Colonia – Il mito del guerriero della strada è figlio degli anni ’80, con un George Miller che è riuscito a dare vita ad un immaginario post-apocalittico che influenzerà molteplici opere, anche dopo trent’anni. Grazie a Fury Road, che è arrivato in tutto il mondo provocando un frastuono senza precedenti vista la sua eccezionale qualità, il buon vecchio Miller ha preso le basi da lui stesso create e le ha usate per costruire qualcosa di nuovo, folle, grottesco.
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I ragazzi di Avalanche Studios, noti per Just Cause, sono stati chiamati da Warner Bros per dare a Max Rockatansky una controparte videoludica che incarni tutta la sua follia. Pur non ricollegandosi al film, il titolo pesca a piene mani dalla nuova mitologia (Gastown, Immortan Joe ed i War Boys per capirci) e li inserisce in quella che è a tutti gli effetti un’avventura a se stante. Durante la GamesCom abbiamo scoperto qualcosa di più su Mad Max, e la potenza del V8 sembra esserci tutta!
La demo da noi giocata si apriva con la personalizzazione della Magnum Opus (l’auto di Max), con una stratificazione impressionante di opzioni che ci hanno permesso, in pochi secondi, di cambiare stile di gioco per adattarlo alle nostre preferenze. Dalla carrozzeria fino ad accessori extra come gli sputafiamme laterali, il nostro veicolo è chiaramente l’arma più preziosa nel pericoloso mondo post-apocalittico del gioco. Dopo qualche secondo siamo stati gettati subito nella mischia, con una missione che aveva luogo a circa il 40% del gioco, e che mostrava già una certa complessità e varietà di opzioni e approcci differenti. Pad alla mano, la guida sviluppata dai ragazzi di Avalanche è estremamente arcade, ma non rinuncia a trasmettere una certa pesantezza e precarietà (soprattutto vista la conformazione del terreno): resta il fatto che scorrazzare per la wasteland a bordo della Magnum Opus resta un piacere immenso, tra turbo e le possibilità offerte dall’arpione e dalle possibili interazioni ad esso legate. Come accennato prima, la macchina è la nostra arma principale, e passeremo moltissimo del nostro tempo su di essa. In questo senso, la componente legata alla personalizzazione, unita alla fluidità con cui si accede alle diverse opzioni (il nostro aiutante potrà riparare la macchina in corsa) rende l’esplorazione su auto riuscita e convincente, soprattutto per un titolo che richiederà molte ore per essere esplorato a fondo.
Il nostro obiettivo in questa occasione era molto semplice e diretto: aiutare Pink Eye, tenuta prigioniera in una roccaforte, per ottenere informazioni necessarie al proseguo della nostra missione principale. Dopo esserci fatti largo nell’immensa mappa open-world, siamo giunti nell’avamposto dei figli della guerra, dove abbiamo dovuto sfruttare l’arpione per eliminare due problematiche catapulte: l’idea di combinare diverse qualità della magnum opus funziona, soprattutto nell’ottica di offrire una sfida maggiore nelle missioni avanzate. Siamo quindi scesi dalla macchina e abbiamo avuto il piacere di farci strada per la roccaforte a suon di pugni, con qualche enigma ambientale di mezzo a spezzare il ritmo di gioco. Il sistema di combattimento, chiaramente mutuato dalla formula sviluppata da Rocksteady, funziona e offre qualche spunto differente rispetto al resto: pur funzionando allo stesso modo e basandosi sul sistema di contrattacchi, i nemici sono più reattivi e per effettuare un contrattacco efficace non basterà solamente premere il tasto designato, ma premerlo anche con il giusto tempismo, quasi come un rhythm game.
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