Los Angeles – Il cielo è il limite? Se lo riuscite ancora ad affermare con un briciolo di serietà, significa che non avete seguito alcun sito o blog d’informazione negli ultimi due anni, o peggio ancora, che non avete dato neanche un’occhiata alla Press Conference di Sony, una conferenza memorabile, da antologia. La storia di No Man’s Sky è di quelle toccanti, quelle da American Dream, ma senza l’esasperazione della componente economica. No, non la “storia” in senso stretto, non l’accozzaglia di dialoghi e sequenze video montate ad hoc per dare al giocatore il tempo di tirare il fiato tra un combattimento e l’altro, come accade sempre più spesso in industry sempre più satura e stanca.
Di quelli No Man’s Sky ne farà volentieri a meno, così come di villaggi e di agglomerati urbani in senso stretto: uno dei tanti obiettivi che si è posto Sean Murray, il genio sognatore dietro questo incredibile progetto, e i suoi baldi (e pochi, solo 9) compagni di avventura di Hello Games, è quello di offrire ai giocatori una frontiera inesplorata, un Far West spaziale, una Terra, anzi, un Cielo di Nessuno, fatto di creature ai limiti dell’onirico, di pirati spaziali, di fazioni coinvolte in un’eterna lotta con le quali schierarsi, o da ignorare totalmente durante le proprie personalissime scorribande. È davvero difficile credere che un team situato in una cittadina del Sud-Est inglese, conosciuto unicamente per i suoi “giochini” mobile (i due divertentissimi Joe Danger) potesse essere in grado anche solo di concepire una qualcosa del genere, figuriamoci svilupparlo, dargli vita e giocarlo prima al cospetto della mostruosa platea (sia fisica che virtuale) della conferenza Sony (uscirà prima su PS4 e successivamente su PC), e poi di un ristretto numero di membri della stampa qui all’E3 di Los Angeles.
La generazione procedurale e la presenza di un’infinità di pianeti dalle dimensioni clamorose da esplorare, che ruotano e promettono di offrire un ciclo giorno-notte unico e astro-fisicamente accurato, non fanno altro che accrescere i timori di ritrovarsi tra le mani un noioso grumo di bug e di pixel che si auto-digeriscono fino a costringere tanto PS4 quanto PC ad andare in freeze, o in maniera ancor più drastica, a disattivarsi in eterno per puro spirito di sopravvivenza. Lo stesso Sean ha messo le mani avanti in più di un’occasione, pregando e sperando di non assistere ad alcuna implosione durante la sua prova, ma ci pensano i manti erbosi e le apparentemente pacifiche creature del luogo di atterraggio a calmare gli animi, e non solo per l’atmosfera surrealmente bucolica che caratterizza ogni calma prima della tempesta che si rispetti.
L’essenza sandbox e il peso delle scelte e del comportamento del giocatore vengono fuori da un primo, semplice e casuale gesto: un simil-montone che parte improvvisamente alla carica, e qualche colpo di blaster che la termina drasticamente. Il “disturbo della quiete pubblica” scatena l’ira delle sentinelle, che prenderanno numerose forme ma che condivideranno tra di loro l’estremo desiderio di annientarvi, e di rispedirvi a casa vostra, in quanto invasori del loro pacifico pianeta: partirà una caccia all’uomo (segnalata da un livello Ricercato simile a quello dei Grand Theft Auto) che, almeno ai livelli inferiori, sarà limitata alla sola “giurisdizione” di dove è accaduto il fattaccio.
Ma perché usare la violenza? Sarebbe bastato sparare qualche colpo per spaventare la bestiola e farla tornare sulla sua strada, o fuggire con la propria astronave alla prima avvisaglia di offensiva delle sentinelle. Ogni giocatore potrà quindi decidere come vivere la sua avventura, senza il bisogno di racchiudersi in schemi preconfezionati come classi o altro: è una pura e semplice questione di filosofia.
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