Dopo le numerose, e fondate, critiche ricevute per Dragon Age 2, la strada del nuovo Dragon Age: Inquisition è tutta in salita, sopratutto per il confronto inevitabile con altre saghe come The Elder Scrolls e The Witcher, che hanno ridefinito (o nel caso della serie dello strigo, stanno per ridefinire) gli standard qualitativi del genere. Un passo su cui la BioWare sembrava obbligata a cedere era la necessità di rendere Dragon Age un open world, esattamente come hanno fatto i sopracitati titoli.
Mike Laidlaw, creative director della serie, ha però precisato che il nuovo capitolo, Inquisition, non sarà un open world, ma un “multi-region“, ovvero ci saranno molte regioni vaste da esplorare, collegate tra loro da una mappa dalla quale saranno selezionabili, come accadeva in Baldur’s Gate o in Dragon Age Origins. Le zone non saranno necessariamente collegate alla trama principale, ma potranno anche servire per approfondire il mondo in cui il gioco è ambientato.
Del resto, una soluzione del genere appare più sensata per una serie che fa della trama il suo punto forte e che su una struttura open world avrebbe davvero rischiato di perdersi, allungando un brodo la cui consistenza non potrà che essere verificata soltanto nell’autunno 2014 in cui Dragon Age: Inquisition è atteso.
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