News 29 Giu 2014

E3 2014 – This War of Mine – Anteprima

Los Angeles – Tra luci, musica a palla, risate e un brusio perenne, tra membri dell’industry e giornalisti in fila perenne, il Convention Center è l’ultimo dei luoghi nel quale si può anche solo sperare di trovare un secondo per la meditazione, l’introspezione, figuriamoci la catarsi. Eppure in quello stand di Alienware, il “banchetto spirituale” di 11bit Studios offriva dure riflessioni, pesanti sussulti emotivi e dubbi morali, al posto del solito caffè di Starbucks o di qualche lattina di bevande ad alto contenuto zuccherino. Il giovane e talentuoso team polacco propone infatti un punto di vista sulla guerra lontano dai soliti cliché, dalle stucchevoli dichiarazioni d’amore al proprio belligerante paese, dal testosterone a base di pistole e mitragliatrici, e con un motto come “In guerra, non tutti sono dei soldati“, ci ricorda che tra una medaglia al valore e un headshot, ci sono un’infinità di civili impegnati a combattere la “loro” guerra, quella della sopravvivenza, del raccattare cibo e acqua dove capita, del medicarsi, del proteggere i propri cari a costo della vita.

Ecco come si presentano gli edifici nei quali pianteremo le tende o andremo a caccia di risorse
Ecco come si presentano gli edifici nei quali pianteremo le tende o andremo a caccia di risorse

This War of Mine si pone infatti come un ibrido tra survival e gestionale, ponendo il giocatore nei panni di un manipolo di comunissimi sopravvissuti che nella “vita precedente”, quella noiosa e senza il fischio dei mortai come colonna sonora, erano medici, cuochi, impiegati, ed operai senza mirabolanti poteri magici o rambesche capacità belliche. Il ciclo giorno/notte, come raramente prima d’ora, scandirà e influirà sul gameplay in maniera importante: in primis, perché ognuno dei personaggi a disposizione avrà delle esigenze fisiologiche che sarà impossibile trascurare, come la fame, il sonno e le malattie, e un giorno di troppo in condizioni di privazione potrebbe portare alla morte. L’altro elemento sul quale avrà impatto l’orario del giorno riguarderà il nocciolo alla base del titolo: di giorno si dovrà organizzare il proprio gruppo, dato che i cecchini impediscono agli eroi improvvisati di lasciare il loro Quartier Generale, una delle case abbandonate della città senza nome, teatro di una guerra anch’essa senza nome, mentre di notte, col favore delle tenebre, il giocatore si ritroverà a studiare il piano che permetterà di poter resistere per qualche altra alba. La ricerca delle risorse, che spaziano dal cibo, alle medicine, passando per vari materiali (necessari per la costruzione di utilissimi e preziosi oggetti), si rivelerà per l’appunto fondamentale, e il limite imposto per il trasporto di tali elementi richiederà, così come la gran parte degli elementi che compongono questo peculiare titolo, molta attenzione.

Nella demo mostrataci i protagonisti sono tre, il cuoco Bruno, Katia, malata e bisognosa di medicine, e Boris, il più robusto e coriaceo: il primo, nonostante la stanchezza, viene assegnato alla difesa del QG, una necessità per via dei possibili raid notturni, la seconda viene lasciata riposare, e il terzo, mandato a “caccia”. Una volta scelto chi si occuperà del recupero dei preziosi beni, il giocatore dovrà selezionare una delle abitazioni nei paraggi, per poi darsi all’esplorazione della stessa, sezionata e inquadrata di lato, in modo da offrire una panoramica generale su di un’unica schermata. Tramite mouse si potrà indirizzare il personaggio, ma non senza prestare molta cautela: in This War of Mine tutto è generato casualmente, e anche nelle case svuotate in precedenza non sarà così difficile trovare qualche altro succoso elemento scordato per la fretta, ma anche nuove minacce. Sarà possibile muoversi di soppiatto, studiare l’ambiente (per andare diritti al cassetto o al baule contenente quello che interessa), sbirciare attraverso le porte, o affrontare direttamente gli eventuali presenti.

