Afro Samurai 2: Revenge of Kuma
Chi l’avrebbe mai detto? Il primo Afro Samurai non era un capolavoro, aveva i suoi pesanti problemi, eppure godeva di una personalità così unica e strabordante da essersi ritagliato un posto d’onore del cuore di un buon numero di giocatori, ma il fatto che sia pronto a tornare con un seguito, persino diviso in trilogia, significa che o ha venduto così tanto da esserselo meritato di diritto, oppure che i ragazzi di Redacted Studios adorano il rischio. Per chi non ne avesse mai sentito parlare, il nome la dice lunga: un samurai con tanto di katana e di kimono che sembra provenire direttamente dai campetti di basket di Harlem, con la sua voce black e profonda, e la sua strafottenza tipica di chi è nato e vissuto su strade poco raccomandabili. Questo nuovo trittico di titoli si concentra sulla figura di Kuma, l’amico d’infanzia di Afro, che è tornato dall’Inferno trasformato in una macchina da guerra metà uomo, metà orsacchiotto tanto coccoloso quanto killer (ma tranquilli, le stranezze non finiscono qui).
Peccato che definirci “delusi” da quel che abbiamo provato ad L.A. sia un delicato eufemismo: una sequenza introduttiva ai limiti del delirante, con una lunga sessione di dialogo in cui una calda voce femminile stride non poco, farneticante com’è, con l’ambientazione orientale e la tonalità seppia che provano ad insinuarsi nello spirito del giocatore. Quando poi parte uno dei tutorial più insensati e fastidiosi degli ultimi anni, la frittata sembra ormai essere già fatta: lunghi, interminabili e noiosissimi minuti di animazioni legnose e di uno sfondo totalmente bianco, una sorta di buco dimensionale nel quale esercitarsi momentaneamente con le combo, senza un criterio ben preciso da seguire, o uno stimolo a perfezionare la propria tecnica. Si resta lì a premere tasti passivamente, fino a che, quasi 10 minuti dopo di combo effettuate correttamente, si prosegue con il nonsense più totale tra dialoghi a casaccio e mix d’atmosfera che tanto convinsero col primo, ma che ora risultano abbastanza ridicoli. Prima impressione davvero pessima: il buon Afro merita di sicuro maggior rispetto, ora che si appresta a raggiungere PS4 ed Xbox One (oltre al PC).
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Armikrog
Altra nuova IP particolarmente originale, altro team composto da navigati membri dell’industry, i ragazzi di Pencil Test Studios, che nel loro portfolio annoverano un certo Earthworm Jim, oltre a collaborazioni prestigiose con Disney, Pixar e Activision, sia in ambito videoludico che cinematografico, esperti di animazioni come sono. Ed Armikrog ne è una prova, essendo un’avventura punta e clicca abbastanza classica e vecchia scuola, ma dal comparto artistico unico, totalmente realizzata in stop motion con pupazzi di argilla, dotati di un design e di una personalità davvero particolari e fuori dal comune, a partire dai nemici che dovranno affrontare i due eroi, Tommynaut e il suo cane alieno parlante, Beak-Beak, i quali dovranno fuggire dalla fortezza nella quale sono stati imprigionati a suon di puzzle da risolvere cliccando qua e là nelle coloratissime location. Un’esperienza sicuramente fuori dagli schemi.
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Guild of Dungeoneering
Stufi dei soliti dungeon crawler tutti uguali tra loro? Il titolo degli irlandesi Gambrinous fa decisamente al caso vostro: alla base dell’originale concept c’è il dungeon mastering, ma come si evince dal titolo, c’è una certa componente “ingegneristica” dietro che rende il tutto più entusiasmante. Invece di controllare il protagonista, il giocatore dovrà infatti creare il livello attorno all’avatar, che agirà (più o meno) in maniera indipendente, e subirà le decisioni “dall’alto”: in ogni turno avrete delle carte da cui attingere, con le quali potrete posizionare incroci, curve e tracciati per raggiungere il boss o del ricco (ed immancabile) loot, ma potrete anche cambiare la classe al personaggio, gli incantesimi che potrà castare, e la tipologia di armi. Una sorta di Munchkin in versione videogame, praticamente. Una volta incontrato un nemico, si entrerà in battaglia, con un mazzo di carte differente che permetterà di attaccare, difendersi, o aggiungere effetti positivi e negativi ai combattenti. C’è poi un sistema di dinastia (legato alla Gilda del titolo) simile a Rogue Legacy, con tanto di lapidi in memoriam dei compagni caduti in battaglia, il tutto con uno stile artistico originale e in bianco e nero, con qualche colore a distinguere le fazioni e/o gli oggetti con i quali interagire. Disponibile dal 14 luglio, promette di essere una rinfrescante rivisitazione del genere.
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KYN
L’ultimo titolo è quello forse più classico e “banale”, in quanto RPG a visuale isometrica di diablesca memoria, ma tra l’atmosfera sognante e il mix tra vichinghi e magia, prova comunque a farsi notare nella massa di esponenti del genere. Sviluppato da due giovani olandesi, KYN è un’esperienza rigorosamente single player, che unisce l’esplorazione e la caccia del loot tipica di Diablo e co. al combattimento party-centrico più tattico e pensato rispetto al mero “clicca clicca” più consono al genere, con tanto di slow-motion da sfruttare per ponderare meglio gli attacchi, e un’ambiente di gioco da sfruttare astutamente piazzando trappole e, più in generale, da utilizzare contro gli avversari a proprio vantaggio. Non manca all’appello il crafting system, che permette di unire più di 100 materiali elementali e creare potenti armi ed armature, dando la possibilità di mixare praticamente qualsiasi elemento tratto dai cadaveri ancora fumanti dei nemici. Dal punto di vista tecnico non brilla assolutamente, ma in compenso recupera con una direzione artistica ispirata e piacevole, tra lande innevate, antiche rovine e valli erbose e coloratissime da esplorare in lungo e in largo, al comando di 6 baldi eroi.
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