Colonia – Che il calcio sia di moda queste settimane in Germania non stupisce nessuno, ancor meno la marea di visitatori (business e non) che in questo terza giornata di fiera hanno riempito i corridoi della Koelnmesse e che, chi pazientando intere mezzore allo Showfloor, chi sfoderando il miglior sorriso da Business Area, si sono riversati nei padiglioni di EA Sports per cimentarsi nell’atteso nuovo tassello della simulazione calcistica americana. Non manca molto all’arrivo di FIFA 15 sugli scaffali, ed è proprio in questo rush conclusivo che la sfida diretta contro un contendente mai così agguerrito come ora si fa intensa.
Dopo averlo provato e riprovato a Los Angeles durante lo scorso E3, siamo tornato al Booth EA curiosi di scoprire se a distanza di 2 mesi il team di sviluppo abbia raccolto i feedback della specializzata, evolvendo ulteriormente una creatura dalle premesse comunque indiscutibili in un prodotto sempre più orientato alla simulazione definitiva. Ed è proprio questo che abbiamo chiesto a Sebastian Enrique, producer di EA Sports, prima di addentrarci nella prova vera e propria:
“L’obiettivo di FIFA 15 è quello di ricreare un’esperienza simulativa quanto più reale possibile, tenendo però sempre a mente che realtà e videogioco sono due cose distinte e che quello che conta, alla fine, è ottenere un titolo verosimile ma soprattutto giocabile, che diverta e appassioni regalando le stesse sensazioni che, da bambini, provavamo andando allo stadio“.
“Non è un lavoro facile“, continua Enrique, “poiché coinvolge moltissimi aspetti: grafica, programmazione, sound design, intelligenza artificiale. E fidatevi, il posizionamento della squadra in campo e il loro comportamento in partita sono le cose più difficili da ricreare, soprattutto in una simulazione. Quindi sì, è un bel da fare: e a poco più di un mese dalla commercializzazione del titolo stiamo cercando di migliorare ulteriormente l’intelligenza dei portieri, che ci sembra già di buon livello anche se, alle volte, sbaglia clamorosamente“.
Si lavora dunque sodo in casa EA, non certo impaurita dalla sfida con la concorrenza nipponica:
“Avere un concorrente è una cosa positiva. Ci stimola, ci sprona a far meglio: e questo va a vantaggio del giocatore, che può contare su prodotti di qualità e su titoli in costante miglioramento“.
Ed oggettivamente, FIFA 15 negli ultimi due mesi è migliorato sotto numerosi aspetti, che spaziano dalla grafica al gameplay, passando anche per fattori più tecnologici (sistema di collisioni, fisica della palla, animazioni più complesse) che segnano un passo avanti significativo rispetto alla build precedente.
“Nel team di FIFA siamo tutti amanti del calcio,” racconta Enrique. “e proprio per questo vogliamo ricreare un’esperienza completa sotto ogni punto di vista. Prendete ad esempio le condizioni atmosferiche: pioggia o neve non hanno solo valenza estetica, ma pesano in modo decisivo nell’intero gameplay. La fisica della palla sarà completamente diversa, e reagirà in modo coerente alla situazione del manto erboso. I giocatori si affaticheranno molto prima, e il giocatore se ne accorgerà rapidamente. I tackle saranno più difficoltosi, così come il controllo di palla e gli interventi dei portieri“.
E a quando una partita con meteo dinamico?
“Non vi nascondo che è un fattore su cui abbiamo discusso a lungo. In FIFA 2015, ve lo confesso, non sarà disponibile questa feature, ma non nego che la possiate trovare già dall’edizione del prossimo anno“.
Si tratta certo di un aspetto marginale, che non compromette in alcun modo le ottime dinamiche di gameplay dell’edizione 2015 del calcio di casa EA. Allo stesso modo, tuttavia, questa è la chiara dimostrazione di quanto il team di sviluppo sia attento ai feedback dei propri giocatori e, nonostante i risultati raggiunti, continui a testa bassa a percorrere la strada del perfezionamento.
Un perfezionamento che, come confermato dalla nostra recente anteprima, si matura anche nei dettagli “secondari”: il movimento e le espressioni di arbitri e guardalinee, una gestione a taglio televisivo dei replay (che scorrono con una fluidità davvero encomiabile), il manto erboso che si deteriora al passaggio degli atleti e una vita a bordo campo che, nel suo insieme, rende merito allo sport più amato d’Italia. Per non parlare di altri dettagli più importanti: il peso dei giocatori, la gestione dinamica dell’equilibrio (vedrete spesso gli atleti modificare la falcata o la posizione del tronco e delle gambe per assecondare un passaggio troppo lungo o per ricevere un cross imperfetto), la realizzazione di animazioni complesse e articolate ma mai legnose o inverosimili.
FIFA 15, in sostanza, rappresenta l’anello evolutivo di quanto di buono visto nel precedente episodio: il First Touch Control, il Pure Shot, l’imprevedibilità di un pallone che obbedisce rigorosamente alle leggi della fisica tornano in questa edizione aggiornandosi ulteriormente. I miglioramenti dei portieri, come affermato dallo stesso Enrique, sono evidenti, anche se nelle nostre prove in alcune occasioni hanno mostrato alcune incertezze dando adito a situazioni potenzialmente pericolose. Allo stesso modo l’intelligenza artificiale della squadra e le dinamiche corali di attacco/difesa funzionano ancora come un orologio svizzero, garantendo al giocatore un pieno supporto da parte degli atleti compagni di squadra – che ricorrono ad una sorta di “adaptive learning” per imparare, memorizzare e valorizzare le nostre giocate.
Al netto di una grafica migliorata dalla build precedentemente osservata a Los Angeles, di una rifinitura dell’engine fisico e annessi sistemi di scontri e, non ultima, una dinamica di squadra estremamente reattiva e capace di mutare la propria natura in relazione alle nostre giocate, FIFA 15 è pronto a scendere in campo con la formazione delle grandi occasioni per mettere nuovamente le mani sul titolo di simulazione calcistica dell’anno. E quando chiediamo a Sebastian Enrique se, alla luce delle recenti ed evidenti evoluzioni della concorrenza, sia preoccupato di una possibile inversione dei ruoli (analoga a quella successa una manciata di anni fa, dopo lustri di predominio giapponese), il Producer ci risponde sereno:
“Assolutamente no. Amiamo il nostro lavoro, e per questo lo facciamo al meglio delle nostre capacità. Poi certo, chi vivrà vedrà: ma prima di parlare aspetterei di vedere cosa ci riserveranno i prossimi mesi“.
La sfida, insomma, è più aperta che mai.
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