Editoriale 26 Ott 2014

Visita al Booth Koch Media – GamesWeek 2014

GamesWeek Koch Media 05

Escape Dead Island

Dead Island: zombie, armi modificabili e isole tropicali, chi non se lo ricorda? Con questo titolo entriamo nel vivo della parte horror dello stand Koch Media, la parte maggiormente apprezzata dalla folla nella giornata di sabato.

Qual è la mossa di Deep Silver? Optare per un’operazione in stile “chiodo scaccia chiodo” per mantenere i riflettori su Dead Island? Non proprio, l’hype per il secondo capitolo si mantiene vivo da sé e la miriade di spin-off pubblicati permette al brand di non finire nel dimenticatoio, quindi di cosa si tratta, dell’ennesimo esperimento? Sì e no.

La missione messa a disposizione è stata la medesima del nostro Hands On di luglio, tra balzi temporali e assurdità quali la pioggia di container metallici dal cielo, e pad alla mano si è confermato un gioco di stampo classico, con sessioni che si alternano tra vie obbligate, i cosiddetti “corridoi”, zone in cui il combattimento impazza alla grande e selvaggi momenti di crafting. A causa del poco tempo a disposizione è difficile farsi un parere completo di questo esperimento fuori di testa, ma sicuramente posso dire una cosa: secondo me qualcuno del team è fan di Suda51.

Per il resto, vi consiglio di buttare un occhio al nostroHands On firmato Giuseppe “Arsghalt”!


GamesWeek Koch Media 02

Dead Island 2

Che ne dite di andare in California per godervi un po’ di sole? Sapete, una di quelle vacanze in cui ci si sdraia in spiaggia per friggere a dovere e dorate la propria pelle, una di quelle vacanze tutta corse sul lungomare e aperitivi con amici, una di quelle vacanze che io non farei mai.

Nonostante qualche piccolo problema tecnico con la demo, risolto in poco tempo, sono stato catapultato in una tech-demo single player che dà la possibilità di girare in un’ampia area, ben popolata di zombie di vario genere, e con parecchi elementi studiati ad hoc per dimostrare le potenzialità dell’Unreal Engine 4: non sto qui a dirvi che rimane stupendo far esplodere gli zombie con taniche di gas e non vi elenco tutti i vari smembramenti effettuati, così come non vi preciso che il lato malato dell’istinto di sopravvivenza prende il sopravvento quando in lontananza vedi un intero distributore di benzina intatto, illibato, splendente, e tu nella mano destra impugni un fucile a pompa, ma sto qui a dirvi che il motore grafico utilizzato per questo secondo capitolo non mi ha deluso affatto, gestendo in maniera ottimale una miriade di elementi in movimento e confermando le opinioni di Roberto “Bellanapoli”, il nostro redattore che ha avuto modo di massacrare nonmorti a Colonia, sebbene con una sessione differente.


The-Evil-Within-Box

The Evil Within

Entro o non entro? Ecco, questa è stata la domanda che mi sono ripetuto persino mentre giocavo a Sleeping Dogs.

Nonostante il buon Alberto “DeX” l’avesse già recensito pochi giorni fa, decido di terminare il tour dello stand con questa chicca, ma scettico. Non è una questione di essere o meno idonei a giocare videogame di questo genere, come non si tratta di avere esperienza in merito: oramai tra film, libri, remake di remake di remake di titoli storici si è visto di tutto. Per come vedo io il panorama horror generale, la paura non è più suscitata dalla paura in sé, ma viene causata da momenti studiati al meglio per spaventare forzatamente lo spettatore, player o meno, siano essi suoni molto forti e all’improvviso, fotogrammi che appaiono sempre all’improvviso ecc.

In sunto: la paura è stata snaturata negli ultimi 10 anni in modo che sia una cosa da iniettare a piccole dosi, senza portare lo spettatore all’estremo, mentre il mio pensiero è che la paura debba essere proposta in continuazione, con picchi di terrore allo stato puro.

Bene, il mio scetticismo è sparito totalmente quando ho preso il controller: The Evil Within si mostra a me esattamente come quanto promesso, ovvero scuro, claustrofobico, cattivo e profondo, un videogame assolutamente da giocare in quanto turba chi sta al di là dello schermo in più riprese, senza dare la possibilità di abbassare la guardia. Si tratta di un gioco senza alcun compromesso, un’idea malata firmata Shinji Mikami, un lavoro che fa tesoro dei bei tempi che furono senza finire nel blando.



 

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