Certo che la storia, alle volte, ha un senso dell’ironia davvero strano. C’era una volta, nella lontana terra del Sol Levante, un piccolo studio di talentuosi sviluppatori capitanati da un certo Hideki Kamiya. Non un designer qualunque, questo Kamiya, ma l’inventore dell’action game del futuro quando ancora la next-gen si chiamava PlayStation 2. Dopo aver rivoluzionato un genere che affondava le proprie radici nei primi anni di vita del videogioco con Devil May Cry e il suo emblematico protagonista, Dante, l’instancabile leader dei Platinum Games se ne uscì un bel giorno con un nuovo progetto: una strega tanto affascinante quanto arrogante, Bayonetta, che menava cazzotti e calci come mai nessuno prima di lei. Uscito quasi in sordina cinque anni or sono su PS3 e Xbox 360, Bayonetta convinse all’unanimità la specializzata, trovatasi di fronte ad un prodotto dal combat system al limite della perfezione. Un giudizio condiviso a spada tratta dai pochi acquirenti del nuovo capolavoro dei P+, galvanizzati dalle potenzialità del nuovo acquisto (oltre che dal fondoschiena ipnotico della sexy strega) ma, calcolatrice alla mano, troppo pochi per giustificare delle vendite non certo entusiasmanti. E fu così che SEGA, detentrice legale dell’IP, decise di interrompere ogni sviluppo legato a Bayonetta da qui a data da destinarsi.
Poi un giorno succede quello che non ti aspetti. Nintendo entra in scena come un fulmine a ciel sereno, soffia i diritti dell’IP a SEGA e con una mossa di mercato sensazionale si accaparra una delle esclusive Wii U più ambite e, per certi versi, inaspettate. Cinque anni, tanto abbiamo dovuto attendere il ritorno di uno dei personaggi più iconici della passata generazione: e seppur siano cambiate alcune cose (l’esclusività Nintendo e Kamiya non più game designer ma “semplice” supervisor del progetto), possiamo affermare senza il minimo dubbio che Bayonetta 2 tutto fa, tranne tradire le aspettative. Anzi, va abbondantemente oltre.
Affrontare Bayonetta 2 senza prima aver vissuto le peripezie del suo predecessore sarebbe un errore tutto tranne che indifferente: uno, perché quest’ultimo sarà disponibile per i possessori di Wii U come porting d’eccellenza a partire dal prossimo 24 Ottobre, due poiché gli eventi narrati nel sequel attingono a piene mani dalla sceneggiatura originale, collocandosi cronologicamente a breve distanza. E questo senza nemmeno tirare in ballo il nuovo combat system, stellare già cinque anni or sono e per quest’occasione ulteriormente approfondito. Ma partiamo dalla trama, ancora una volta incentrata su varianti più o meno mostruose di simbolismi religiosi/infernali e sull’eterna lotta che regna imperturbata tra i tre regni del nostro mondo, quello della Luce, dell’Oscurità e del Caos.
Proprio quest’ultimo, abitato dai comuni esseri umani, incarna il nodo focale dell’intera vicenda: una vecchia leggenda narra di Aesir, antico dominatore del Caos dai poteri pressoché infiniti. Poteri che, manco a farlo apposta, sono indissolubilmente legati al possesso di due talismani, l’Occhio Destro della Luce dei Saggi di Lumen e l’Occhio Sinistro dell’Oscurità, affidato alle Streghe di Umbra – e indovinate un po’ chi ne è in possesso. Inutile dire che la situazione precipita rapidamente, e quella che inizialmente sembrava una scampagnata all’Inferno per recuperare una vecchia amica si trasforma in una battaglia contro semi-dei per la salvezza dell’intera umanità. Ovviamente condita con nuovi retroscena sulla vita passata di Bayonetta, segreti di cui lei stessa era all’oscuro e da cui, come miglior tradizione insegna, può dipendere l’equilibrio dei tre regni.
