News 03 Dic 2013

Dead Rising 3 – La Recensione

Dead Rising 3 Banner 5

Il primo Dead Rising sorprese un po’ tutti con il suo strambo concept: tantissimi zombie da massacrare, il fiato sul collo soffiato da Chronos in persona e un’atmosfera generale molto più rilassata, ironica e persino delirante, rispetto alle asfissianti produzioni a base di non-morti che garantirono a Capcom un biglietto sola andata per l’olimpo del gaming. Il tributo al maestro dell’horror George A. Romero piacque un po’ a tutti (tranne al regista stesso, che li premiò con una bella denuncia) senza però sbancare ai botteghini, complice forse una frustrazione di base legata alle peculiari meccaniche che fecero capolino anche nel capitolo successivo. Nonostante il proliferare di titoli zombeschi degli ultimi anni, Microsoft si è ripresa l’esclusività della produzione made in Jap..Canada, offrendo al terzo atto del brand l’onore (e l’onere) di fungere da apripista per la sua neonata Xbox One, con qualche mirata novità nella manica da tirar fuori al momento opportuno…a meno che il braccio stesso non cada come foglie d’autunno.

Lo ameranno: chi non apprezzò la frustrazione di base dei precedenti, gli amanti dell’ultra-violenza anti-zombie
Lo odieranno: i puristi della serie, gli estimatori di trame e doppiaggi
E’ simile a: Dynasty Warriors con gli zombie…seriamente.

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2D Boxshot Wizard v1.1Titolo: Dead Rising 3
Piattaforma: Xbox One
Sviluppatore: Capcom Vancouver
Publisher: Microsoft
Giocatori: 1
Online: Co-op 2 Giocatori
Lingua : Completamente in italiano

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I pompieri! Ci salveran...no.
I pompieri! Ci salveran…no.

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The angels have gone

Los Perdidos, California. Gli angeli hanno fatto le valigie: al loro posto, rimasugli umani con qualche brandello di carne penzolante e fame, tanta fame. A dieci anni dagli eventi che hanno devastato Fortune City (dove era ambientato il precedente capitolo), Capcom ci riporta nel cuore di un’America infetta e perduta, con il tempo alle calcagna, uomini di potere senza scrupoli al comando e un manipolo di disperati costretti a barcamenarsi tra sopravvivenza, manie suicide e bocconi di cibo da recuperare qua e là. Un pavido meccanico, Nick Ramos, la cui personalità da agnellino stride un po’ con quella degli spavaldi Frank e Chuck, si ritrova nel bel mezzo di quel manipolo, circondato da redneck, complottari e soldati in pieno disturbo post-traumatico, rivelandosi, neanche troppo a sorpresa, il fatidico jolly in grado di salvare la pelle a tutti prima che le cose si complichino. L’epidemia ha infatti preso il sopravvento, il governo è convinto di salvare i superstiti con un chip a base di Zombrex, ed entro sette giorni eliminerà la città dalle cartine geografiche. Sfruttando le doti manuali del protagonista, dovremo far di tutto per squagliarcela nel più breve tempo possibile.

Rhonda cercherà di spronare lo spaurito Nick in più di un'occasione
Rhonda cercherà di spronare lo spaurito Nick in più di un’occasione

Capcom Vancouver ci propone l’ennesimo titolo a base di zombie senza particolari exploit narrativi, ma ricco, in compenso, di numerosi momenti in cui a regnare è la confusione e la ricerca di un senso a quel che si è appena visto o ascoltato, affossato da personaggi (tanto gli alleati quanto gli antagonisti) che se non sono scialbi, sfociano nel ridicolo e nel grottesco, con l’apice (negativo) raggiunto proprio dal protagonista stesso, che sembra più un boy scout in overdose di caramelle gommose che un burbero meccanico californiano. Tuttora non riesco ancora a comprendere se l’intento del team fosse effettivamente questo o meno, ma tra battute di basso rango e citazioni, il beneficio del dubbio è un must. In ogni caso, mantenendo il trend dei precedenti capitoli, la narrazione rimane un mero orpello sacrificato in favore della giocabilità, l’ancora di salvezza dell’intero titolo, e la scelta di eliminare (quasi completamente) il fattore “tempo” (angosciante nel primo atto, asfissiante nel secondo) a favore di una maggiore fruibilità, può forse snaturare il concept generale, ma si rivelerà una gradita novità soprattutto per chi abbandonò per frustrazione le precedenti iterazioni. Per non deludere i fan di vecchia data sono state “invertite” le modalità a disposizione, con una più libera e “leggera” (“Storia“) e una più complessa ed affine al passato (“Incubo”), accessibile sin da subito e che offrirà zombie più spietati e meno agevolazioni (in particolare per quanto concerne i salvataggi).

