News 02 Ago 2014

Dark Souls II: Corona del Re Sommerso – Parte I – Recensione

No, forse, ma alla fine anche Dark Souls II, spauracchio dei casual, apogeo della crudeltà ludica e nuova incarnazione del sadismo di matrice squisitamente nipponica targato From Software, ha ceduto alla tentazione dei DLC, croce e delizia di una generazione videoludica che in ambito di espansioni post-Day One ha saputo regalare tante delusioni, una sequela di momenti imbarazzanti e qualche rara perla. In quest’ultima categoria rientra proprio il predecessore del nero diamante di cui vi abbiamo parlato lo scorso marzo, Artorias of the Abyss, che era riuscito nella dura impresa di offrire, al giusto prezzo, una nuova e godibile (quanto ardua) porzione di gioco ad un titolo che già sembrava aver detto tutto, in maniera peraltro egregia. Per questo nuovo atto, il team più insensibile dell’era moderna dei videogames ha optato per un trittico di contenuti, ognuno dei quali incastrerà nuove aree nella tortuosa e contorta Drangleic, luoghi ameni e ricchi di enigmi che proteggono al loro interno segrete, trabocchetti e nuove creature assetate di sangue, guardiani delle antiche Corone del Re maledetto.

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Una cartolina dalla prima area del DLC

Tutto ha inizio a Majula, o per i più pigri, nella Gola Nera, dalla quale è possibile teletrasportarsi verso le profondità di Shulva, Città Santuario: una rivisitazione della Moria tolkeniana in chiave precolombiana, fatta scale di pietra proiettate su baratri infiniti, templi immensi e la prima, intrigante novità introdotta dal team, ovvero dei pilastri luminosi che, una volta colpiti, stravolgeranno la posizione di alcuni degli elementi dell’ambiente circostante. Il primo impatto è, neanche a farlo apposta, devastante: da una parte c’è un’ondata di nuovi avversari, dei coriacei soldati non-morti carichi di fiele e di lance, scudi, balestre e magli, che non esiteranno ad assaltarci in gruppo, svegliandosi all’improvviso o sbucando da ogni angolo possibile; dall’altra ci sono le suddette colonne che faranno sbucare dal terreno delle enormi strutture in pietra, sorta di titanici baldacchini, che potranno essere sfruttati come coperture, come distrazioni, ma anche come armi contro i numerosi avversari, che potranno essere schiacciati o fatti sparire con qualche colpo al momento giusto. Basterà davvero poco per capire che tali elementi andranno sfruttati anche per esplorare ulteriormente l’abisso, o per arraffare tesori situati in posizioni ancor più complesse da raggiungere e, se possibile, machiavelliche: diavolerie meccaniche che, una volta raggiunta la location successiva, prenderanno le sembianze di pulsanti da premere o da colpire a distanza (ve lo suggeriamo anche nella nostra dettagliatissima guida: una ricca scorta di Muschio Velenoso e un bell’arco si riveleranno fondamentali! – ndr), disseminati su muri, scale, cunicoli, tutti ben nascosti e da scovare tra streghe e dei temibilissimi cavalieri fantasma, il cui processo di eliminazione ben si adatta alla filosofia dedalica di questo DLC. Andranno infatti distrutti i rispettivi cadaveri, pena l’impossibilità di colpirli (e picchiano duro e in gruppo, siete avvisati).

Non c'è tempo per i convenevoli: frantuma quel cadavere!
Non c’è tempo per i convenevoli: frantuma quel cadavere!

La parola d’ordine insomma, quasi a distaccarsi dai livelli più lineari del gioco base e recuperando un po’ quella crudeltà (anche esplorativa) del precedente capitolo, è “labirinto“: dalla confusione generata dal primo incontro coi pilastri, incluso il mistero della loro natura e del loro utilizzo, alla struttura delle location stesse, l’atmosfera opprimente del passato torna prepotentemente a intorpidire le menti dei giocatori, adagiatesi sugli allori forse troppo presto, dopo l’estenuante peregrinare per Drangleic. E sorge subito il dubbio: avranno calcato troppo la mano, o avranno voluto zittire quei giocatori più oltranzisti che hanno trovato Dark Souls II più semplice del precedente? Come sempre in quel di From Software, la verità è nel mezzo, ed ecco sbucare come funghi red phantom proibitivi, mob durissimi in grado di infliggere una mole clamorosa di danni (vi evitiamo troppi spoiler), e possenti boss che, come da tradizione, vi daranno del filo da torcere (tanto in solitaria quanto in compagnia di NPC o altri avventurieri in carne ed ossa), sempre che riusciate a trovare la retta via, tra trappole, imboscate, spuntoni e sentieri più pericolosi del solito.

Il design degli avversari è ancora una volta morboso e grottesco, degno specchio dell'orribile trattamento che vi riserveranno.
Il design degli avversari è ancora una volta morboso e grottesco, degno specchio dell’orribile trattamento che vi riserveranno.

Il primo assaggio di questo trittico di contenuti (che abbiamo potuto testare grazie al Season Pass per PS3 fornitoci da Bandai Namco, ndr) non può che lasciarci in trepidante attesa di saperne di più: un valido monte ore (direttamente proporzionale alla bravura del giocatore) che vi terrà impegnati per non meno di quattro, cinque ore, un buon numero di oggetti, location e agguerritissimi avversari nuovi di zecca, ma soprattutto l’opportunità di tornare a Drangleic carichi di furore bellico e di piacere della scoperta, per esplorare un abisso contorto, ostile e diabolico, ben differente dalle numerose sessioni “soleggiate” offerte dal titolo base. Forse solo il prezzo, non proprio contenuto (9,99€, ammortizzati col Season Pass), rappresenta al momento l’unica nota un pizzico stonata (anche se, francamente, abbiamo visto di peggio), ma per un giudizio definitivo (sia sulla qualità generale che sul costo) ci riserviamo il diritto di giungere alla fine della “trilogia”, la cui conclusione è prevista per settembre. Restate sintonizzati per fine agosto (salvo intoppi di Telltale-iana memoria) per l’analisi del secondo episodio, ma sarà dura impedire ai fan più sfegatati di poter riassaporare ancora una volta l’amaro boccone della disfatta preparato da From Software.

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