Diretta conseguenza di un canovaccio narrativo alquanto articolato è l’introduzione di una nuova schiera di nemici, provenienti nientemeno che dalla dimensione infernale: in Bayonetta 2, a quanto pare, l’atavico detto “il nemico del mio nemico è mio amico” non ha valenza alcuna, visto che la bella strega dovrà guardarsi le spalle tanto dai classici Angeli quanto, e soprattutto, da antipatiche creature demoniache. Se dal punto di vista del gameplay l’aggiornamento delle fila nemiche non porta novità significative, dall’altro è impossibile non lodare l’eccellente lavoro di charachter design svolto dai ragazzi di Platinum Games. I Libri delle creature, consultabili in qualsiasi momento dal menù di gioco, contengono nemici tanto enormi quanto eccessivi, mostruosi nelle loro fattezze – che, in più di qualche occasione, rischiano di distrarre il giocatore tanto sono elaborati. Le presentazioni degli Angeli (le cui schiere godono di nuove tipologie di soldato) e di Demoni ricalcano il pattern del precedente episodio, con la solenne apertura del relativo Tomo che svela una sorta di bozzetto a mano in prefetto stile Apocalisse per i primi e Necronomicon per i secondi. Tutto molto scenico, non c’è che dire.
GamePad alla mano, notiamo subito l’introduzione di un nuovo sistema di controllo, lo stesso che abbiamo avuto modo di provare nella versione Wii U di Bayonetta. La nuova interfaccia touch per la gestione della protagonista brilla per semplicità ed immediatezza: uno swipe laterale per schivare l’attacco avversario ed attivare il Witch Mode, un tap per far muovere l’avvenente eroina verso uno specifico punto dell schermo e una serie prolungata di colpi in corrispondenza delle icone avversarie per inanellare la sequenza di combo. La strizzata d’occhio ad un pubblico “casual oriented” come quello di Nintendo è evidente e dobbiamo ammetterlo, chiunque sia alla ricerca di un’esperienza meno impegnativa che permetta di godersi appieno la narrazione senza impazzire sui combattimenti potrebbe aver trovato il compromesso ideale. Tuttavia, difficile non accorgersi dell’impatto eccessivo di questo meccanismo touch nell’economia di gioco, reso eccessivamente abbordabile anche per un giocatore non troppo skillato – che già, a onor di cronaca, si trova di fronte ad un titolo più facile del predecessore a difficoltà normale. Ben più grave, tuttavia, è lo snaturamento di uno dei combo-system meglio congeniati di sempre, ancora una volta caratteristica dominante dell’action di casa P+.
Considerando l’ottimo lavoro svolto da Kamiya e soci nella realizzazione delle meccaniche offensive del primo Bayonetta, è difficile pensare ad un qualcosa di più evoluto, profondo ed appagante. Ebbene, il combo system di Bayonetta 2 alza nuovamente l’asticella, confermandosi già da ora un paradigma per il genere degli action in terza persona da qui a parecchi anni a venire. Il ritmo è ora più che mai la chiave per il successo nella realizzazione delle combo: se premere ripetutamente i tasti associati a calci e pugni permette di sferrare una sequenza rapida di colpi di medio danno, basta inserire una piccola pausa tra un attacco e l’altro per scatenare nuove combinazioni chilometriche dalla potenza devastante. Il giocatore pare quasi dettare i tempi di un complicato ballo dagli innumerevoli passi: lo spazio dei possibili attacchi diverge rapidamente, lasciando di stucco per una tale varietà. Ma questo è solo l’inizio: se nel precedente episodio era possibile equipaggiare un’arma alternativa alle classiche pistole per i soli arti superiori (la leggendaria katana Shuraba, la frusta Kulshedra o i Durga), lasciando alle lunghissime gambe di Cereza l’artiglieria pesante, in questa nuova declinazione potremo equipaggiarle con versioni alternative delle citate armi speciali dopo averle acquistate dall’istrionico Rodin. Non solo questa soluzione garantisce una maggior varietà nelle fasi combat dell’avventura principale, ma ciascuna combinazione introduce nuove sequenze di attacco alla già lunghissima lista combo. Sequenze che, chiaramente, possono essere più o meno adatte allo specifico boss che andremo ad incontrare: alcuni, ad esempio, si dimostrano letali sulla breve distanza, il che rende le citate katane non proprio ideali – meglio usare qualcosa che ci garantisca maggior spazio di movimento. Combinare le armi a disposizione in modo opportuno tocca al giocatore, che dovrà far esercizio di memoria per ricordare anche solo una parte delle proprie possibilità offensive.
