Cosa succede quando un manipolo di fuggiaschi Blizzard arriva nelle accoglienti e prosperose braccia della coreana NCSOFT? Wildstar ovviamente, la prima opera dei Carabine Studios. Un MMORPG che abbraccia la formula canonica che ha reso tanto celebre il genere, cercando timidamente di svettare sul mare magnum degli rpg online con uno stile accattivante e qualche idea innovativa. A cominciare dall’interessante sistema di pagamento, che meticcia la classica sottoscrizione mensile introducendo il concetto di C.R.E.D.D.: un consumabile, del valore di un mese di gioco, che può essere liberamente barattato tra i giocatori in cambio di beni e servizi. Un sistema interessante che, in teoria, permette ai giocatori più devoti di giocare gratis e tiene i gold seller alla larga dalle nostre ignore list stranamente vuote.
Finite di scaricare le numerose “toppe” di un lancio prevedibilmente traballante, si aprono finalmente le porte del pianeta Nexus: “il gioiello più brillante della galassia, un paradiso selvaggio e inesplorato” cita la locandina in maniera ingannevole. Infatti il pianeta è sconosciuto solo per voi, gli alieni che litigano per le preziose risorse iper-tecnologiche lasciate dagli Eldan, una potente civilizzazione indigena misteriosamente scomparsa. Nella corsa all’oro interplanetaria potrete scegliere se combattere sotto la bandiera degli Exiles, rifugiati e banditi in cerca di una nuova sistemazione, oppure al fianco del Dominio, potente impero che punta all’egemonia della galassia. La narrazione non prova nemmeno a cimentarsi in intrecci interessanti o colpi di scena che vadano oltre le deboli premesse che fungono da pretesto al conflitto. Le storie dietro ai personaggi non giocanti parlano di noiose vite ordinarie, celate dietro un frequente utilizzo di battutacce e facili riferimenti alla cultura geek. Ed è un peccato perché quelli di Carabine Studios sono riusciti a creare dei personaggi e delle ambientazioni dallo stile prorompente, con tratti calcati e colori saturi che ricordano molto i capisaldi del genere, ma l’originale commistione di fantascienza e fantasy avrebbe potuto dar vita alle vicende epiche e coinvolgenti che l’ottima presentazione del prodotto ci aveva portato ad immaginare.
Approdati infine alla schermata di creazione del proprio avatar, ci accoglie un tool in linea con gli standard attuali. Possiamo perdere ore nella personalizzazione del nostro alter ego, ma la visuale a “volo d’uccello” fortemente consigliata dal gameplay rende difficile notare le differenze estetiche tra i diversi personaggi. Tuttavia superato l’usuale impasse nella scelta del look ci troviamo finalmente davanti alle decisioni importanti. Le sei classi a disposizione sono equamente divise tra tank e curatori: ognuna vi permette di passare in qualsiasi momento al setup da picchiatore, o di creare un build ibrida che risulti il più versatile possibile. Il sistema è studiato per facilitare l’aggregazione dei ruoli più carenti nelle economie online, tuttavia funziona solo in parte perché per eseguire a dovere la specialità secondaria serve dell’attrezzatura specifica che difficilmente raccoglierete in fase di levelling. Sempre in fase di creazione del personaggio, sarete inoltre costretti a scegliere uno dei quattro “path” che determinano il vostro contributo alla società virtuale: explorer, soldier, settler o scientist. Questo percorso vi permetterà di eseguire delle missioni specifiche che portano beneficio in diversi modi alla vostra fazione, oltre che aprire zone altrimenti sigillate. Una manna per gli amanti del roleplay, mentre per tutti gli altri si riducono ad una serie di task poco avvincenti che permettono di sbloccare abilità esclusive.
Fortunatamente quando arriva il momento di azionare i circuiti e dar fuoco ai laser, Wildstar comincia a dare il meglio di sé. I rinnegati di Carabine Studios si sono scervellati molto per ideare un sistema di combattimento che risulti fresco e avvincente, arrivando a sfoderare dal cappello il concetto di telegraph: un’area di influenza proiettata sul terreno che fornisce tutte le informazioni necessarie per identificare le diverse abilità. La forma della figura vi darà indizi sulla classe che la utilizza, mentre una barra di progresso indica il tempo di caricamento e il colore separa le fonti dannose da quelle benefiche. Questo sistema è intuitivo quanto dinamico, poiché anche i mostri che infestano il pianeta hanno diversi telegraph a disposizione e un utilizzo repentino della schivata farà la differenza tra un uccisione e un costoso respawn. Nel player vs player tutto ciò si traduce in frenetiche battaglie, a volte un pò troppo caotiche, che premiano i virtuosi del movimento e l’utilizzo coordinato dei diversi cooldown. Unica pecca di un gameplay quasi perfetto è la metodologia scelta per liberarsi dai frequenti stordimenti: il gioco vi chiede di martellare un tasto scelto in maniera aleatoria tra quelli adibiti al movimento, ma se per muovervi usate il mouse, vi ritroverete a dover passare dai tasti numerici a quelli alfabetici perdendo attimi preziosi. Più riuscita invece la meccanica del disarmo, che vi richiederà di spostarvi fisicamente sull’arma caduta in terra per ridurre il tempo di attesa.
