Quando si parla di videogiochi sportivi, difficilmente l’atleta di copertina è qualcosa di più dell’ennesima trovata “geniale” del reparto marketing. L’utilizzo di una figura emblematica di una particolare disciplina è una prassi le cui origini si perdono nella storia, quando ancora il faccione di Zidane sorrideva tronfio nella cover di un titolo calcistico per PlayStation. Ma oggettivamente, in quante occasioni il pagamento di una licenza astronomica si è tradotto in un miglioramento del gameplay o dell’offerta/qualità dei contenuti? Nel vasto panorama dello sviluppo moderno, NBA 2K rappresenta forse una delle rare eccezioni a questo assioma.
Pensate all’edizione 2K11, a quella cover con un campale Air Jordan e a quella sensazionale campagna per giocatore singolo che faceva rivivere passo dopo passo le tappe più profonde della carriera della leggenda di Chicago. Oppure a NBA 2K12, al suo formidabile “terzetto di copertine” (Jordan, Larry Bird e Magic Johnson) e a quell’omaggio passionale all’NBA storica, alle sfide sensazionali e senza tempo che uno degli sport più amati degli USA ha offerto. Il lupo perde il pelo ma non il vizio, e nemmeno l’edizione 2K14 è esente da questa formula: nuovo anno, nuovo uomo copertina. Un grandissimo top-player per un gioco che ancora una volta stupisce e impressiona.
Lo ameranno: gli amanti del basket americano, gli affezionati della simulazione 2K, i fedeli dei Miami Heat e di LeBron
Lo odieranno: quelli che odiano il Prescelto, chi non ama i titoli cestistici
È simile a: NBA 2K13
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Titolo: NBA 2k14
Piattaforma: PS3 / Xbox 360
Sviluppatore: Visual Concepts
Publisher: 2K Sports
Giocatori: 1 (offline) / 1 vs 1, 5 vs 5 online
Online: 1 vs 1, 5 vs 5
Lingua : Italiano (Testi), Inglese (audio e telecronaca)
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Tutti pazzi per LeBron
Non l’aveste ancora capito, icona di NBA 2K14 è proprio lui, quel mascellone di LeBron James. Intorno all’attuale numero uno dell’NBA ruota una nuova modalità battezzata “Verso la Gloria” (Path to Greatness), che offre una serie di ipotetiche partite “future” che segneranno in maniera indelebile la carriera del Prescelto. Rispetto a NBA 2K11, dunque, non andremo a ripercorrere le tappe dell’ascesa di James, ma vivremo in anteprima quelli che secondo Visual Concepts saranno i momenti cardine della sua prossima carriera. Doveste giurare fedeltà alla città più famosa della Florida, si prospetta un futuro da assoluti protagonisti per gli Heat, appena candidatisi vincitori dopo un’epica finale in gara 7 contro gli Spurs di Parker e Duncan. Dinastia Heat (Heat Dinasty), questo il nome del filone “pro-Miami”, permette al giocatore di vivere in prima persona gli incontri più salienti delle prossime stagioni, coronate da finali al cardiopalma contro Houston Rockets nel 2014 e Golden State l’anno successivo.
Qualora si decidesse di cambiare aria, avventurandosi nel profetico Viaggio Fantastico (Fantastic Journey), ci si troverà al termine della stagione di fronte al più lancinante dei dubbi: dove andare? Sfortunatamente c’è ben poco da scegliere. Tutti gli scenari e le situazioni presentati in questa modalità sono predeterminati, così una volta lasciati gli Heat macineremo punti per i Knicks di New York, per poi andare a battere territori molto più familiari. Una modalità interessante per gli amanti del “cosa succederebbe se“, che presenta tra le varie cose sfide e situazioni difficilmente prevedibili (ve lo immaginate un Kobe Bryant che abbandona l’NBA per poi tornare a giocare, proprio per affrontare King James?) ma parzialmente inficiata da un plot già scritto e che non può essere cambiato per nessuna ragione.