Un modo intelligente per ampliare il proprio pubblico, senza far imbestialire lo zoccolo duro.

Nick Ramos, la dimostrazione semi-vivente che non tutti i meccanici hanno le officine tappezzate di calendari hard.
Nick Ramos, la dimostrazione semi-vivente che non tutti i meccanici hanno le officine tappezzate di calendari hard.

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(He)Art Attack!

Ciò che ho sempre apprezzato della serie Dead Rising è l’ultra-violenza scriteriata che lo ha sempre distinto dai suoi concorrenti “zombeschi”: al contrario di titoli come lo storico “zio” (Resident Evil), l’approccio che il giocatore dovrà adottare sarà sempre e comunque caratterizzato da una certa prudenza di fondo, ma se in titoli del genere sono l’atmosfera e la parsimonia con la quale utilizzare med-kit, salvataggi  e munizioni a farla da padrone, con numeri esigui di nemici (tutti però in grado di causare un infarto al più impavido dei giocatori), nella giovane serie  targata Capcom si assiste al quasi totale abbattimento di quegli stilemi, in favore di puro massacro ai limiti del delirio d’onnipotenza. Una sorta di Dynasty Warriors a base di mangiacervelli, una sensazione che con le (poche) innovazioni offerte dall’approdo alla next-gen è ancor più palesata dall’ampiezza delle location (un’unica e grande città) e dall’oceano di nemici che compariranno su schermo.

Certo, comportarsi da 12enne è proprio la cosa più adatta da fare nel bel mezzo di un'apocalisse zombie.
Certo, comportarsi da 12enne è proprio la cosa più adatta da fare nel bel mezzo di un’apocalisse zombie.

Tutto verterà su delle missioni da seguire, che spazieranno dal raggiungere il punto B partendo dal punto A, al recupero di oggetti specifici, fino all’eliminazione del boss/stramboide di turno, opzionale e non, in arene perlopiù tematiche (come il maestro zen nel giardino buddista, o il maniaco nel retro-bottega di un negozio bondage). Nel mentre sarà possibile trovare anche quest secondarie, proposte da uno sconosciuto contatto via telefono, le quali richiederanno quasi sempre di salvare il disperato di turno, ma il completamento delle stesse, che in più di un’occasione mi hanno strappato una risata, offrirà un minimo di varietà alla formula. La loro struttura “a tempo” (indicato da una barra laterale) dona inoltre maggior pepe al tutto, in quanto il mancato completamento ci priverà dei preziosi PP (Prestige Point) ottenibili tramite ogni compito, sia esso obbligatorio o no, che ci torneranno utili con l’ottimo sistema di sviluppo del personaggio, ben più curato e “ruolistico” di quel che solitamente offrono i titoli del genere. Ogni livello ci garantirà infatti dei punti attributi da spendere intelligentemente nell’apposito menu certosinamente escogitato dal team, con l’obiettivo di ampliare gli slot dell’inventario, di sbloccare nuove combo o aumentare i punti vita, fino al raggiungimento del livello 50 che ci darà accesso ad ancor più succosi potenziamenti.

Ad offrirci esperienza extra ci penseranno anche sfide in-game legate al numero di nemici uccisi o di oggetti utilizzati, le statue di Frank West sparse per il mondo di gioco e civili incontrati casualmente, che dovranno essere salvati (sempre che voi lo vogliate) da un’orda di non-morti. Numerosi dei civili incontrati potranno essere inoltre arruolati, ognuno con specifiche statistiche, i quali potranno tornarvi utili in alcune missioni, ma il più delle volte si riveleranno d’intralcio (soprattutto quando vi bloccheranno il cammino piantandosi nel bel mezzo di una porta), e personalmente ho sempre cercato di scortarli quanto prima nel rifugio più vicino, uno degli svariati headquarter da ripulire e da sfruttare per rifocillarsi, salvare (oltre ai salvataggi automatici dopo le missioni), rimpinguare liberamente l’armamentario (verranno infatti memorizzate tutte le armi trovate, le quali saranno equipaggiabili senza problemi) o procurarsi un veicolo. La nuova anima open-world del titolo ci catapulta in fatti in una vasta città divisa in quattro quartieri collegati da lunghe autostrade, e numerosi mezzi (dalle moto alle ruspe) ci torneranno utili per gli spostamenti, ma anche per del sano delirio. Come le armi, anch’essi potranno essere “fusi“: uno dei trademark del brand consiste infatti nella possibilità di mescolare due oggetti per ottenerne una versione potenziata, ed una delle maggiori agevolazioni introdotte è quella di potersi dare all’assemblaggio praticamente ovunque, con l’unico limite imposto da degli schermi da scovare in giro o conquistati con il progredire della trama, i quali “sbloccheranno” di volta in volta nuovi esilaranti e potentissimi ammennicoli.