Quando decidiamo di dedicarci allo sterminio della fauna aliena, l’entusiasmo per la giocabilità si smorza in fretta. La struttura delle missioni principali si fonda sul decrepito modello della “fetch quest” che vi obbliga ad uccidere X bestie o recuperare Y oggetti. Il che non è intrinsecamente sbagliato se non fosse che la narrativa non riesce a stimolare la curiosità nel procedere e l’elevatissimo numero di quest a disposizione è inversamente proporzionale alla loro qualità. Gli sviluppatori hanno tentato di rendere più interessante l’estenuate grinding aggiungendo sfide di velocità, minigiochi e creature elite buttate nella mischia, ma il risultato finale resta estremamente basilare e di conseguenza poco appagante. Le cose tuttavia migliorano decisamente quando si gioca in compagnia: le “adventure” vi permetteranno di familiarizzare con il gioco di squadra (e in alcuni casi anche con quello di ruolo), mentre i dungeon stuzzicheranno la vostra pazienza con devastanti attacchi ad area da interrompere a turno e giganteschi telegraph da schivare al volo. Anche nelle situazioni più concitate, il sistema di telegraph risulta preciso quanto intransigente, lasciando solo voi stessi da incolpare per i letali passi falsi. Probabilmente avrebbero fatto meglio a rendere più accessibili gli incontri con i primi boss, ma è evidente l’intenzione di inserire fin da subito il giocatore in un ambiente ostile ed esigente.
Tra una sessione di sterminio e l’altra, ci sono numerose attività secondarie in cui potersi cimentare, ma senza dubbio le più rilevanti sono il sistema di housing e le professioni. Dopo aver familiarizzato qualche ora con il nuovo mondo, verrete presto introdotti al vostro personalissimo lotto di terra. Utilizzando i materiali raccolti in PvE e una dose di denaro in grado di far impallidire Zio Paperone, potrete costruirvi un’abitazione e personalizzarla con diverse strutture sia all’interno che all’esterno. Questa sistemazione non solo vi fornisce un luogo sicuro in cui ubriacarvi con la gilda, ma vi permette anche di allestire diversi elementi che vi aiuteranno nell’esercizio delle professioni e forniranno indispensabili bonus. I lavoretti che vi ritroverete a svolgere sono quelli a cui il genere ci ha tradizionalmente abituato a fare, ma il sistema di crafting è abbastanza particolare: è infatti possibile modificare la quantità dei singoli elementi richiesti da una ricetta nel tentativo di ottenere un prodotto più raffinato, ad esempio. Questo sistema incentiva a sperimentare, dandovi gradualmente degli indizi su come migliorare, e riesce un pò a svecchiare uno degli aspetti più ripetitivi dei MMORPG tradizionali.
Come anticipato in principio, la presentazione generale del pacchetto Wildstar è molto convincente. Lo stile carismatico dell’estetica generale riesce a catturare in fretta l’attenzione e il mondo di gioco risulta al contempo vario e popolato (oltre che estremamente vasto). I colori sgargianti e le animazioni caricaturali mettono subito a suo agio il giocatore, anche se le sonorità cariche di percussioni risultano inspiegabilmente in controtendenza all’accoglienza generale dell’atmosfera. Dal lato puramente tecnico le sbavature non sono state poche: missioni incomplete, server ballerini e un comparto grafico discretamente pesante hanno reso molto altalenante l’esperienza nel primo mese di vita, ma le patch non si sono fatte attendere troppo. Il doppiaggio e i testi sono completamente in inglese, ma anche i giocatori che non masticano la lingua di Shakespeare non avranno alcun problema a seguire le freccione indicative ed intuire le basilari richieste delle missioni.
In conclusione…
Wildstar è il MMORPG delle contraddizioni, dove per ogni due passi nella direzione giusta ne hanno fatto uno in quella sbagliata. Il gameplay fresco e innovativo risulta troppo spesso spezzato da richieste banali o futili, gli splendidi paesaggi sono teatro missioni ripetitive e poco ispirate, la flessibilità garantita dalla costruzione del personaggio e dei suoi talenti viene imbrigliata rigidamente dagli item richiesti per farla funzionare. Eppure quando emerge la natura cooperativa dell’esperienza online, Wildstar riesce a brillare nell’affollato panorama del genere d’appartenenza con epici scontri PvP e dinamici quanto maestosi bossfight, che danno del filo da torcere anche al più rodato dei giocatori. Probabilmente col tempo i piccoli e numerosi difetti verranno gradualmente eliminati, ma allo stato attuale delle cose Wildstar è un pacchetto sapientemente confezionato che sotto la superficie risulta molto incoerente.
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