News 03 Dic 2014

WWE 2K15 – Recensione

Siate onesti, in tutta la vostra vita almeno un paio di incontri di Wrestling ve li siete guardati: e magari c’è pure scappato un po’ di tifo, qualche commento scollacciato sulle Divas o qualche espressione poco nobile a commento di una mossa particolarmente ardita. Che poi è vero, “il wrestling è tutto finto, non si picchiano davvero, vedi che ha battuto il piede sul ring proprio mentre dava il pugno” e via dicendo: non fosse che ogniqualvolta appaiano sullo schermo appaiano i bicipiti di John Cena, Undertaker o CM Punk buona parte della popolazione maschile si trasforma in pubblico da caverna che, non pago delle urla, si mette pure a scimmiottare le movenze di questi indomiti gorilloni sotto steroidi. E via di “You can’t see me“, pollici che “tagliano” la gola o di sguaiati “Suck it!” con tanto di generoso movimento di braccia.

WWE 2K15 è arrivato da poco più di un mese nella precedente generazione di console, portando a casa una buona sufficienza incapace però di far gridare a quel miracolo che l’ingresso in scena di Visual Concepts e 2K Games avevano lasciato sperare. L’evoluzione grafica del figlio prediletto di Yuke’s è innegabile già su PS3 e Xbox 360: manca però il guizzo innovatore, qualche modalità di gioco e, tecnologicamente parlando, un aggiornamento complessivo del comparto animazioni, che vuoi per i limiti dell’hardware di riferimento, vuoi per la necessità di riciclare quanto più possibile dalla passata iterazione, appaiono spesso un po’ datate. Oggi, finalmente, possiamo parlarvi della versione next gen del Wrestling secondo 2K: riuscirà questo WWE 2K15 a tener fede alla parola data e a guadagnarsi il titolo di campione, o saremo di fronte ad un impietoso count-out nel culmine del Main Event?

Partiamo dalle cose più semplici. La potenza dell’hardware next gen ha garantito un ampio margine di sviluppo a 2K Sports, che ha potuto riprogettare quasi da zero un engine dedicato alle versioni PS4 e Xbox One. Il risultato è lampante e sotto gli occhi di tutti sin dalle prime sequenze di gioco: complice un lavoro certosino di Motion Capture che ha investito gran parte dei lottatori (ad esclusione di CM Punk o Ultimate Warrior, per citarne giusto un paio) ogni controparte digitale brilla per livello di dettaglio e pulizia di immagine. Le entrate in scena sono estremamente realistiche, complice l’ottimo lavoro di rifinitura fatto dal team di sviluppo, tanto che per le star più celebri si rischia quasi di rimaner sorpresi. Discorso leggermente diverso per il comparto delle animazioni, sicuramente al di sopra della sufficienza ma molto lontano da quanto disponibile in altri titoli 2K, NBA in primis. La coesistenza di animazioni create appositamente per il nuovo capitolo con altre di “vecchie” provenienti dagli scorsi episodi stride vistosamente, tanto che lo stacco in game alle volte è sin troppo evidente. Non che la giocabilità ne risulti danneggiata: diciamo che si tratta di un neo che avremmo preferito non vedere in un titolo di nuova generazione.

Aggiornamenti anche sul fronte gameplay, laddove il combattimento, pur restando nel complesso familiare, introduce un paio di modifiche interessanti. La prima a saltare all’occhio è il nuovo meccanismo di grab, che cerca di replicare in un modo inusuale la stretta morsa di proiezioni e leve articolari che caratterizza i primi minuti dei match più intensi. Il meccanismo che sottende tale meccanica è analogo a quello della morra cinese: una presa diversa associata rispettivamente ai tasti triangolo, cerchio e quadrato, con la prima che vince sulla seconda, la seconda sulla terza e la terza sulla prima. Chi vince avrà la meglio sull’avversario, che per uscire dalla presa avversaria dovrà trovare per primo il suo punto di rottura ruotando lo stick destro sino a che l’apposito indicatore su schermo diventa rosso. Il primo dei due a riuscirci intrappolerà l’avversario in una nuova proiezione: sfruttare a proprio vantaggio queste sezioni a QTE permetterà di concatenare una serie di prese e attacchi con cui indebolire da subito il rivale.

