Colonia – Tra i titoli di lancio della nuova generazione di console, NBA 2K14 rappresentò senza ombra di dubbio uno dei prodotti tecnologicamente più all’avanguardia tra quelli disponibili. Il lavoro del team di 2K Sports per ricreare con ogni dovizia del caso tutti gli aspetti principali di uno degli sport più amati d’America era a dir poco evidente: modellazione di prim’ordine, un comparto animazioni esemplare, routine di intelligenza artificiale reattive e ben calibrate e un gameplay profondo come nessun altro rappresentavano soltanto alcuni dei punti forti della simulazione cestistica di casa 2K, capace di sbaragliare in un batter di ciglia una concorrenza incapace di mostrare anche solo un istante i denti e di instillare nella mente del giocatore il concetto di alternativa. Un po’ come successo nel panorama del calcio videoludico, NBA 2K14 rappresentò l’ultima dimostrazione (cronologicamente parlando) di strapotere del franchise, per nulla intimorito dalla contingenza cross-generazionale. Più che lecito dunque attendersi grandiosi risultati dalla nuova declinazione, questo NBA 2K15 che in questi giorni di gamescom abbiamo potuto assistere da vicino. E fidatevi: il faccione di Kevin Durant in copertina rappresenta soltanto la prima di una lunga serie di ottimizzazioni.
Alle redini della presentazione del nuovo titolo Visual Concepts troviamo Rob Jones, storico Senior Producer del franchise, che non si lascia certo pregare nell’elencare le numerose novità portate in dono dal nuovo capitolo. Si parte subito dal comparto animazioni, già ragguardevole lo scorso anno ma ora ulteriormente impreziosito con un totale da capogiro di 5000 animazioni differenti. Al di là numero in senso stretto, impossibile non notare come nell’azione vera e propria l’ammodernamento dei movimenti dei giocatori sia a dir poco drammatico: contrasti sotto canestro, spinte, blocchi o stoppate sono quanto di più verosimile attualmente disponibile in un prodotto di intrattenimento, caratterizzate da una fluidità e da una complessità senza uguali. I giocatori si spostano ora sul parquet in totale libertà, non più vincolati da una sorta di binario invisibile che ne predeterminava il movimento ma liberi di muoversi a 360 gradi e, cosa più importante, di fermarsi esattamente dove vuole il giocatore.
Jones ha ribadito più volte questo concetto, sottolineando come l’eccessiva inerzia degli atleti delle passate edizioni impedisse di fermare il nostro tiratore in uno specifico punto. Tutto ciò è ora possibile anche grazie ad un set di animazioni secondarie, meno spettacolari delle prime ma che garantiscono al giocatore un controllo maggiore sul proprio alter ego. Sia chiaro che questa profonda revisione non rende NBA 2K15 un titolo più abbordabile che in passato, specie per chiunque si avvicini alla serie per la prima volta: tuttavia, la maggior manovrabilità e la profondità del sistema di controllo di questa nuova edizione sono evidenti anche in una demo hands off.
Se l’upgrade del motore delle animazioni trova maggior riscontro nei frangenti difensivi, dove maggiori sono le collisioni, i blocchi e i taglia fuori, le fasi offensive vedono un drastico improvement dell’intelligenza artificiale della propria squadra, che in un modo tutto sommato analogo a quanto osservato nel più recente FIFA gode di una sorta di adaptive learning. I compagni si muovono in campo con una maggior consapevolezza spaziale, assecondando le nostre azioni nel migliore dei modi (non vedrete più enormi bestioni fermi in attesa della palla) e, partita dopo partita, prevedendo le nostre giocate e collocandosi di conseguenza nella posizione più appropriata. Questo discorso si applica chiaramente anche alle difese, estremamente reattive nell’organizzare la miglior controffensiva allo schema avversario.