Nel caso ve lo steste chiedendo, l'app è disponibile anche su Android e iOs
Nel caso ve lo steste chiedendo, l’app è disponibile anche su Android e iOs

Neanche a farlo apposta, è proprio questo l’elemento che più mi ha coinvolto: non sarà così raro ritrovarsi a bordo di un ibrido tra una moto e un rullo compressore col quale spiaccicare centinaia e centinaia di zombie, per poi scendere e proseguire il massacro con uno spara-vibratori, una banalissima bomba al napalm artigianale o un orsacchiotto killer che, come una torretta, sparerà a qualsiasi cosa gli capiti sotto tiro. Praticamente ogni oggetto che troverete sparso qua e là visitando negozi, abitazioni o uffici, potrà essere utilizzato come arma contundente da utilizzare contro i nemici, persino una borsa o una panchina, e gran parte degli stessi potranno essere fusi in gioiellini di devastante creatività. Il team si è davvero sbizzarrito, e ogni arma offrirà specifici attacchi speciali, combo, oltre ad avere danni e resistenza (la quale determinerà il numero di utilizzi) propri, rendendo le classiche granate o i banali fucili a pompa dei giocattoli del pleistocene. Le brillanti intuizioni del passato vengono qui riproposte in maniera ancor più delirante e grottesca, complice forse il successo di titoli come Saints Row, la cui influenza è inoltre ammirabile nella caratterizzazione di numerosi “psicopatici” (i boss, seppur meno riusciti che nel titolo di Volition), ma anche nell’eccesso alla base di ogni schema, sia per quanto concerne le armi che i veicoli. Stessa cosa per gli abiti del protagonista, anch’essi numerosi ed esilaranti, dal vestito da squalo a quello in latex, fino ai baffi e sombrero da messicano.

Menzione (positiva) infine per Smartglass e Kinect: seppur di contorno, l’apposita app offrirà comodità e piacevoli extra preclusi al gioco stesso (i quali stimolano il giocatore e  ne giustificano l’utilizzo), come la possibilità di vedere le missioni in corso, o persino di scovare sulla mappa un particolare negozio che ci serve, la cui “filiale” più vicina verrà segnalata in base all’effettiva posizione del giocatore. fino alle misteriose casse della ZDC, che potranno essere aperte soltanto tramite missioni affidateci grazie proprio all’app. Con Kinect potremo invece dar comandi vocali nei menù o ai nostri compagni, ma oltre a poter prendere in giro gli psicopatici con frasi che li faranno imbestialire, l’unica vera utilità l’ho trovata nella possibilità di attirare gli zombie (con un sonoro “Quaggiù“) e sfruttare trappole ambientali, come una gabbia elettrificata, delle fiamme o un baratro.

Tranquilli, vi ci abituerete. Sia al sangue che alla "weird-itudine".
Tranquilli, vi ci abituerete. Sia al sangue che alla “weird-itudine”.

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Zomb-gen

Quella mole di non-morti a perdita d’occhio (sia i nostri che i loro) come verrà sorretta dall’engine? La criticata ma in parte giustificata scelta di offrire un titolo di nuova generazione con una risoluzione a 720p e 30 fps permette di dare una risposta tutto sommato positiva alla domanda, ma solo per quanto concerne la stabilità generale. Di problemi ce ne sono e a bizzeffe, e Dead Rising 3 avrebbe fatto una miglior figura come canto del cigno dell’Xbox 360, che come biglietto da visita per l’Xbox One. L’hardware della nuova console ha sì permesso di avere una struttura a mondo aperto senza caricamenti di sorta e migliaia (avete letto bene) di zombie che camminano su schermo, vengono massacrati e continuano a respawnare “uscendo dalle fottute pareti” (cit.) senza che il software collassi su se stesso, ma di contro la grafica è sporca, i modelli dei volti sono realistici ma anch’essi imprecisi in alcuni frangenti, e ho perso il conto dei cali di framerate nei momenti più concitati, delle compenetrazioni poligonali o delle sparizioni di armi e oggetti.

...'Muricah.
…’Muricah.

Per non parlare dei lunghi caricamenti all’avvio della partita (o al reload), o della fisica, che se regala di tanto in tanto qualche decapitazione o smembramento in due con le armi più taglienti, ripaga con dei veicoli che sembrano slittare, e che investono i nemici in maniera estremamente legnosa, legnosità che coinvolge anche i movimenti del personaggio e la telecamera, in alcuni punti davvero ingestibile. Grande cura, in compenso, è stata riposta nella città e negli interni, nonostante sia una delle L.A. più spompate mai viste (soprattutto dopo la Los Santos di GTA V) e alcune abitazioni siano copia/incollate, così nella caratterizzazione fisica dei personaggi e soprattutto degli zombie, che incredibilmente risultano tutti estremamente diversi tra loro, tra quelli più comuni (comunque variegati) e quelli “speciali” (come i pompieri, i giocatori di football o i soldati) che saranno anche più ostici da abbattere (ma premieranno con un maggior numero di PP). Note dolenti anche per il comparto audio, con una colonna sonora estremamente anonima, e un doppiaggio italiano davvero scadente, con voci assolutamente scialbe e fuori contesto.

