Da poche ore si è conclusa la conferenza Betheshda, prima di questo E3 2015 e prima in assoluto dello studio di sviluppo americano.
In un’ora e mezza Bethesda ha messo in tavola tutte le sue carte dimostrando, qualora ce ne fosse bisogno,la bontà della sua line-up e l’alacre lavoro player-oriented svolto quotidianamente dai programmatori. Questa è stata infatti la premessa fatta da Pete Hines una volta salita sul palco: la prima caratteristica di ogni membro dei Bethesda Studios è quella di essere un videogiocatore, di ragionare come un videogiocatore e di pretendere che il lavoro delle software house venga svolto, dunque, a misura di videogiocatore.
Questa attitudine ha fatto si che Bethesda tenesse sotto segreto, negli ultimi anni, qualsiasi informazione inerente i videogiochi presentati durante la conferenza, per non turbare il sonno dei videogiocatori e per non essere soggetta, giocoforza, alle pressioni di una fanbase (giustamente, visto l’elevatissimo livello dei loro ultimi prodotti) sempre più esigente e numerosa.
Carte alla mano, questo atteggiamento sembra aver pagato (e ripagato in termini di reazione del pubblico), consegnando(ci) una press conference di altissimo livello e dal contenuto molto prezioso: Doom, Dishonored 2 e Fallout 4 le punte di diamante di una line-up che già si pone come termine di paragone per gli eventi Sony e Microsoft, ponendo le due storiche antagoniste nella difficile posizione di dover dimostrare di non essersi cullate sugli allori di una next-gen (di loro creazione) non ancora decollata e che potrebbe vedere, proprio in Bethesda, la prima vera interprete di quella rivoluzione tecnologica attesa da quasi oramai due anni.
Si perchè è di questo che si parla oggi: la levatura, sia effettiva che mediatica, dei titoli presentati parla da sola e sarebbe inutile fare panegirici su quanto l’uno o l’altro titolo abbia impressionato e su come si differenzi dai diretti predecessori. Ciò che conta è che, finalmente, per mano di Bethesda si stia giungendo a quella maturazione tecnico-artistica tanto agognata e che l’appeal sia grafico che computazionale di quanto visto sul maxischermo del Dolby Theater dia (finalmente aggiungerei) una netta sensazione di distacco da quanto visto fino a qualche mese fa e la certezza che tutto ciò sia possibile solo ed esclusivamente su macchine di nuova generazione.
Come in una partita a scacchi i dirigenti della software house americana hanno mosso di anticipo, prevedendo i movimenti dello scenario videoludico attuale e portando all’attenzione dell’utenza tre titoli tripla A, due dei quali con data di uscita ben determinata (10 Novembre 2015 Fallout 4 e Primavera 2016 Doom), due titoli mobile che vanno a strizzare l’occhio ad un sempre maggiore parco utenti (The Elder Scrolls: Legends e Fallout: Shelter, ambedue esclusiva iOs), la remastered (immancabile in qualsiasi line-up che si rispetti…) di Dishonored e due giochi always online (The Elder Scrolls Online: Tamriel Unlimited e Battlecry) che vanno a completare, prestando però il fianco alle uniche critiche di tutta la conferenza, una line-up spaziale ed altrimenti inattaccabile.
Tradizione re-interpretata nel segno dell’innovazione: che si parli di Doom o di Fallout, Bethesda gioca sul sicuro, attingendo a piene mani dall’immaginario collettivo di un bacino di utenza fatto di aficionados e nostalgici, non lesinando però nella strategia di attacco volente in riproduzione/aggiunta/innovazione, al fine di battere subito la diffidenza della platea e giungere, immediatamente ai cuori (ed alla cima delle wishlist di mezzo mondo) degli utenti tutti.
Una conference fatta di molti alti e di qualche “basso” che andrà verificato nei mesi a venire ma che pone, globalmente, Bethesda in una posizione di sicuro vantaggio che le permetterà di continuare nel segno del successo una storia, oramai pluriventennale, fatta di dedizione nei confronti della clientela e di un rapporto di fiducia immarcescibile instaurato con la fanbase tutta.
Se a ciò aggiungiamo il gentile omaggio dei Funko Pop Bethesda in edizione limitata E3 2015… cos’altro si può chiedere a questa “fabbrica di sogni digitali”?
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