Superata questa fase introduttiva si torna alle dinamiche classiche dell’incontro WWE, col tasto X riservato alle prese, il cerchio alle sottomissioni e alle Irish Whip e il quadrato per il classico attacco diretto. Portare a segno i colpi o ghernire l’avversario con una delle immancabili taunt permette di incamerare Signature Moves e – soprattutto – le devastanti Finishers, colpi identificativi di ciascun atleta che se usate col giusto tempismo rischiano di fare dei danni parecchio seri. Tali Finishers si attivano con la pressione del tasto triangolo, ma a seconda dell’atleta richiedono al Wrestler di trovarsi in una specifica posizione: il tronco dell’avversario steso al suolo per la STFU di John Cena, l’angolo opposto dell’inerme nemico per la Sweet Chin Music di Shawn Micheals e via dicendo. Poi sia chiaro, tanto i colpi standard quando le Signature e le Finishers possono essere contrattaccate premendo il tasto R2 col giusto tempismo. Peccato che, mai come ora, effettuare una counter perfetta sia una manovra ai limiti del caso: potrete metterci anche tutto l’impegno del mondo, ma in 9 casi su 10 avrete premuto R2 troppo presto o troppo tardi. Risultato, vi ritroverete ad incassare sequenze di colpi chilometriche come dei muscolosi sacchi di patate sino a che, per qualche fortunata congiunzione astrale, indovinerete l’istante corretto nella pressione forsennata del dorsale destro: non fosse che nelle fasi più avanzate di un match per il titolo, trasformarsi in incassatori passivi troppo spesso è sinonimo di sconfitta.

Rispetto al passato, WWE 2K15 ruota pesantemente attorno al concetto di realismo, e proprio per questo motivo introduce una seconda barra Resistenza che si affianca a quella classica della salute. Il suo funzionamento è intuitivo: correre a perdifiato o effettuare ripetutamente mosse onerose faranno affievolire la resistenza del wrestler, che finirà tranquillamente per ritrovarsi col fiato corto a boccheggiare come un pesce rosso. Unite l’assenza di fiato ad una condizione di salute precaria e vedrete le mosse degli atleti al rallentatore, quasi “lanciate” in un ultimo strenuo tentativo prima di crollare al suolo. Le animazioni di “intermezzo” assecondano questa filosofia, sicché non sarà affatto raro assistere ad un Triple H che cade sulle ginocchia e respira affannosamente per una manciata di secondi o un Ryback che dopo averne date tante quanto quelle ricevute crolla al suolo dopo aver sferrato l’ultimo colpo. Il ritmo, se paragonato alle precedenti incarnazioni della serie, ne esce indiscutibilmente rallentato: il che è un bene nel contesto della ricerca del realismo, ma allo stesso tempo rischia di levare un pizzico di mordente da una tipologia sportiva in cui, oggettivamente, vige la legge della spettacolarità ad ogni costo.

Spettacolarità che, duole dirlo, scema drasticamente quanto il numero di persone sul ring è maggiore di due, con caos e disordine a regnare supremi. Se da un lato molti dei bug secolari che affliggevano le precedenti uscite sono stati debellati, dall’altro l’intelligenza artificiale dei compagni di squadra (nei tag team) lascia ancora a desiderare. WWE 2K15 fatica ancora troppe volte ad individuare correttamente il bersaglio dei nostri attacchi. Menare cazzotti all’aria quando si è a pochi passi dal rivale o, parimenti, colpire arbitro o compagno di squadra non sono occorrenze così infrequenti.

Nettamente più fastidioso, tuttavia, è il dover accorgersi di come WWE 2K15 – in termini prettamente contenutistici – sia addirittura inferiore rispetto ai capitoli precedenti. Si trattasse solo di qualche modalità mancante potremmo anche chiudere un occhio, anche se l’assenza dei popolari Tornado Tag (misteriosamente disponibili nella versione PS3 del titolo) rimane un po’ inspiegabile. Ma ci si mette pure l’editor dei personaggi, da sempre un marchio di fabbrica del franchise Yuke’s, che da quest’anno permetterà di creare esclusivamente atleti di sesso maschile, con possibilità di customizzazione (tatuaggi, capelli, vestiti e quant’altro) ridotte ad un massimo di una dozzina per tipologia. E sappiatelo, non sarà più possibile creare titoli, arene o set di mosse personalizzate.