Tanti...tantissimi.
Tanti…tantissimi.

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Dead Laughing

Gli estimatori della co-op avranno però carne putrefatta per i loro denti: l’ottima modalità cooperativa drop-in/out vi permetterà di unirvi ad un amico (o di ospitarlo) e portare avanti la storia insieme senza troppi sbattimenti, con schemi, missioni e collezionabili che verranno mantenuti anche nei rispettivi playthrough in singolo, permettendovi di scatenare l’inferno in coppia e traendo il massimo soprattutto dai veicoli combo, i quali offriranno delle armi che in mano all’I.A. faranno solo scena, mentre se gestite da un individuo pazzo almeno la metà di voi, garantirà grassissime risate.

Gli psicopatici non vi daranno troppe noie...
Gli psicopatici non vi daranno troppe noie…

Nella mia prova non ho riscontrato alcun lag legato ai server, ma ho notato un lieve calo di framerate, nulla di fastidioso, comunque. Il rapidissimo matchmaking vi permetterà inoltre di ospitare o “joinare” partire con eventuali sconosciuti, dandovi la possibilità di segnalare, prima di ogni sessione, il vostro “approccio”, se più casinista e “lascivo” o più meticoloso, lasciando trasparire eventuali velleità da collezionista o semplice e becera violenza gratuita. Da soli o in compagnia, ci saranno davvero un buon numero di missioni e compiti extra da portare a termine, inclusi gli “addestramenti”, simili alle “rampage” di GTA, nei quali ci verrà chiesto di uccidere un certo numero di nemici entro un lasso di tempo, o gli altoparlanti della ZDC da abbattere, e a meno che non vi mettiate a svolgere unicamente le missioni principali, supererete tranquillamente le 15 ore di gioco. Non molte per un “free-roaming“, ma per un action ibrido come Dead Rising 3 si riveleranno davvero ben bilanciate (complice la struttura delle missioni stesse che ci rimbalzeranno un po’ ovunque, lasciandoci tutto il tempo per cercare schemi e statue di Frank).

Perché limitarsi al delirio in solitaria?
Perché limitarsi al delirio in solitaria?

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In conclusione…

Capcom cerca di esportare i suoi zombie su next-gen, ma spero tenga ben chiuso lo champagne per altre occasioni future: trama scialba, personaggi piatti e un comparto tecnico legnoso e minato da numerosi problemi, mentre grafica e fisica puzzano di vecchia generazione, così come le meccaniche di gioco, non troppo dissimili dai precedenti capitoli. E se “next” può essere considerata soltanto l’incredibile mole di nemici su schermo e le implementazioni legate a Kinect (lievissime) e a Smartglass (decisamente più utili anche ai fini del gameplay), è il caro vecchio fattore “divertimento” a salvarlo dal totale fallimento. Poche ma mirate modifiche al gameplay della serie (salvataggi più frequenti, gestione del tempo meno asfissiante, la creazioni delle armi praticamente ovunque e l’introduzione dei veicoli) han spazzato via la frustrazione del passato, snaturandone in minima parte il concept, ma guadagnando dal punto di vista della giocabilità.

Nel corso delle missioni principali, mi son spesso ritrovato a perlustrare abitazioni e strutture alla ricerca di nuovi schemi, o semplicemente di nuovi e strambi oggetti con i quali annichilire i non-morti, per non parlare delle scriteriate scampagnate che mi han portato a massacrare un migliaio di zombie solo perché una possente ruspa o una devastante falce infuocata si erano miracolosamente materializzate davanti ai miei occhi, senza troppe preoccupazioni legate al tempo o alle missioni. Nella sua mediocrità di fondo, Dead Rising 3 mi ha comunque divertito e coinvolto nel portare a termine ogni singola quest e a scovare tutti i vari collezionabili, e pur rivelandosi la scelta peggiore nel caso in cui cerchiate un titolo che sprema a dovere e sin da subito la potenza della nuova console di Microsoft, d’altro canto soddisferà i vostri appetiti di prodi ammazza non-morti sempre pronti a fischiettare “zombie massacres are a boy’s best friend“.

Dead_Rising_3_Co_Op
“E’ davvero questa la next-gen?”

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