News 18 Ago 2014

Bloodborne – Anteprima – gamescom 2014

Colonia – Due cose sono ormai chiare dopo la presentazione e la demo di Bloodborne in quel di Colonia. La prima, inevitabile, è che al di là di un nome quanto mai accattivante siamo inesorabilmente di fronte ad un titolo il cui spirito appartiene al lignaggio “Soul“. Tanto gli sviluppatori di From Software quanto la divisione di SCEJ, non a caso, non hanno mai smesso un istante di citare i “vecchi episodi Soul”, e poco da fare, l’eredità di Demon Souls/Dark Souls è lì sotto gli occhi di tutti con le sue atmosfere cupe e quella giocabilità tosta e impegnativa in molti conosciamo sin troppo bene. La seconda, si tratta di un gioco basato sul cosiddetto Perilous Combat, un sistema di combattimento progettato per appassionare il giocatore privandolo però allo stesso tempo di una qualsivoglia zona “sicura”, spaventandolo e costringendolo a pensare accuratamente se sia davvero il caso di scendere in battaglia o, perchè no, optare per una celata ritirata.

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Al momento, purtroppo, non sappiamo praticamente nulla sulla trama. Gli avvenimenti di Bloodborne si snodano a Yharnam, una vecchia città medievale alla rovina e tenuta in scacco dai macabri resti di quella che una volta era la sua popolazione, devastata da una sinistra pestilenza (da cui, presumibilmente, deriva il titolo del gioco). Il nostro alter ego, conosciuto soltanto come il Cacciatore, deve scappare da questo postaccio, accertandosi però prima di procedere che ciascuno dei sui abitanti sia morto. Ed è qui che il citato Perilous Combat entra in gioco.

L’idea, stando alle dichiarazioni del Producer di Sony Computer Entertainment Japan Masaaki Yamagiwa, è far sì che il giocatore avverta ogni nemico ed ogni situazione come davvero pericolosa. Questo non solo per farlo agitare al solo pensiero di dover combattere, ma anche per sprigionare un senso di soddisfazione e di orgoglio per ogni sfida superata. Interessante, non c’è che dire, ma nulla di nuovo che non sia stato visto e rivisto nei precedenti Souls. Ma dove Bloodborne differisce dai due predecessori è nel suo approccio al combattimento, che si allontana da quello stile incentrato sulla difesa e basato su parate/contrattacchi per approdare invece ad una mentalità più offensiva e spregiudicata, che strizza l’occhiolino all’utilizzo di armi da fuoco, ferraglia affilata e molto pesante e, più di ogni altra cosa, sull’introduzione di una nuova meccanica di ripristino dell’energia (il cosiddetto regain system).

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Un paio di colpi dagli accoglienti abitanti di Yharnam e la barra rossa della salute diminuisce rapidamente: tuttavia, la porzione interessata non sparisce istantaneamente, ma viene sostituita da una striscia a metà strada tra il giallo e l’arancio. Basta rispondere agli attacchi ricevuti et voilà, la salute persa viene subito recuperata – a patto che riusciate a rendere i cazzotti ricevuti in un tempo ragionevolmente veloce. L’idea alla base di questa soluzione è incoraggiare i giocatori ad abbracciare un atteggiamento quanto più offensivo, fermo restante che come in tutti i giochi made in From Software il margine di rischio è sempre elevato. Affrontate troppi nemici in un sol colpo, colpite il nemico sbagliato al momento sbagliato o impostate male la vostra strategia e non solo la vostra salute è a rischio, ma anche l’intero successo della missione. Il Cacciatore è sì uno tosto, ma non è mai il caso di mordere più di quanto si possa effettivamente masticare.

Restando sempre in tema offensivo, le armi in Bloodborne sono progettate chiaramente con l’idea di favorire una dinamica spiccatamente offensiva. Ciascuna ha due “stati”, uno esteso nel quale il colpo inferto è più forte, oltre che caratterizzato da una zona d’efficacia maggiore, ma lascia il protagonista maggiormente vulnerabile per un intervallo di tempo significativo (fondamentalmente, l’intera durata del colpo, particolarmente ampio), e uno più breve nel quale l’attacco è maledettamente veloce ma meno critico. Quale delle due varianti scegliere è una decisione chiaramente dettata dalle circostanze – tipologia o numero di nemici in primis: vale comunque la pena ricordare che l’entità di salute recuperata dal regain system è strettamente collegata all’arma utilizzata e all’efficacia del colpo assestato.

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Nel corso della nostra breve demo abbiamo avuto modo di vedere un paio d’armi interessanti. La prima è la Saw-Cleaver già visibile nei primissimi trailer, veloce e molto utile per colpire nemici a media distanza anticipandone eventuali attacchi. Si tratta di un’arma trasformabile, che può essere ulteriormente allungata agendo sulle lame “a sega” confermandosi particolarmente utile nelle situazioni dove la presenza nemica è intensa. Segue l’Ascia, un orpello capace di danni enormi ma dall’esecuzione non fulminea – che, per i giocatori meno esperti, si traduce in maggiori tempi di vulnerabilità. Non mancano inoltre orpelli steampunk simili ad arti meccanici, che abbiamo osservato in uno degli ultimi trailer ma che, per affermazione dello stesso Yamagiwa, richiedono una maggior esperienza per essere utilizzati a modo.

