Alien: Isolation
News 18 Giu 2014

E3 2014 – Alien: Isolation – Hands On

Los Angeles – È così vicino che posso sentire il suo respiro. Sono nascosto sotto una barella da ospedale, cercando disperatamente di restare in silenzio. E di sopravvivere. Non so dove sia, posso solo sentire il suono dei suoi passi che si avvicinano, poi si ferma e pare allontanarsi. Un’ombra appare di colpo, vedo la sua enorme sagoma nera. Non voglio guardarlo, non voglio nemmeno respirare. Poi è solo silenzio. Se n’è andato, o è lì fermo, nascosto nel buio ad aspettarmi? Di colpo sento il suono di una porta idraulica che si apre e chiude. Passi ovattati sino a sparire, poi è ancora silenzio. Per ora sono ancora vivo, ma non so per quanto lo sarò ancora.

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Creative Assembly sta facendo dannatamente sul serio con questo Alien: Isolation. La demo mostrata nello showfloor dell’E3 – una breve sessione all’interno di un’angusta stazione spaziale, dove uno Xenomorfo gioca al gatto e al topo con il nostro alter ego – non rappresenta una semplice parentesi terrificante in una entusiastica caccia all’alieno a suon di fucili iper futuristici. Alien: Isolation è l’approssimazione videoludica più affine alla pellicola originale del maestro Ridley Scott. È spietato e terrificante, capace di togliere il fiato al giocatore e di lasciarlo immobile per interi minuti, impaurito anche solo dall’idea di doversi muovere. Sì, perché ogni spostamento implica del rumore, e il nostro ospite ha un orecchio particolarmente fine. Oltre che una fame terrificante. Persino il background narrativo di Isolation è oro colato per gli amanti della saga: ambientato 15 anni dopo gli accadimenti del primo Alien, ci ritroveremo nei panni di Amanda Ripley, figlia della leggendaria Ellen e dipendente della famigerata Weyland Yutani. Una piccola stazione spaziale chiamata Sevastapol ha recuperato il registro di volo della Nostromo, perdendo però subito dopo ogni contatto con la base principale. Amanda viene dunque spedita per far luce sulla vicenda, che prende da subito una piega inaspettata.

La demo E3 inizia con la povera Amanda all’interno di una stazione completamente devastata e deserta, diretta verso il complesso medico di San Cristobal. Una voce maschile si fa improvvisamente sentire alla radio e le intima di raggiungere quanto prima un punto operativo di fortuna che i colleghi di Weyland Yutani hanno messo in piedi. Come? Semplice, basta premere il trigger sinistro e comparirà il Motion Tracker, che tra le sue funzionalità (che spiegheremo a breve) segnala anche la direzione esatta di ogni obiettivo. E di tanto in tanto conviene ricordarsi di osservare la mappa, accessibile dal menu opzioni. E fidatevi, ne avrete davvero bisogno.

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In perfetto stile Alien, la location di questo livello è un dedalo di corridoi e stanze semi distrutte, di tubi al neon che sfarfallano minacciosi per poi lasciare spazio all’oscurità più totale. Ci sono sale operatorie imbrattate di sangue, e gli immancabili corpi smembrati del personale lasciati al suolo come monito. Corpi che sono ovunque, stesi sui letti o appesi addirittura alle pareti, con tanto di organi interni dilaniati e in bella vista. Tutto, insomma, richiama alla perfezione le atmosfere della pellicola, quel perfetto mix retro-futuristico delle basi spaziali ricco di dettagli sporchi, lugubri e sanguinolenti. Se in alcune zone ci siamo potuti affidare alle fioche luci rossastre provenienti dall’elettronica di bordo, gran parte del playthrough ci ha visti completamente immersi nell’oscurità, obbligandoci di fatto ad utilizzare la torcia per muoverci con maggior “sicurezza”. Peccato che proprio la torcia rappresenti uno dei modi migliori per farci individuare rapidamente dallo Xenomorfo.

Sia chiaro che la parte del leone è ancora una volta riservata al Motion Tracker, l’apparecchio che permette di tracciare un solco evidente tra la riuscita della missione e la nostra prematura dipartita. Ogni movimento del mostro è evidenziato nel relativo display, e qualora la minaccia dovesse provenire dalle nostre spalle o dal fianco saremo avvisati da un apposito indicatore di direzione, che permetterà di orientarci in modo appropriato rispetto all’imminente minaccia. Sapere la corretta posizione dell’alieno diventa rapidamente un’ossessione, anche perché non sarà possibile ucciderlo in nessun modo indipendentemente dalle armi equipaggiate. Nella nostra prova, oltre alla pistola base, abbiamo raccolto un incoraggiante lanciafiamme: peccato che esse si rivelino rapidamente inutili contro lo Xenomorfo. Nel caso questo ci attacchi, avremo una frazione di secondo per provare a colpirlo e, in caso di successo, guadagneremo una manciata di istanti per sgattaiolare via e nasconderci. La fuga, in qualsiasi circostanza, rappresenta sempre l’opzione migliore.