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Gli incontri con altri superstiti potranno avere molteplici esiti, decisi ovviamente da chi impugna mouse e tastiera: ecco quindi dei criminali con i quali scendere a patti per evitare lo scontro (che avverrà a suon di pugni o di armi trovate per caso), o dei gentilissimi civili che ci doneranno medicine e cibo, o dei burberi vecchietti (come nel caso della demo) che non vogliono donarci le loro preziose medicine. Le opzioni più efficaci, in quel caso, sono due: lasciar perdere i poveri anziani, e sperare che Katia riesca a resistere, oppure sacrificarli per il proprio interesse. Scelte, sia chiaro, che avranno un peso non indifferente: l’indomani della dolorosa seconda scelta, il povero Boris, in uno dei numerosi dialoghi con gli altri sopravvissuti (ma non mancheranno monologhi), si rende conto di ciò che ha fatto, maledicendosi e perdendo le ultime speranze rimaste, sprofondando nello sconforto e nella depressione (che può essere considerata come un’alterazione di status), che gli impedirà di dormire, di mangiare, e persino di dedicarsi al crafting, perché con quelle stesse armi sono stati uccisi degli innocenti.

Riguardo questa feature, tra gli oggetti creabili mostrati, figurano il letto, con il quale recuperare più in fretta una buona forma fisica, imbuti, stoviglie con le quali riscaldare il cibo (unitamente all’acqua), armi come il piede di porco, ed erbe con le quali insaporire le pietanze, le quali richiederanno però una determinata skill, skill che la fedeltà al mondo reale non permette di apprendere dal nulla, ma che saranno innate in ognuno dei personaggi che man mano sarà possibile aggiungere al proprio gruppo (e perdere per i propri comportamenti, o per la morte incombente): ecco quindi che solo Boris potrà costruire un certo tipo di oggetti, o Bruno, che sarà l’unico a poter rendere più “efficaci” i cibi, e chissà quante altre attività saranno precluse fino ad un certo punto dell’avventura.

Al mattino, un messaggio ci avviserà degli eventi casuali notturni che colpiranno i protagonisti
Al mattino, un messaggio ci avviserà degli eventi casuali notturni che colpiranno i protagonisti

A tal proposito, scordatevi un filo conduttore unico: come detto, tutto o quasi è generato casualmente, persino la durata dell’intera partita. Del resto, quando una guerra ha inizio, l’ultima certezza è la data della fine delle ostilità, e prima di poter dichiarare vittoria bisognerà sopravvivere per un determinato lasso temporale, che può spaziare dalle tre settimane, a campagne di mesi (ovviamente scandite dall’orologio in-game), con tanto di cambio di temperatura (con il freddo sarà più facile ammalarsi). Un gran numero di variabili insomma, che oltre a rendere differente ogni partita, non faranno altro che rendere ancor più incerta l’esperienza del giocatore, il quale, come mai prima d’ora, avrà un assaggio amaramente attinente alla realtà di un simile orrore, vissuto in prima persona da milioni di innocenti e dagli sviluppatori stessi, i quali precisano che nonostante la vaghezza del setting, l’ispirazione proviene da eventi reali.

Da menzionare infine l’art design, davvero splendido, sporco e tratteggiato, triste e sommesso, decadente e grigio, nero, opprimente, degno specchio delle orribili emozioni che la guerra trasmette. La luna che si nasconde pallida dietro degli alberi spogliati dal gelo, una scritta che ripudia la guerra su un muro crivellato dai proiettili, gli spiragli di luce, filtrati unicamente dai vetri delle finestre, che diventano quasi una fonte rigeneratrice, e i ritratti di protagonisti, con i loro volti scavati e sconsolati: un lavoro mostruoso, se si pensa che in cabina di regia ci sono solo quattro sviluppatori, eppure perfettamente in grado di restituire non solo con le meccaniche di gioco, ma anche e soprattutto con il vestito tecnologico, tutto l’orrore della condizione umana dentro e fuori le trincee.

Gli incontri con gli altri sopravvissuti andranno affrontati con cautela
Gli incontri con gli altri sopravvissuti andranno affrontati con cautela

This War of Mine è un’ode decadente ai perfetti sconosciuti che la guerra fagocita e restituisce al mondo, quando e se è abbastanza generosa da lasciarne ancora traccia, come entità nuove, stravolte, diverse. E promette di essere la definitiva dimostrazione di come non servano budget clamorosi per offrire titoli in grado di strappare una lacrima, un’emozione, o di toccare le corde più intime dell’anima dei giocatori. Quanto mostrato ad L.A. ha lasciato in chi vi scrive una gran voglia di prendere il comando alla guida dei sopravvissuti, di raccogliere risorse, di avere l’ultima parola su molteplici destini, ma non è stata solo la lontananza della data di uscita (ottobre, salvo intoppi) ad avergli contorto le budella: ogni pixel di questo “gioco”, che tanto gioco poi non è, è pura disperazione.


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