News 25 Feb 2014

Castlevania: Lords of Shadow 2 – Recensione

Moltissimi videogiocatori soffrono di una precisa sindrome: l’amore viscerale per la nemesi del proprio alter ego virtuale. Quando il mix di carisma e look è letale, subentra in essi lo sfrenato desiderio di impersonare il crudele individuo che il loro ruolo gli impone invece di affrontare e debellare a qualsiasi costo, e se l’appagamento finale dei titoli di coda spazza via ogni possibile ripensamento, un po’ di amaro in bocca rimane sempre. Se poi è lo stesso team di sviluppo a giocare con i sentimenti del proprio pubblico, allora si arriva allo spietato gioco psicologico che coinvolse chiunque mise mano a Final Fantasy VII: il combattimento in quel di Nibelheim nei panni di Sephiroth, la nemesi più magnetica e morbosamente affascinante che l’industria dell’intrattenimento nipponica (e non) abbia mai partorito, invade tutt’ora i sogni di chi vi scrive, perfettamente conscio del fatto di non essere l’unico.

In Lords of Shadow 2, atto conclusivo della parentesi narrativa messa in scena da un giovane e, all’epoca, inesperto team spagnolo, salito alla ribalta proprio con l’inattesa rinascita di Castlevania, i sogni repressi di molti diventano realtà: dopo eoni di lotte furiose e giuramenti di morte, Dracul, il più spietato e potente dei vampiri, si ritrova, suo malgrado, al di qua della barricata, sotto il dominio dei giocatori. Dopo un primo atto davvero inaspettato, che come un fulmine a ciel sereno squarciò le tenebre di numerosissimi speranzosi fan e li divise in due fazioni (una oltranzista e fedele alla linea bidimensionale, una entusiasta del nuovo corso 3D dannatamente action), e un capitolo “ponte” (Mirror of Fate) al quale questo epilogo è profondamente legato, MercurySteam arriva a scomodare i fantasmi del passato, trascinandoli (maldestramente) nel presente: è stato pagato il giusto tributo?

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