L’introduzione della modalità 2K Showcase, rivisitazione del vecchio Universe Mode, sopperisce solo parzialmente a queste lacune. Incentrata su due rivalità eccellenti della WWE, Shawn Michaels contro Triple H e CM Punk contro John Cena, permette di rivivere le tappe più salienti degli ultimi anni della federazione attraverso i match che hanno decretato l’ascesa al successo dei rispettivi protagonisti. Per ogni incontro saranno presenti degli obiettivi facoltativi che, se raggiunti, premiano il giocatori con personaggi aggiuntivi, outfit o arene speciali: sicuramente interessante, ma nulla che giovi in modo sensibile al coefficiente di rigiocabilità.

Più interessante, almeno sulla carta, è il fulcro di questo episodio, la “classica” (almeno per 2K) modalità MyCareer che ci vedrà nei panni di uno sgangherato lottatore desideroso di farsi conoscere nella WWE: ovvio che la strada sarà lunga e faticosa, e dalla NXT alle svariate pay-per-view made in WWE di lavoro non ne manca certo. Ogni incontro viene valutato con un massimo di cinque stelle, in relazione alla varietà e all’efficacia della performance: migliore sarà il giudizio ricevuto, maggiori saranno i nostri followers nei social media. Il che può interessarvi o meno, ma se volete essere davvero famosi fareste meglio ad avere parecchi utenti al vostro seguito: la popolarità è tutto anche nel wrestling, e una volta raggiunta avrete l’accesso alle leghe più prestigiose. Chiaramente non si campa di sola fama: ogni sfida sarà pagata con due virtual currency diverse, SP e VC, da usare nel “negozio” di MyCareer per potenziare gli attributi del nostro alter ego o acquistare tecniche più avanzate.

Se dunque a parole MyCareer sembra godere dello stesso fascino che contraddistingue le recenti produzioni sportive targate 2K, pad alla mano la situazione è nettamente meno entusiasmante. La nostra ascesa al successo è meno frenetica di quanto possa sembrare, visto e considerato che prima di assistere ad un minimo di contenuto narrativo o di poter effettuare una scelta importante per la carriera passeranno un buon paio di ore a suon di incontri tutto tranne che memorabili. Poi finalmente arriva il Big Match e la svolta sembra arrivata: peccato che si tratti di un fuoco di paglia, superato il quale ci si mette il cuore in pace per affrontare un’altra dozzina di match secondari. Non bastasse questa ripetitività di fondo, a rendere il tutto più tedioso contribuisce anche un coefficiente di difficoltà sensibilmente sbilanciato verso il basso: prima di essere famosi avremo a che fare con lottatori modesti e inesperti, che difficilmente ruberanno più di qualche minuto per essere stesi. Raggiunta la fama arriveranno le prede succulente, ma a quel punto avremo così tanta virtual currency nel portafogli da rendere il nostro aspirante campione un enfant prodige imbattibile: la sfida, insomma, fatica a farsi sentire.

In Conclusione…

Duole un po’ ammetterlo, ma WWE 2K15 in salsa next gen si ferma molto prima di quanto gli amanti del wrestling digitale sperassero. Una componente tecnologica di sicuro impatto non basta alla joint-venture Visual Concepts/Juke’s per sollevare dalla mediocrità la prima transizione next di un franchise ormai da qualche anno pericolosamente in ginocchio. C’è un ottima base per l’edizione 2016, questo è fuori da ogni ragionevole dubbio, ma di ottimizzazioni da fare ce ne sono ancora molte: un’intelligenza artificiale di coppia troppo stesso dispettosa, un comparto di animazioni con un piede pericolosamente sul passato e uno sul futuro, un editor ridotto all’osso e un set di nuove modalità interessanti ma – e lasciateci dire purtroppo – tutto tranne che vincenti forniscono abbastanza materiale su cui riflettere. E questo senza nemmeno tirare in ballo uno dei roaster più scarni delle ultime edizioni del franchise.

WWE 2K15 non è un titolo da buttare, e chiunque si sia divertito sino allo scorso anno a menar cazzotti in cima alla gabbia metallica dell’Hell in a Cell o sulla scala del Money in the Bank potrà continuare a farlo tranquillamente anche ora, sulle nuove console. Ciò non toglie che, con un team come 2K alle spalle, era più che lecito aspettarsi qualcosina in più: la cintura della WWE Championship, insomma, si farà attendere per almeno altri dodici mesi.

VOTO:6.5

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