Sia chiaro, la progressione di Verso la Gloria è estremamente godibile. Si gioca una serie di partite chiave, ciascuna delle quali introdotte dallo stesso James in carne ed ossa, che fanno da cornice alle gesta del Prescelto e al suo assalto al record di vittorie di sua maestà MJ. La storia tiene botta, e rende chi gioca testimone di eventi “strani”, inattesi ma comunque architettati a modo. Sì insomma, 2K non si smentisce. Tuttavia, se con NBA 2K11 il team di sviluppo era riuscito magistralmente a ricreare i tasselli dell’ascesa di Jordan permettendo di prenderne virtualmente parte con un pad, con questo NBA 2K14 la sensazione di incensare in modo poco velato gli Heat è forte. C’è poco da fare, da qualsiasi parte la si osservi gli Heat domineranno l’universo del basket e James passerà alla storia come il migliore di sempre: una scelta che, per i non amanti di Miami o del caratteraccio di LBJ potrebbe rappresentare una pericolosa discriminante. Non bastasse, questa eccessiva esaltazione limita sensibilmente il peso di altre componenti storiche del franchise, relegando compagini classiche come i Bulls di Jordan, i SuperSonics di Kemp e Payton o i Magic di Shaq a semplici presenze nella modalità Match veloce.
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Quattro palleggi sul parquet
Se pensate che le novità di NBA 2K14 si esauriscano nella sola epopea di LeBron, indovinate un po’, siete fuori strada. Verso la Gloria rappresenta senza dubbio il valore aggiunto della produzione di quest’anno, che tuttavia non riposa sugli allori ma, al contrario, ripropone le modalità che l’hanno resa celebre e strizza l’occhiolino al pubblico del vecchio continente con l’introduzione dell’inedita Eurolega. La modalità La Mia Squadra (MyTeam), l’equivalente cestistico della FIFA Ultimate Team, torna pressoché inalterata in questa ultima transizione current gen: in sostanza, si tratta di spendere VC (Virtual Currency) nell’acquisto di fantomatiche carte da utilizzare in sfide offline e in rete per dare vita al Dream Team più forte di sempre (e, già che ci siamo, per guadagnare qualche soldino ulteriore). Piccole novità gestionali per l’Associazione, che a fianco di una struttura ormai consolidata presenta una nuova dinamica nella gestione dei contratti e dei giocatori free agent: aumenta il numero di scelte papabili, ma allo stesso tempo cresce l’irruenza delle altre dirigenze che faranno di tutto per non lasciarsi soffiare i talenti migliori. Stesso discorso per Il Mio Giocatore (MyPlayer), che si riconferma la miglior modalità carriera per giocatore singolo disponibile su un videogioco sportivo (con la possibilità di entrare a far parte di una Crew online di 5 giocatori e affrontare l’intera stagione in match 5 vs 5). Come sempre, sarà possibile partire alla conquista della stagione intera e/o dei soli playoff oppure cimentarsi in competizioni custom, magari con qualche piccola novità.
Ecco che arriviamo dunque all’Eurolega, nuova licenza acquisita da 2K che permette di portare in campo 14 tra le principali squadre europee (tra cui le nostrane Milano e Siena). Gli amanti del basket italiano potranno così dar vita ad impensabili sfide (Moss contro Bryant, la sfida del millennio), anche se duole dover assistere ad una scarsa integrazione dei suddetti team nel filone di gioco principale. Se escludiamo la partita veloce o il torneo personalizzato, le occasioni per indossare le maglie di Alba Berlino, Barcellona, Real Madrid, Cska Mosca, Fenerbahce Istanbul, Anadolu Efes, Olympiacos, Panathinaikos, Maccabi Tel Aviv, Zalgiris Kaunas, Unicaja Malaga e Baskonia Vitoria (oltre alle già citate italiane) si estinguono rapidamente. Non bastasse, i roaster dell’Eurolega appaiono in molte occasioni poco aggiornati, con giocatori che hanno cambiato squadra già dalla scorsa stagione. Difficilmente assisteremo ad aggiornamenti frequenti come quelli per i Team NBA, ma una rinfrescatina ai quintetti base non americani non farebbe male.
A parte questo, il lavoro di calibrazione effettuato dal team di sviluppo per rendere meno schiacciante il divario tra americani ed europei è gradito, e permette di sfidare una qualsiasi squadra NBA (magari utilizzando squadre robuste come il CSKA) senza la consapevolezza d’aver perso in partenza. In questi frangenti verrà utilizzato il regolamento FIBA, tenendo anche a mente che in caso di incontri in territorio europeo verranno adottate le regole internazionali (che, come saprete, differiscono da quelle americane sotto differenti aspetti), oltre che palloni e loghi distintivi dell’Eurolega. Chiudiamo la carrellata citando la componente online, che non presenta sostanziali modifiche rispetto alla precedente annata. Il che è tutto sommato positivo per gli amanti della sfida competitiva, vista la qualità del servizio imbastito da 2K.
