Los Angeles – Sembra assurdo, ma ogni tanto ti viene veramente da pensare che negli uffici di Naughty Dog sia già arrivata la PlayStation 5. Quando gran parte delle software house più quotate tira fuori dal cilindro titoli tecnologicamente all’avanguardia e visivamente strepitosi, lo sviluppatore californiano se ne esce allo scoperto dopo un po’ e boom, cala una briscola così clamorosa da ridefinire completamente il significato dell’espressione next-generation. Uncharted 4: A Thief’s End, senza mezzi termini, è quanto di meglio l’industria del videogioco sia riuscita a creare sino a questo momento: un prodigio tecnologico che non teme rivali, con un livello di fotorealismo inedito anche sull’ammiraglia Sony e una realizzazione dei personaggi principali destinata a far scuola da qui a parecchi anni a venire.
Nella cornice di un booth Sony pieno zeppo, siamo riusciti ad eludere la lunghissima fila per assistere ad una presentazione esclusiva del nuovo capitolo di una delle saghe più iconiche e fortunate dell’universo PlayStation. Una presentazione hands off lunga, emozionante e ricca di novità interessanti, che partendo da quanto mostrato qualche giorno fa alla Memorial Sports Arena, ci ha mostrato cosa significhi essere un cacciatore di tesori in questa generazione videoludica. E sì, è un lavoro tutto tranne che facile.
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Tutto inizia in un pomeriggio assolato nel mezzo di un piccolo mercato locale, apparentemente in qualche regione sperduta dell’Asia. Sappiamo benissimo che Nathan Drake ha un’abilità segreta in cui eccelle, quella di attirare i guai. Quelli grossi, quelli armati fino ai denti che ti vomitano piombo addosso e ti braccano incessantemente. Quelli che in un battere di ciglia trasformano un mercato pieno di gente tranquilla in un Far West due (Nate e Sully) contro un esercito, con tanto di blindato con torretta mitragliatrice. In questa fase iniziale possiamo apprezzare le consolidate meccaniche tipiche dello sparatutto action in terza persona, con particolare enfasi al sistema di coperture (aspetto in cui Uncharted eccelle dal primo episodio) e al set di armi a disposizione del nostro eroe, tradizionalmente aggiornabile con gli armamenti lasciati dai cadaveri dei nostri avversari.
Tra una schivata, un colpo sparato alla cieca e un paio di scatti indemoniati i nostri eroi riescono ad eludere la prima ondata nemica, evitando la pioggia di proiettili della mitragliatrice per raggiungere poi i tetti. Nonostante l’età dobbiamo ammettere che Sully si difende ancora alla perfezione, riuscendo addirittura a salvare la vita a Drake nel mezzo di un’imboscata non prevista. Un’altra manciata di salti ed ecco che ci troviamo di fronte alla prima vera novità della serie, i veicoli. Nathan e Sullivan montano a bordo di una jeep, nel tentativo disperato di sfuggire ai mezzi nemici (armati fino ai denti), che non sembrano intenzionati a lasciarsi sfuggire il prezioso duo.
Pur non trattandosi di un’open world nel senso stretto del termine, questa porzione di gioco mette a disposizione un nugolo dedalico di stradine secondarie, da sfruttare opportunamente per cercare di ridurre al minimo il contatto con i mitragliatori nemici. Lo ripetiamo, non stiamo certo parlando di una mappa alla Just Cause 3: certo è che la presenza di bivi più o meno complessi abbatte completamente quella sensazione di linearità dei precedenti capitoli, dando maggior peso alle decisioni in tempo reale dei giocatori. Che avranno comunque il loro ben da fare per mantenere la jeep sull’asfalto.
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