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Non è infatti un caso se gran parte delle stanze offrono luoghi in cui nascondersi come armadietti, tavoli o anfratti poco visibili tra le pareti. Se lo Xenomorfo è vicino a noi c’è solo una cosa da fare: rimanere al di fuori del suo campo visivo in totale silenzio. L’Alien è un cacciatore dotato di una intelligenza artificiale estremamente evoluta, capace di distinguere tranquillamente la natura dei suoni nell’ambiente circostante: e qualora dovesse individuarci, difficilmente abbandonerà la zona in tempi rapidi. Alien: Isolation vanta dunque delle meccaniche stealth spinte agli estremi più terrificanti, con un approccio “nasconditi e aspetta” capace di regalare momenti di tensione difficilmente controllabile. Nascosti sotto un letto o sotto una scrivania sentiremo il passo pesante dell’alieno, vedremo i suoi arti inferiori che si fermano davanti a noi per poi riprendere a muoversi, sino ad osservare l’enorme coda che scivola lungo il corridoio. Dovessimo optare per il classico armadietto, potremo avvicinare il volto alla griglia per avere maggior visibilità dell’azione all’esterno: nel caso “peggiore” (e vi lascio intuire quale possa essere) avremo la possibilità di trattenere il fiato e di appoggiare la schiena sul fondo del nascondiglio, sperando che il predatore non avverta la nostra presenza. Un’evenienza non certo impossibile.

In questo excursus iniziale di Isolation il nostro primo obiettivo è superare una porta bloccata elettronicamente per accedere alla struttura medica della stazione. Per procedere dovremo recuperare una pass card, ovviamente tenuta sotto chiave in una cassetta di sicurezza con codice di sblocco nascosto sadicamente in un PC all’interno di una delle stanze inizialmente disponibili. La componente investigativa è un processo importante nell’economia di gioco, oltre che estremamente dinamico grazie al nuovo sistema di crafting – presentato proprio in occasione di questo E3. Lo scenario è infatti prodigo di elementi utili quali esplosivi, bende o liquidi infiammabili, e utilizzando un’interfaccia analoga a quella offerta da The Last of Us possono essere combinati opportunamente per creare un range di oggetti che spaziano dai medikit alle bombe molotov, passando per razzi luminosi o generatori di rumore – fondamentali per distrarre le forze avversarie.

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Sì, perché lo Xenomorfo non sarà il nostro unico cruccio in questa gitarella spaziale. Incredibile ma vero, ci sono altri esseri umani vivi in quel di Sevastapol. Chiamati Looters, molto probabilmente questo gruppetto di superstiti è un chiaro richiamo a quello incontrato da Ripley nelle fasi iniziali di Aliens. Peccato che questi Looters non siano solo spaventati a morte, ma pure armati: e non è affatto una coincidenza se la voce che ci assiste via radio ci consigli caldamente di tenerci a debita distanza da loro. Ecco dunque una sfida nella sfida: l’Alien affamato da una parte, i sopravvissuti armati dall’altra. Avvicinatevi a questi ultimi e per tutta risposta riceverete un “caloroso invito” ad allontanarvi; ignoratelo et voilà, vi ritroverete con qualche foro di proiettile in più. Fortunatamente, almeno loro non sono immuni alle nostre (scarse) armi da fuoco.

Ma a questo punto si ripropone il problema di cui sopra: che siano loro ad attaccarci con pistole a fucili o che sia la stessa Amanda ad eliminarli, il rumore che ne deriva sarà la gioia dello Xenomorfo, che raggiungerà gli umani in men che non si dica. L’attacco armato si rivela pertanto una scelta aprioristicamente poco saggia, pur restando una possibilità. L’alternativa ideale è il combattimento melee: silenzioso, certo, ma dovremo riuscire ad avvicinarci al bersaglio. Accucciarsi dietro le numerose coperture offerte dalla struttura e sfruttare l’onnipresente oscurità a proprio vantaggio aiutano il compito, ma sappiate sin da ora che si tratta di un approccio offensivo lento, ponderato e snervante. La presenza di condotti d’aria è un’autentica manna dal cielo: una volta dentro, potremo oltrepassare gli “avamposti” umani pressoché indenni, ma chi vi assicura che là dentro non ci sia un qualche alieno affamato ad aspettarvi?