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Controllo di palla
Che si prediliga la stagione in single player o il sano agonismo competitivo online, NBA 2K14 si porta comunque a casa a pieno merito il titolo di videogioco di basket più giocabile di sempre. Complice un significativo aggiornamento dello schema di controlli, l’ultimo nato della divisione basket 2K rende più fluide e naturali le manovre di tiro, finta e entrata a canestro. Certo, chiunque provenga dalle precedenti incarnazioni (o allo stesso modo chi sia a digiuno dai precedenti capitoli del franchise) avrà bisogno di un tempo fisiologico di assestamento per digerire i nuovi comandi di gioco, come sempre comodamente elencati per categorie (attacco con e senza palla, difesa, finte) all’interno del Training Camp: una volta appresi a modo, comfort e immediatezza sono garantiti. Proseguendo la rivoluzione introdotta già dalla scorsa annata, l’azione di gioco ruota interamente attorno allo stick analogico destro. Ma se in NBA 2K13 le meccaniche basate su di esso, oltre ad essere quantitativamente inferiori, richiedevano spesso l’ausilio di un bumper come modificatore, quest’anno gli sviluppatori sono scesi ulteriormente in profondità rendendo quest’ultimo di fatto inutile.
Giocherellare con lo stick muovendolo avanti/indietro, a destra/sinistra o eseguendo cerchi o semicerchi che partono dal piede perno piuttosto che da quello libero permetterà al giocatore di dare il via a finte fulminee e a “dribbling” estemporanei capaci di lasciare di pietra il difensore; per tirare, invece, basterà mantenere premuta la leva verso una specifica direzione (dopo un semicerchio, ad esempio, oppure verso il canestro per un jump shot o in direzione opposta per un fade away) e rilasciarla al momento migliore. È vero, nelle prime partite il rischio di tirare dalla propria area o di fare finte indesiderate è alto, ma con il giusto allenamento l’incidenza di queste evenienze cala rapidamente. Se poi considerate che le azioni possibili sono moltissime e che ciascuna di queste assume una sfumatura completamente differente in base al modo in cui si agisce sullo stick destro, studiare di buona lena il set di comandi è necessario anche per i veterani di NBA 2K. La buona notizia è che il tempo investito nell’allenamento verrà abbondantemente ripagato con un incredibile controllo sull’azione di gioco. Poi per carità, se non vedete l’ora di scendere sul parquet potrete sempre utilizzare i classici bottoni per compiere movimenti e azioni base, ma difficilmente riuscirete a danzare tra le difese avversarie senza saper usare a modo la leva analogica.
Non più utilizzato come modificatore, il trigger di sinistra può essere sfruttato per creare passaggi veloci (flashy pass) con cui sorprendere la difesa e liberare rapidamente un compagno di squadra per il tiro. Il rischio di insuccesso per questi passaggi (che molte volte saranno squisitamente no look) è elevato e dipende dalle caratteristiche del giocatore che lo esegue: giocatori più piantati come Duncan o Bynum difficilmente riusciranno a farla in barba ai difensori, perdendo la palla nella maggior parte dei casi. Discorso diverso se invece chiamiamo in causa “piccoli” come Parker, Nash o Rose. Tra le novità più interessanti va citata infine la Smart Play (attivabile tramite il bumper destro), che risparmierà al giocatore la scelta della strategia più adatta affidando invece la decisione alla CPU, che in una frazione di secondo determinerà quale gioco chiamare in base a specifici parametri (quintetto alleato e avversario in campo, posizione dei giocatori). Il risultato è effettivamente ottimale, e permette anche ai meno pratici di dar vita ad azioni non troppo complesse ma ben strutturate ed efficaci. Chiaramente è sempre possibile impostare manualmente la strategia di gioco, ricorrendo alla classica croce direzionale.
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La partita perfetta?