Si preannuncia dunque un gioco stimolante, capace di offrire un livello di sfida a dir poco adeguato. Come possiamo intuire già da ora, si basa di un modello offensivo più fluido e veloce di quello presente ad esempio nei due Dark Souls, pur tuttavia senza mai scivolare nel cosiddetto brawler o in un button mashing forsennato. Essere in netto svantaggio numerico diventa rapidamente la norma, ma seppur sia lo stesso gioco ad incoraggiare la lotta contro gruppi serrati di nemici è quasi sempre possibile elaborare una seconda opzione, magari seguire un gruppetto distaccato di mutanti oppure cercare di isolare i nemici sfruttando la conformazione dello scenario e affrontarli in sequenza uno dopo l’altro.

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La strategia, in sostanza, è tutto tranne che un aspetto secondario. Non è un caso se in Bloodborne le pozioni curative hanno un proprio slot dedicato, evitando in questo modo un accesso più lento e faticoso all’inventario: basterà premere il tasto opportuno e, anche nel mezzo di un combattimento, il gioco è fatto. I restanti slot sono invece riservati ai più disparati item offensivi: nella nostra demo, ad esempio, abbiamo gettato dell’olio contro un gruppo di creature per poi dar loro fuoco, permettendoci così di ridurre in un sol colpo il numero di pericoli. Nessuno vietava chiaramente di brandire subito la Saw-Cleaver o di far fuoco in loro direzione, anche se la scelta effettuata si è rivelata vincente in termini di avversari da abbattere. A proposito delle armi da fuoco, nonostante la presenza massiva nell’intero playthrough il loro ruolo è quasi di supporto. Esse sono infatti utili per rallentare o per far indietreggiare i nemici, riducendone salute e area di azione, ma il lavoro sporco (ed efficace) è sempre riservato alle armi melee. Che ammettiamolo, regalano uno spettacolo sanguinolento davvero niente male.

Bloodborne è macabro ma spettacolare allo stesso tempo, senza dubbio il lavoro migliore (almeno per ora) di From Software. Le strade e le architetture goticheggianti di una Yharnam imbrattata da una pioggia melmosa e dalla minaccia dei suoi abitanti, così come alcuni scorci intravisti nel nostro beve giocati quali, ad esempio, un cimitero nella foresta infestato da streghe e un’enorme area cittadina invasa da ratti rendono l’atmosfera davvero inquietante. Non si tratta certo di un survival horror, ma dovessimo valutarlo solo dal level design Bloodborne è nettamente più spaventoso, coinvolgente e avvincente di un qualsiasi Resident Evil recente.

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Al nostro primo tentativo, parte per colpa dell’entusiasmo iniziale e parte per l’assenza di un minimo di strategia, abbiamo steso un primo gruppetto di creature per poi essere presi a sonore legnate da una gang di demoniaci abitanti di Yharnam. E meno male che la versione provata presentava un livello di difficoltà limato verso il basso per rendere la demo più giocabile. Riavviato l’incontro siamo riusciti comunque (e non senza fatica) a procedere per la labirintica cittadina, giusto in tempo per apprendere qualche dritta in più per sopravvivere ai numerosi combattimenti che ci attendono.

E in sostanza è inutile girarci attorno: bisogna sì combattere con intelligenza, ma anche sapersi prendere i propri rischi. Muoversi costantemente, evitare gli attacchi e sfruttare i punti deboli di ciascun malintenzionato nemico sono le basi imprescindibili per mantenere alta la propria energia e non finire a marcire al suolo. Indietreggiate anche solo un paio di volte e fareste bene a prepararvi una buona manciata di pozioni curative; partite come dei razzi a testa bassa contro ogni cosa si muova e diventerete carne tritata ancora prima di accorgervene. Bloodborne, già da queste primissime battute iniziali, sembra quasi obbligare chi gioca a valutare il fattore rischio/ricompensa, analizzando di volta in volta se il gioco valga la proverbiale candela o se, al contrario, meglio muoversi con maggior oculatezza. Un po’ come in Dark Souls, ad essere onesti, ma con uno stile ed una personalità assolutamente peculiari.

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Proprio come Dark Souls, nemmeno Bloodborne è indicato ai deboli di cuore.

A parte questo, Bloodborne presenta anche una serie di elementi RPG e una progressione del personaggio caratteristica dei titoli From Software, seppur in una forma intrinsecamente diversa. Non sono previste classi, ma sarà possibile personalizzare il Cacciatore per renderlo più affine al proprio stile di gioco e, pur non essendo previste armature, sparsi qua e là vi saranno specifici oggetti che aumenteranno temporaneamente alcune delle sue capacità. Non è stato detto molto altro a tal proposito, ma non è forse la scoperta uno dei piaceri più intriganti di Demon Souls e dei due Dark Souls?

E proprio come Dark Souls, nemmeno Bloodborne è indicato ai deboli di cuore. Questo action RPG dalle tinte gotiche appare ottimo già da questa nostra prima prova, forte di meccaniche affascinanti e di una giocabilità che, pur non essendo proprio per tutti, appare profonda e coinvolgente. Il nuovo titolo dello studio nipponico vuole dare ai propri fan una variazione inaspettata – ed estremamente dark – di quella formula magica che in molti hanno imparato ad amare: un cocktail in cui vecchio e nuovo convivono e coesistono, e che pur senza condannare la anime dei giocatori alla dannazione eterna per un coefficiente di difficoltà senza paragoni promette un’avventura intensa e ad alto tasso di retry. Quindi sì, dire che siamo eccitati da questo Bloodborne sarebbe quasi riduttivo: quasi quanto dire che siamo già spaventati.

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