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Uno degli aspetti più riusciti del titolo è la natura molteplice dei suoi scontri. Combinando con astuzia un ambiente liberamente esplorabile, una AI estremamente evoluta e un arsenale vario di armi improvvisate, possiamo sperimentare momenti di azione ad alto tasso cinematografico diversi da giocatore a giocatore. Ci è bastato scambiare due chiacchere con gli altri giornalisti al termine della prova, con molti dei quali abbiamo condiviso tachicardia e tremarella, che ci hanno raccontato di come sono riusciti (o non riusciti) a sfuggire alle grinfie dello Xenomorfo sfruttando un condotto, una copertura o attraendolo in una direzione per poi sfuggirgli lentamente alle spalle. L’approccio stealth/escape unito ad un level design di prim’ordine garantiscono uno spazio di soluzioni tutto tranne che lineare: ovvio che, alla prova del fuoco, non tutte si sono rivelate brillanti.

Alien: Isolation gioca con sadica astuzia con alcune delle basi dello stealth e dell’escape game in prima persona. Sarà infatti possibile correre velocemente per brevi tratti, opzione che permette di raggiungere velocemente aree sicure ma, allo stesso tempo, produce un rumore tutto tranne che trascurabile. Le scarpe di Amanda emetteranno una sorta di cigolio in corrispondenza di pavimenti lisci e sì, l’Alien è in grado di sentirli perfettamente; provate ad urtare o a rompere alcuni degli elementi di scena, se siete abbastanza coraggiosi, e contate i millisecondi che vi separano dal game over. Sarà inoltre possibile sbirciare da dietro gli angoli, una mossa di cui finirete rapidamente per abusare vista l’ansia che renderà quasi impossibile ogni passo: peccato che Amanda non resti affatto invisibile in questi frangenti, poiché tanto il mostro quanto i Looters riusciranno comodamente a scorgere la sua testa.

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Ma torniamo alle battute finali della demo, quando Amanda entra nell’enorme stanza del generatore al cui interno è possibile riavviare l’intero sistema della base. L’obiettivo è sbloccare una dannata porta elettronica che magari non condurrà alla salvezza, ma quantomeno permette di lasciarsi alle spalle lo Xenomorfo. Il classico “spegni e riaccendi“, tuttavia, risveglia dal torpore un androide temporaneamente bloccato in una camera di ricarica, un mostro biomeccanico gigantesco immune a gran parte dei nostri attacchi e particolarmente interessato a spedirci nell’Aldilà. L’orrore delle macchine intelligenti raccontato da Scott trova dunque degna controparte anche in questo Isolation. Svuotare il caricatore contro il robot si rivela immediatamente l’errore peggiore in cui possiamo incappare: uno, perché è comunque tempo sprecato vista la resistenza nemica, e due, perché non esiste modo migliore per invitare l’Alien alla festa.

La soluzione (costata un paio di retry) è gentilmente offerta dalle granate EMP, nettamente più silenziose di qualsiasi arma da fuoco e capaci di mandare l’androide in corto circuito, trasformandolo in una statua inerme di cui Amanda può dimenticarsi rapidamente. La porta dunque si apre e inizia l’ultima corsa sfrenata verso la salvezza: ci sono umani armati, un buio pesto, barelle abbandonate in mezzo ai corridoi che rendono difficoltoso il passaggio e lui, lo Xenomorfo, è dannatamente vicino. Ma quando mancano solo pochi metri e stiamo già respirando il profumo di libertà l’alieno sbuca dal nulla in fronte a noi, facendo crollare ogni nostra speranza. Un’esplosione invade improvvisamente lo schermo, che subito dopo si fa nero. Fine della demo. E con essa, fine della prova più estenuante, terrificante e ansiogena di questo E3 2014.

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Se anche voi avete amato alla follia l’opera massima di Ridley Scott e non vi siete lasciati scappare un solo gioco legato a questo universo (Colonial Marines ovviamente escluso), difficilmente troverete qualcosa di più appetibile, coinvolgente e terrificante di Alien: Isolation. Creative Assembly ha creato con umiltà un prodotto che, alla prima prova sul campo, fa gelare il sangue nelle vene, incolla il giocatore allo schermo veicolandone sotto la pelle un terrore gelido e incontrollabile. Le urla provenienti dalla stanza dove abbiamo provato il tutto, un container in stile Alien rigorosamente buio come la notte, sono la testimonianza migliore del risultato raggiunto dal team di sviluppo, che non offre certo un comparto tecnologico capace di far gridare al miracolo (nonostante lo stile del gioco sia quanto di più fedele all’originale ci potessimo aspettare) ma regala un’esperienza che definire indimenticabile è riduttivo. Doveste essere alla ricerca di un titolo capace di levarvi il sonno, di mettere a dura prova il vostro sistema cardiaco e di far rinascere in voi quell’irrazionale paura del buio, fareste bene a tenere Alien: Isolation sotto controllo. Proprio come uno Xenomorfo farebbe con la propria preda.


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