Non tutti meritano il Valhalla, e il creatore di Ninja Gaiden, Tomonobu Itagaki, lo sa bene: per arginare il problema ha infatti creato un suo Valhalla personale, uno studio di sviluppo indipendente che dalle ceneri di THQ ha cercato senza sosta di dare alla luce il suo primo lavoro. Ha trovato una Nintendo affamata di titoli esclusivi, e una console che ne ha un disperato bisogno: Wii U.
Devil’s Third dev’essere però il frutto di qualche macchinazione diabolica, perché sin dal primo avvio ci si accorge che le cose non vanno per nulla bene, e che ciò che abbiamo di fronte deve essere per forza la conseguenza di qualche punizione divina, o una prova di dubbio gusto, come quelle inflitte ad Ercole nella sua leggendaria storia. Quello che sto cercando di esprimere, con una certa dose di amarezza, è che l’opera prima della carriera indipendente di Itagaki non funziona, in nessuna delle sue molteplici “anime”.
La storia, se così la si può definire, parte subito in quarta (nel modo sbagliato) e ci presenta Ivan, il nostro protagonista, alle prese con un assolo di batteria nella cella di una prigione di massima sicurezza. Gli Stati Uniti d’America hanno però bisogno di lui, e viene così liberato per fermare un gruppo di terroristi, per cui lui lavorava, che hanno ottenuto i codici per l’autodistruzione dei satelliti. Inizia così la nostra corsa in giro per il mondo, per acciuffare Big Mouse, una procace donna in tuta attillata e molto altro. Una corsa che però fatica ad andare nella giusta direzione, e si presenta come un miscuglio mal riuscito, ma davvero tanto, del Tarantino di Kill Bill o del Kojima più puro, affamato di spiegoni di fantapolitica. Anche il susseguirsi delle location non ha il benché minimo senso della logica, e ci ritroveremo spesso di fronte a nemici che gettano alle ortiche quel poco di coerenza stilistica e narrativa presente nei primi capitoli della storia. Ninja Gaiden è solo un lontano, e piacevole, ricordo. [adinserter block=”1″]
In tutti i sensi, perché pur sorvolando sulla componente narrativa, per “godere” di un titolo come Devil’s Third bisogna scendere a patti anche con il sistema di combattimento, un vero e proprio insulto agli action game che lo stesso Itagaki aveva contribuito a far evolvere. Il nostro tatuato Ivan potrà utilizzare il corpo a corpo, o imbracciare svariate armi con cui sterminare i propri nemici: due facce della stessa medaglia, due facce di un sistema che semplicemente non funziona. Il corpo a corpo, pur permettendo di adoperare martelli, machete e quant’altro, è ripetitivo e non c’è un’effettiva differenza nell’utilizzare un’arma piuttosto che un’altra. Cambiano le finisher, dove il nostro Ivan fa a pezzi i nemici in un turbinio di sangue fresco, che rappresenta il punto più alto di divertimento raggiunto dal titolo.
Imbracciando le armi, l’equazione non cambia: il gameplay è basato infatti sulle coperture, ma per un corretto utilizzo delle armi da fuoco bisogna utilizzare la prima persona, con il fucile che copre il 70% della visuale ed una reattività semplicemente indecente. Sparare con rapidità e precisione è utopia, come lo è pensare di poter effettuare delle raffiche laterali per colpire più nemici. Siamo di fronte ad nuovo esempio di “non-gioco”, ovvero di un titolo che non riese a proporre una sfida divertente ed entusiasmante perché semplicemente fatto male, un esempio di cattivo game design applicato ad un genere che ha la sua ragion d’essere proprio nel sistema di combattimento.
Se aggiungiamo alla ricetta una componente grafica semplicemente imbarazzante, con relitti grafici che nemmeno la Playstation 2 degli ultimi anni, è chiaro che la situazione non è per niente rosea, è che qualcosa è andato storto fin dal principio. Risulta quindi più chiara la questione legata alla mancata pubblicazione (per ora) del titolo in America, con una Nintendo forse poco incline a portare sulle sue spalle una macchia davvero indelebile.
Ci riserviamo l’onere di dare un giudizio definitivo in sede di recensione, quando avremo avuto modo di provare (server vuoti permettendo) la componente multigiocatore e qualche attività extra. Per ora, siamo di fronte ad un prodotto difficile da digerire e imbarazzante sotto molti punti di vista. Viene da chiedersi: Itagaki ci fa o ci è? Ma questa è una domanda a cui probabilmente non riusciremo mai a dare risposta.
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