I riflessi del nuovo sistema di controllo si vedono anche nel gameplay, che appare rinnovato nel ritmo di gioco. Grazie ad un parco animazioni aggiornato, quantitativamente e qualitativamente eccellente, una dinamica di gioco stabile ed una fisica veritiera, che gode di una gestione delle collisioni di tutto rispetto, gli incontri di NBA 2K14 sono veloci e frenetici, senza però risultare improbabili. A trarre maggiori benefici dall’upgrade dell’engine è proprio la componente difensiva: gli atleti hanno un’inerzia, un peso che non mancheranno certo di far sentire quando si tratta di bloccare incursioni e penetrazioni sotto canestro. Non serve giocare a livelli di difficoltà elevati per accorgersi di come il quintetto avversario affili le unghie per ostacolare ogni nostro canestro, tanto fisicamente quanto – e soprattutto mentalmente. Sì, perché non si limiteranno soltanto a bloccare i tagli o a raddoppiare sul portatore di palla, ma al contrario useranno la testa, sposteranno gli equilibri e giocheranno di squadra per chiudere possibili spazi. Ottima anche l’intelligenza offensiva avversaria, capace di organizzarsi e di rispondere in tempo reale allo schieramento difensivo del giocatore e di dettare passaggi e giocate in base alla situazione corrente.
Tenete però bene a mente che non vi porterete a casa tutto questo ben di dio così a buon mercato. Alcune magagne ci sono, è inevitabile, e di tanto in tanto tocca assistere a comportamenti incomprensibili dei giocatori controllati da CPU (palle lisciate clamorosamente, players che dovrebbe saltare per non perdere la palla, ma che lo fa soltanto dopo che quest’ultima gli è già passata sopra la testa, interferenze a canestro inutili), ma in generale l’orchestra di NBA 2K14 suona bene, quasi quanto il vero basket che cerca di replicare su schermo. Magari già lo sapete, ma NBA 2K14 è un titolo particolarmente difficile, anche a livelli di difficoltà apparentemente generosi: l’utilizzo dello stick analogico, i passaggi veloci e la possibilità di modificare il proprio schema premendo un semplice dorsale aiutano non poco anche le rookie del basket digitale, ma da qui a dire che la curva di apprendimento è abbordabile ne passa davvero parecchio.
Per quanto concerne il comparto grafico, il titolo non offre passi avanti incredibili rispetto alla precedente edizione, quasi a volersi tenere da parte il meglio per la transizione next-gen, pur offrendo una modellazione degli atleti di prim’ordine supportata da una realizzazione dei volti semplicemente perfetta. Poche storie, i fedelissimi dell’NBA non avranno problemi a riconoscere i giocatori in campo, che ovviamente si muovono, saltano e tirano con le movenze della controparte originale. Stesso discorso anche per le compagini dell’Eurolega, che seppur non perfette come le cugine statunitensi, trattandosi della prima apparizione ufficiale, godono di un trattamento complessivamente godibile. Se dunque la partita è bella da giocare oltre che da vedere, un po’ meno convincente è la caratterizzazione delle ambientazioni extra-NBA, incapace di ricreare quell’atmosfera caratteristica e, allo stesso tempo, priva di una telecronaca di effetto. Cosa che invece non manca per la lega americana, impeccabile sotto ogni punto di vista.
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SWOOOOOSH !!
L’epitaffio di NBA 2K in questi stralci finali di current gen non poteva essere migliore. Certo, la curiosità di vedere quale prodigio sarà NBA 2K14 su PS4 e Xbox One è tanta, ma il risultato ottenuto dai ragazzi di Visual Concepts su PS3 e Xbox 360, mai come ora spinte al proprio limite fisico, merita sicuramente il nostro plauso. La National Basketball Association di LeBron James non innova ma si rinnova profondamente, offre nuove meccaniche inizialmente difficili da padroneggiare ma, una volta digerite, capaci di donare una profondità e un livello di controllo inediti e, con la divertente modalità “Verso la Gloria”, offre scenari inediti, magari non sempre plausibili ma quanto mai divertenti. L’introduzione dell’Eurolega a fianco delle numerose modalità storiche è una piacevole aggiunta per noi europei, nonostante alcuni spigoli non ancora limati a dovere (squadre non aggiornate, palazzetti meno curati dei parquet americani) e un’integrazione quasi del tutto assente nella modalità principale. Ma in fin dei conti si tratta di peccati veniali, che turbano solo parzialmente il quadro di quest’ultimo eccellente esponente del miglior franchise cestistico dello showbiz videoludico. Next generation e NBA Live permettendo …
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