Colonia – Uno degli aspetti più interessanti di una fiera come la gamescom è lo spazio dedicato agli sviluppatori indipendenti. Nascosti tra le triple A di cui tutti parlano, immersi nei booth svafillanti e rumorosi, è possibile trovare titoli indie dannatamente interessanti, magari ingiustamente lontani dalla luce dei riflettori: SUPERHOT, esclusiva di casa Microsoft per Xbox One e Windows 10, è esattamente uno di questi. Il che per certi versi è strano, considerando la sua direzione artistica tanto eccentrica quanto accattivante. Eppure il titolo sviluppato dai ragazzi del SUPERHOT team non solo ha carisma da vendere, ma allo stesso tempo offre delle meccaniche di gioco così rivoluzionarie e inedite all’interno del panorama FPS da meritare qualcosina di più della semplice attenzione.
Spiegare per bene il funzionamento di SUPERHOT è abbastanza difficile – siamo di fronte ad uno di quei rari casi in cui non c’è modo migliore per capire cosa fare se non farlo veramente. Mettiamola così: in SUPERHOT lo scorrere del tempo dipende in modo pressoché totale dal movimento del giocatore. Ogniqualvolta il nostro alter ego rimane fermo, l’universo attorno a lui compie movimenti microscopici (qualcosa dell’ordine di un paio di frame per ogni secondo). Possiamo comunque utilizzare lo stick destro per quardarci attorno senza che esso riprenda a fluire normalmente: e fidatevi, ne avrete parecchio bisogno.
Difficile dare un contesto narrativo a questa piccola perla indie, vista l’assenza quasi totale di testo su schermo (ad esclusione di qualche scritta alquanto ermetica, il cui significato auspichiamo diverrà più chiaro dopo la release completa del gioco). Diciamo che il nostro PG è un perfetto sconosciuto braccato per qualche motivo da altri sconosciuti, che non vedono l’ora di abbatterlo. Nelle quattro sezioni di gioco che abbiamo affrontato (una stazione metropolitana, un parcheggio e due location interne) abbiamo potuto farci strada a suon di cazzotti (pochi) o utilizzando una pistola soffiata ai nostri inseguitori, fermo restante che non avremo mai un’indicazione sul numero dei proiettili rimasti.
Detta così, lo ammettiamo, la situazione è ancora abbastanza fumosa. L’idea alla base di SUPERHOT, in realtà, dona al gameplay un twist davvero inaspettato e, al contempo, offre un livello di sfida tutto tranne che trascurabile. Il motivo è presto detto: nulla è come sembra. Sparare ad un nemico in movimento, ad esempio, è più difficile di quello che sembra, visto che nel lasso di tempo che intercorre dalla fuoriscita del proiettile dalla canna della pistola all’impatto col bersaglio passa del tempo, per quanto poco. E in questo intervallo, la posizione del nostro target sarà sicuramente cambiata: risultato, è necessario compensare ogni colpo che andremo a sparare, supponendo “a naso” quale sarà la giusta posizione di impatto del proiettile, tenendo in considerazione la distanza tra noi e il bersaglio e la velocità con cui si muove.
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E questo è solo l’inizio. Nessuno vieta che, nei secondi in qui il tempo scorre normalmente (per intenderci, quello in cui stiamo effettivamente compiendo qualche azione che non sia la semplice rotazione della telecamera), qualcuno non arrivi alle nostre spalle silenziosamente e ci abbatta. Anche perchè, sappiatelo, trovarsi contro tre o quattro nemici senza sapere quanti proiettili rimangono in canna, il più delle volte conduce al retry. Risultato, in SUPERHOT ci si muove davvero il minimo possibile, studiando al meglio l’ambiente attorno a noi per poi “agire” soltanto quando si è convinti di quello che si voglia fare. Il tutto, ovviamente, spremendosi le meningi per calcolare il colpo perfetto e studiando quale possa essere l’ordine di attacco migliore per uscire indenni.
Anche perché, ce ne stavamo dimenticando, anche qui vale la legge del one shot one kill. Fortunatamente, è possibile individuare con un paio di secondi di anticipo la direzione di provenienza dei nostri nemici (rappresentati da manichini di color rosso acceso), che presenterà un’illuminazione diffusa dai toni tendenti al rossastro. La necessità di calcolare ogni singolo movimento, unita alla sensazione davvero insolita di “comandare” il tempo e al fatto che persino il semplice sparare un proiettile o tirare un pugno sono azioni che richiedono secondi per essere effettuate (e dunque non sono istantanee come in gran parte dei titoli sul mercato) rendono l’esperienza di gioco notevolmente più complessa, ma allo stesso tempo accattivante.
Accattivante come la direzione artistica di questo SUPERHOT, estremamente minimalista nel bianco asettico dei fondali e nel rosso acceso delle sagome che si palesano di fronte a noi. Una scelta geniale dello sviluppatore, che sembra quasi voler obbligare il giocatore a concentrarsi sulla dinamica dell’azione e sulle minacce che incombono senza distrarlo con inutili fronzoli. Il risultato è dannatamente brillante nella sua semplicità.
SUPERHOT non è un gioco per tutti: e badate, questa non è affatto un’affermazione negativa. Al contrario, questo piccolo gioiello indipendente manda bellamente a farsi benedire le meccaniche più tradizionali dello sparatutto in prima persona e ne inventa delle proprie, articolando l’intero gameplay attorno ad un concetto tanto rivoluzionario quanto arzigogolato che è impossibile non restarne ammaliati. Decidere lo scorrere del tempo, a ben vedere, è facile solo a parole: e la necessità di compensare, calibrare e determinare “matematicamente” in pochi secondi un numero di variabili non sempre trascurabile fanno di SUPERHOT un gioco sì complicato (oltre che complesso), ma allo stesso tempo lo rendono capace di offrire una sfida entusiasmante e coinvolgente – nonostante l’evidente scripting legato alla generazione dei nemici. Un titolo per chi ama le sfide impegantive ma che, lo ripetiamo, vi terrà incollati allo schermo per parecchio tempo. A patto che rimaniate fermi.
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