Non mancano certo altre novità, come l’introduzione della forma Serpente per nuotare a velocità sovrumana nei livelli sub-marini, la planata o l’Apoteosi Umbra, che a patto di aver riempito la barra magica della protagonista permette di concludere l’attacco con l’evocazione di diversi demoni (nello specifico, la scelta del demone è legata al set di armi equipaggiate). Ma Bayonetta 2 non è solo un combo system esemplare. L’ultima creatura di Platinum Games è un’ode purissima all’eccesso, è l’esaltazione della frenesia e dell’incredibile fatta videogioco. L’esclusiva Nintendo è maestra nello stupire il giocatore, nel lasciarlo di stucco con una sequenza tanto esagerata da essere inimmaginabile per poi affondare nuovamente il colpo, battere il proverbiale chiodo con un qualcosa capace di slogare la mandibola. Qualcosa dell’ordine di un combattimento contro un gigantesco mostro marino all’interno di un onda anomala da lui stesso generata, di un letale duello tra Bayonetta e un Saggio di Lumen mentre, sullo sfondo, combattono le rispettive evocazioni demoniache ed angeliche (in quella che viene chiamata Evocazione libera) o, giusto per citare un ultimo esempio, la serrata battaglia contro un gruppetto di Belief (Potestà della Seconda Sfera) all’interno di un’altissima torre/ascensore che sta precipitando nel vuoto.
Bayonetta 2 è sfrontato e irriverente, capace di stupire dall’inizio alla fine del playthrough senza mai cadere nel banale: è una dimostrazione di potenza senza concessioni, un prodigio che incalza il giocatore senza dargli il tempo di respirare e lo catapulta sadicamente da un combattimento epico ad uno di proporzioni ancora maggiori, magari a bordo di una sorta di mech stregato chiamato Armatura Umbra. Le nove ore abbondanti necessarie a completare l’avventura Single Player non allentano la presa un solo secondo, e le rare fasi esplorative concesse al giocatore lo condurranno in gran parte dei casi nel Muspelheim (l’alternativa del vecchio Alfheim): il che, per i neofiti, significa una sfida in un’arena parallela, le cui regole sono le più varie (sopravvivere ai nemici senza subire un solo colpo, eliminare la minaccia entro un tempo limite o, ad esempio, solo con attacchi in Witch Mode).
Se la struttura dell’inventario e dell’upgrade del personaggio rimane immutata in questa transizione, con Rodin e le sue Porte dell’Inferno (il leggendario bar/ricettacolo di oggetti demoniaci, tesori, tecniche segrete e utili lecca lecca) ancora al proprio posto, i fedelissimi Nintendo saranno lieti di trovare proprio tra gli ammennicoli dell’ex angelo convertito al lato oscuro particolari (e costosissimi) gingilli grazie ai quali cambiare l’abito di Cereza. Se alcuni abiti legati ad una specifica arma potranno essere acquistati direttamente tra la mercanzia del pericoloso amico, ce ne sono altri squisitamente “Made in Nintendo” di cui non vi sveleremo altri dettagli, se non che l’averli addosso modificherà in modo concorde alcuni elementi dello scenario – in maniera del tutto analoga a quanto osservato nel porting Wii U dell’episodio uno, con rune, monete e zampe di Bowser che apparivano da ogni dove. Gli eco sul gameplay di queste vesti speciali sono pressoché nulli, lo ripetiamo, ma regalano comunque alcune scenette esilaranti. Oltre che a confermare l’ipotesi che, indipendentemente dall’outfit, Bayonetta è un gran bel pezzo di figliola.
Chiudiamo il cerchio delle new entries con la Doppia Apoteosi, inedita modalità multiplayer cooperativa per due giocatori che, nei panni di Cereza e Jeanne, saranno chiamati ad affrontare una serie di 52 sfide di difficoltà crescente. Ognuna di queste viene resa accessibile soltanto dopo aver recuperato la relativa Carta nella campagna principale: pur essendo numericamente consistenti, sbloccare l’intero mazzo di sfide non dovrebbe richiedere uno sforzo eccessivo al giocatore – per onore di cronaca, ne abbiamo sbloccate 45 al nostro primo playthrough. Il meccanismo alla base della Doppia Apoteosi è brillante: ogni giocatore scommette una quantità variabile di aureole sul combattimento (scegliendo tra le tre taglie disponibili) e, se ne esce vivo, mette le mani sul gruzzoletto. Attenzione però: maggiore sarà la posta in palio, maggiore sarà la difficoltà della sfida che ci attende. Senza contare che ok, sarà sì un match cooperativo a due, ma il giocatore che si comporta meglio in gara guadagna qualche aureola in più. Anche la scelta tra Cereza e Jeanne non è casuale: l’affascinante strega dai lunghissimi capelli biondi (giusto per prendere le distanze dalla nuova acconciatura della protagonista) vanta una Chioma Malefica più potente di quella dell’illustre collega, ma richiede una precisione maggiore per attivare il Sabbat Temporale. Pur essendo votata all’online, potremo affrontare le suddette sfide in locale, sfruttando l’intelligenza artificiale della nostra compagna: certamente meno avvincente se paragonata al primo scenario, ma per quei giorni in cui internet non ne vuole sapere si tratta di una soluzione tutto tranne che banale.
