficaci e button smashing, rendendo sbilanciati e poco entusiasmanti i duelli, da sempre punto debole della serie.

In compenso le nuove armi ci permetteranno di spaziare con le strategie e dare pepe al tutto, dalla frusta che ci permetterà di trascinare i nemici verso di noi, fino alla cerbottana, dotata sia di proiettili classici che di quelli “isterici”, i quali manderanno in “berserk” il bersaglio prescelto e lo spingeranno ad attaccare alla cieca i suoi compari (davvero divertenti da sfruttare in tattiche fuori dal comune ed utili nelle missioni in cui, per la sincronizzazione completa, ci verrà chiesto di eseguire la missione in un certo modo, ad esempio non uccidendo materialmente noi stessi il nemico ma, per l’appunto, istigando un NPC). Saranno inoltre presenti bombe fumogene e pistole, con le quali mireremo tenendo premuto il tasto triangolo, acquistabili (come del resto le altre armi) nei negozi sparsi per New Orleans e la “Palude”, le principali ambientazioni nelle quali potremo scorrazzare con Aveline, davvero agile tanto in ambito urbano quanto nel nuovo set-up naturale: come nel capitolo principale, anche qui sarà possibile sfruttare rocce, tronchi ed alberi come basi per le nostre acrobazie, dimezzando i tempi di traversata da un punto all’altro della mappa seguendo i percorsi sapientemente strutturati (ma nascosti) dal team, permettendovi di muovervi, una volta presa dimestichezza con corsa e salti (il tutto affidato alla semplice pressione del grilletto destro), in coreografica scioltezza anche sull’inedito terreno, interrotti unicamente da una telecamera che in alcuni frangenti non ci indirizzerà verso l’appiglio giusto, rendendo alcune sequenze prettamente platform davvero frustranti. In realtà non sarà sempre colpa della telecamera: qualche volta ci penseranno dei glitch a farci incastrare nelle pareti o a farcele oltrepassare gettandoci nel vuoto cosmico che si nasconde aldilà delle textures.

La corsa sugli alberi offrirà ancor più alternative alle vostre fughe rocambolesche

Crash occasionali (ma rari, nel mio caso ne ho incontrati solo 2), pop-up e frequenti cali di frame-rate completano il cerchio, segno che qualcosa, dal punto di vista tecnico, proprio non va come dovrebbe. Le location non sono infatti estese come la Roma di Brotherhood o la Venezia del secondo capitolo, bensì molto più ridotte e compatte (nonostante New Orleans brulichi di vita in maniera davvero convincente), ma nonostante tutto sembra che PSVita non riesca a supportarle al massimo, peccando sia dal punto di vista della fluidità che meramente estetico: l’aliasing non fa brillare del tutto texture e personaggi , i quali comunque si lasciano apprezzare grazie ad accurate scelte di design e caratterizzazione, elementi che donano un minimo di personalità ad un titolo privo del mordente tipico della serie.

Idem le musiche, anch’esse sottotono, mentre il doppiaggio è di buona fattura (salvo alcuni personaggi dotati di voci a tratti ridicole). Saranno inoltre davvero poche le side-quests, i compiti extra o i collezionabili da scovare: non mancheranno i classici punti d’osservazione (e gli immancabili salti della fede), mentre faranno la loro comparsa missioni legate ai concorrenti commerciali della nostra famiglia, i quali tenteranno di boicottarci nei modi più disparati e starà a noi risolvere la situazione, oppure NPC da curare con la forza, picchiandoli a sufficienza prima di potergli somministrare dei funghi curativi (a causa della loro indotta aggressività), alligatori da tenere a bada e pagine del diario di Jeanne, la madre naturale di Aveline, da scovare.

Momento momento momento: ma quello è…!

Come fonte di guadagno extra ci saranno gli ormai classici bauli presenti nei posti più impensabili, ma in particolare avremo in mano la gestione del porto e degli scambi navali, per ottenere una rendita monetaria extra dalla compra-vendita di beni come il cotone, dovendo però studiare le rotte ed evitare così di incappare in temporali ed assalti dei pirati (delle percentuali ci indicheranno la possibilità che un simile evento possa creare problemi al carico). A variare un minimo ci penseranno le (pochissime) sezioni platform: al posto delle chiese troveremo le succitate rovine in cui dar sfogo alla nostra agilità ed istinto, nuotando o risolvendo enigmi, alcuni dei quali tramite le features di PSVita, non sempre perfettamente implementate nel gameplay. Dal borseggio alla guida della canoa, passando per le lettere da aprire premendo su entrambe gli schermi, l’essenza touch viene sfruttata dove possibile (inclusi i menù) e senza esagerare, offrendo dei brevi divertissement che vengono però minati da una gestione confusionaria dei comandi, poco reattivi e che in alcuni frangenti risulteranno in frustanti fallimenti (il furto agli NPC in primis).

Dal punto di vista del multiplayer, Liberation schiva le classiche modalità offrendo un gameplay particolare e dall’approccio “smartphoniano”, che vede assassini ed l‘Abstergo fronteggiarsi su scala mondiale a suon di agenti spediti nelle principali città del nostro pianeta e combattimenti in stile card game: una volta selezionato il “Nodo base” (ovvero una città che fungerà da centro nevralgico), potremo inviare delle pedine nelle “caselle” limitrofe, pedine dotate di specifici valori (come attacco, difesa ed energia), attaccando i nemici presenti e sottraendo punti controllo alla fazione avversaria. La squadra che totalizzerà più punti in una delle tantissime città presenti conquisterà quella contesa, estendendo la propria influenza in lungo e in largo, con tanto di caselle speciali che offriranno bonus particolari, il tutto diviso in cicli settimanali che porteranno all’azzeramento di volta in volta dei nodi conquistati, premiando di fatto più la costanza che l’abilità e non permettendo a Liberation di brillare neanche dal punto di vista “massivo”, lato salvato in corner grazie alla condivisione di oggetti specifici trovati nella campagna in singolo da regalare ad utenti nelle vicinanze tramite “Near”.

Agaté è il mentore di Aveline, maestro e guida spirituale.

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In conclusione…

Non ci siamo: la speranza era quella di non trovarsi tra le mani una versione “redux” dell’amatissimo brand Assassin’s Creed, ma per quanto il livello raggiunto sia spanne e spanne avanti le precedenti apparizioni portatili, l’eccellenza rimane ancora un traguardo lontano e Liberation non sembra in grado di scrollarsi il complesso d’inferiorità che pendeva sulla sua testa come una spada di Damocle sin dall’annuncio. Ubisoft Sofia offre un titolo che lascia presagire grandi cose sull’handheld Sony, ma ce lo propone povero di contenuti, privo della verve ormai classica della serie (soprattutto dal punto di vista narrativo) e afflitto da problemi tecnici (ma non comunque inficianti l’esperienza di gioco) sparsi qua e là. Una componente online potenzialmente interessante ma forse più consona ad uno smartphone ed una non perfetta integrazione delle features di PSVita si aggregano alla conta dei difetti, controbilanciati da delle piacevolissime novità (il “cambio d’abito” e le nuove armi a disposizione in primis), da una buona longevità per un titolo portatile (le 10 ore sono facilmente raggiungibili) e dalla constatazione di avere a disposizione il proprio brand preferito nel palmo di una mano (anzi due), motivi che spingono a consigliare l’acquisto unicamente ai fan più sfegatati della serie che, previa chiusura di più di un occhio, potranno quantomeno gustare delle splendide sequenze di parkour e del tipico gameplay che hanno amato su home-console.

 

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