Tra le novità più evidenti di NBA 2K15, impossibile non notare il nuovo sistema di tiro. Ai piedi di ciascun giocatore sarà infatti presente una barra azzurra, che segnala il momento ideale per rilasciare il pallone. Questo sistema, facile soltanto all’apparenza, è in realtà il risultato del calcolo di una ragguardevole serie di parametri che tengono in considerazione fattori preponderanti quali posizione rispetto al canestro, elevazione o equilibrio a fianco di tutte le statistiche personali dell’atleta. Sfruttando tale informazione e aggiungendo un minimo di tempismo, portare a casa due o tre punti dovrebbe essere meno problematico che in passato: nessuno garantisce tuttavia che il “margine di successo” del tiro sia sempre elevato, specie in condizioni di attacco non favorevole. Pertanto non pensiate che raggiungere la doppia cifra sia un gioco da ragazzi.
Altro aspetto particolarmente ben riuscito di NBA 2K15 è la caratterizzazione delle squadre. Per quanto riguarda quelle più celebri della NBA, difficilmente vedrete due compagini attaccare o difendere alla stessa maniera. Al contrario, il sistema cercherà di proporre giocate e navigazioni di palla tipiche delle squadre in campo, siano esse di natura offensiva (il dai e vai fulmineo di Durant e Jackson degli Oklahoma Thunder), o difensiva (Dwight Howard che interrompe interrompe di prepotenza l’entrata avversaria e riapre verso il playmaker).
Anche l’Eurolega introdotta lo scorso anno vanta finalmente un trattamento più dignitario: i 20 team europei non hanno ancora lo stesso trattamento dei cugini americani, anche se la minor prestanza estetica viene messa in ombra da una profonda rivisitazione delle strategie di gioco. Grazie all’aiuto di allenatori pluripremiati come Ettore Messina, il team di sviluppo è riuscito a diversificare nettamente il modo in cui europei e americani giocano a basket: e le differenze tra i due campionati, unite ad un aggiornamento questa volta veritiero delle squadre del vecchio continente contribuiscono ad aumentare ulteriormente quella sensazione simulativa che sembra voler uscire dallo schermo.
Concludiamo questa anteprima spendendo qualche riga sul comparto tecnologico che, come prevedibile, rappresenta quanto di migliore possiate trovate nel campo della simulazione sportiva. La modellizzazione degli atleti non solo è esemplare al punto da riconoscere perfettamente ogni atleta (a patto di masticare qualcosa di NBA, ovviamente), ma è ulteriormente arricchita da dettagli quali nuove pettinature, gocce di sudore che ne permeano i volti o persino i tatuaggi, riprodotti con una cura al limite del maniacale. Il maggior tempo a disposizione per la realizzazione di NBA 2K15 ha permesso al team di “fare le cose con calma”, ma il risultato supera abbondantemente le più rosee aspettative. Lo stesso discorso vale per la vita al di fuori del parquet: il pubblico è più vario che in passato, si muove in modo più fluido ed omogeneo e, finalmente, reagisce in modo coerente con la situazione della squadra di casa. Lo stesso discorso vale per il fronte sonoro, con un campionamento sul campo come sempre ineccepibile (con un buon impianto stereo difficilmente noterete la differenza tra questo e una partita vera) e una colonna sonora firmata per l’occasione da Pharrel Williams.
NBA 2K15, in definitiva, sembra tutto tranne che intenzionato a lasciare lo scettro alla concorrenza. Se già la scorsa edizione aveva vinto e convinto tanto la specializzata quanto il pubblico per un gameplay articolato e un impianto grafico senza uguali, con questa nuova edizione Visual Concepts alza ulteriormente l’asticella e si prepara a lanciare un titolo che, almeno nel panorama sportivo, rischia seriamente di diventare metro di paragone. NBA 2K15 gode di ottima saluta: intelligenza artificiale rinnovata, animazioni in abbondanza (oltre che precise e fluide) e una caratterizzazione delle squadre ancora più evidente che nelle passate stagioni. A meno di miracoli dell’ultimo minuto da parte della concorrenza, chiunque in questo autunno voglia scendere sul parquet digitale a fare qualche tiro sa già a chi rivolgersi.
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