Sinistro…
Mai titolo fu più azzeccato: praticamente l’essenza del nuovo film di Scott Derrickson (L’Esorcismo di Emily Rose) in un aggettivo.
Ma andiamo con ordine. Il panorama horror contemporaneo non è semplicemente affollato, una definizione più corretta potrebbe essere “strabordante”. Sminuzzato in mille e più sottogeneri, il cinema dell’orrore tende (troppo) spesso a mostrarci la sua faccia peggiore, non si contano nemmeno più i cloni degli slasher di americana memoria o i mockumentaries alla Blair Witch Project. Periodo nero, soprattutto per la fantasia, ma per fortuna non mancano le buone idee, perle nascoste che salvano il genere da un oblio senza ritorno e accende gli occhi dei fan (come il sottoscritto) di rinnovata speranza. Perché – in fondo – ci sarà sempre un buon horror pronto a sconvolgerci, dietro l’angolo.
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Titolo: Sinister
Data di uscita: 14/03/2013
Regia: Scott Derrickson
Cast: Ethan Hawke, Juliet Rylance, James Ransone
Sito ufficiale: http://www.sinister-ilfilm.it/
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Tornando a Sinister (nelle sale italiane il 14 marzo), ha sicuramente le carte in regola per non sfigurare accanto a classici del passato più o meno recente. Innanzitutto, possiede qualcosa che apprezzo infinitamente (al di là del genere): una linea narrativa solida, robusti binari degni di un romanzo (si cita King in una scena del film). La profonda inquietudine che la pellicola fa serpeggiare tra gli spettatori ha origine proprio dalla bella storia che ci accompagna scena per scena in un climax di tensione e follia. Certo, i classici colpi di basso da salto sulla poltrona non mancano, ma non hanno che un ruolo marginale, decorativo.
Le basi sono classiche, abbiamo lo scrittore in cerca del grande balzo con allegra famigliola al seguito (un profondo ed eccellente Ethan Hawke), una bella casa comprensiva di passato che altrettanto bello non è ed un poliziotto ficcanaso ma simpatico a completare il quadro. Ah, ovviamente abbiamo anche il cattivo. E che cattivo.
Ma passiamo ad analizzare il fiore all’occhiello dell’intera produzione: una serie di snuff movies girati in Super 8 che definire inquietanti sarebbe un eufemismo.
Complice una colonna sonora di altissimo livello, costruita su melodie ipnotiche e disturbanti, questi film nel film rappresentano un piccolo saggio di regia a sé stante, un virtuosismo per nulla fine a sé stesso capace di alimentare il senso di inquietudine ed ansia nello spettatore senza ricorrere agli espedienti più comuni del genere.
Insomma, sto parlando di un disagio che spesso assume i tratti di vera e propria paura, centrando così l’obiettivo principe di qualunque horror che si rispetti.
Sarà per la commistione vecchio-nuovo, immagine pulita – sequenze scure e sgranate, sarà per i temi trattati e lo stile impeccabile nel trattarli, sarà semplicemente il debole che nutro per quel tocco USA quando si parla di orrore a contagiare il mio giudizio, ma questo film mi è piaciuto, e non poco.
L’unico appunto che mi sento di fare riguarda una fase finale forse calante laddove si poteva spiccare il volo, ma niente che pregiudichi l’ottima impressione generale.
Abbiamo bisogno – oggi più che mai – di storie ben raccontate, di idee, di visioni, e ne ha bisogno il Cinema.
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A noi ricorda…
Alan Wake: i tratti comuni alle due produzioni sono evidenti, partendo dal genere fino a dettagli quali – addirittura – le citazioni (King ad esempio, come evidenziato nell’articolo). Certo, prendendo in considerazione l’evidente spessore psicologico del film avrei potuto accostarvi titoli ancor più introspettivi e caratterizzati, vedi Silent Hill o Condemned, ma il survival horror made in Remedy resta quello che più si avvicina, su vari livelli, alla pellicola di Derrickson, merito anche dell’impronta decisamente cinematografica e di personaggi (nonché dialoghi) che sembrano scappati da un classico di Carpenter.
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