Come da tradizione, dedichiamo l’ultimo paragrafo di questa lunga disamina al comparto tecnologico del titolo. Bayonetta 2 offre un impianto grafico complessivamente piacevole, con larghi spazi aperti e ariosi realizzati con attenzione e cura del dettaglio. La modellazione dei personaggi principali, dei boss e dei mostri più impegnativi è notevole, anche se in alcuni frangenti non si fatica a notare l’utilizzo di texture di qualità non eccelsa e, non così raramente, l’assenza di qualche piccola rifinitura. Un esempio su tutti è rappresentato dalle ombre, visibilmente sgranate – anche se, nella foga della battaglia, è un dettaglio che si fatica quasi a scorgere. A tal riguardo, tuttavia, il frame rate di Bayonetta 2 merita il nostro plauso: l’esperienza scorre fluida e veloce, con un numero di fps ancorato ai 60 dichiarati da Platinum Games – a meno di qualche leggero rallentamento nelle scene più concitate, più che comprensibile. Ancora una volta sublime, invece, il charachter design: Bayonetta, Jeanne e Odin fanno un capitolo a parte, ma anche il goffo Enzo (dopo Super Mario, i giapponesi devono avere un’opinione strana di noi italiani), l’imbranatissimo Luka e la new entry Loki, bambinetto tanto sbruffone quanto potente, convincono a pieni voti. Nulla da dire infine sul comparto sonoro, caratterizzato da una colonna sonora che alterna ritmi incalzanti a sonorità jazz con sagace maestria, da effetti sonori precisi e puliti e, più di ogni altra cosa, da un voice over in lingua inglese encomiabile. Perché si sa, ogni strega che si deve ha una voce che ammalia.
In Conclusione …
“Un giorno Nintendo avrà in esclusiva un nuovo capitolo di Bayonetta“. Se un paio d’anni fa qualcuno avesse affermato una cosa del genere, in molti probabilmente gli avrebbero riso in faccia. Ma l’abbiamo detto parecchie righe fa e lo ribadiamo anche ora, la storia alle volte è più imprevedibile di quanto si possa pensare. A cinque anni dalla propria unanime consacrazione Bayonetta torna nei nostri salotti patrocinata dalla Grande N che, tanto di cappello, ha trasformato un’IP multi-piattaforma di successo (nonostante le vendite poco incoraggianti) in un titolo esclusivamente appannaggio dell’utenza Wii U. Un titolo che sicuramente si farà rimpiangere dall’utenza Sony e Microsoft, e non certo senza motivo. C’è poco da fare, un combat system di questa caratura si vede raramente: profondo, coinvolgente e incline alla spettacolarità, il retaggio di Hideki Kamiya è un dato di fatto evidente anche ora, con il leggendario game designer investito del ruolo di supervisor.
Bayonetta 2 non è un titolo perfetto, e non serve essere degli esperti di grafica 3d per accorgersi di un comparto tecnologico sì notevole, ma non certo esente da piccole impurità. Eppure il loro peso è marginale, infinitesimo di fronte alla totale consacrazione al ritmo e alla frenesia. Cereza salta, vola, semina morte tra le file nemiche e buca letteralmente lo schermo, muovendosi con leggiadria assecondando i passi di una danza fulminea che leva il fiato al giocatore. Bayonetta 2 è un costante eccesso, un’esplosione action che regala momenti memorabili tanto sono devastanti: non c’è freno alla fantasia di Platinum Games, che corre a briglie sciolte per nove buone ore di playthrough anticipando – e spesso superando – anche le aspettative più assurde di chi gioca. Il tutto senza mai tradire la propria essenza, senza cadere nel banale o nel cattivo gusto.
Bayonetta 2, lo abbiamo detto, segna un nuovo standard nel panorama dell’action game: proprio come aveva fatto un lustro fa con il primo capitolo, da cui trae gli elementi migliori per elevarli a nuova potenza. Lasciarselo scappare significherebbe perdere una delle lezioni più accorate di Game Design allo stato puro, oltre che sacrificare quel barlume di genio che oggi giorno non sempre affiora nelle produzioni nipponiche. Per non parlare delle due gambe più lunghe e sexy dell’universo dei videogiochi: ma questa, lo sapete, è un’altra storia.
VOTO: 9
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