News 26 Ago 2015

Until Dawn – Recensione

Prendete otto adolescenti, quattro ragazzi e altrettante ragazze in piena crisi ormonale. Metteteli per un fine settimana in un posticino sperduto, uno chalet disperso nel mezzo di un enorme bosco sulle montagne ad esempio. Metteteci l’inverno, la neve e il freddo, la voglia di sballarsi per un paio di giorni lontano da tutto e da tutti. Musica, alcool, magari pure un po’ di sano sesso lontano da occhi indiscreti. La ricetta perfetta per il weekend perfetto, vero? Poi però qualcosa va storto. Il meccanismo si inceppa, la magia finisce ancor prima di iniziare, e quella che sembrava la notte dei sogni si trasforma in un incubo ad occhi aperti, un gioco del gatto e del topo dove il felino appare imbattibile e, da qualsiasi parte ti giri, non sembra esserci via d’uscita. Non male, come “serata movimentata”.

Chiunque abbia vissuto i teen-horror degli anni novanta difficilmente non avrà provato un senso di déjà vu. Loslasher adolescenziale, il gruppetto di amici braccati da un qualcosa ben più grande di loro che troverà pace soltanto quando, uno dopo l’altro, saranno stati uccisi – e inutile dirlo, nei modi più violenti e dolorosi possibili. Perché nell’horror uccidere è un’arte, dopotutto: e basta un semplice coltellaccio arrugginito per scatenare la propria creatività. Until Dawn è tutto questo, e forse pure qualcosina in più: un omaggio allo slasher per teen, per ragazzi, prodigo tuttavia nel citare capisaldi del genere come Non Aprite quella Porta, Scream o Venerdì 13.Un titolo insolito e lontano dal concetto classico di videogioco, dove la storia fa da padrona e dove nulla conta di più delle scelte del giocatore. Soprattutto quelle sbagliate…

Until Dawn

Piattaforma: PS4

Genere: Horror Adventure

Sviluppatore: Supermassive Games

Publisher: Sony

Giocatori: 1

Online: No

Lingua: Completamente in Italiano

Versione Testata: PS4

Until Dawn non è propriamente quel genere di gioco che potremmo definire popolare. Traendo ispirazione dall’operato di David Cage e i suoi Quantic Dream, Supermassive Games crea un’avventura interattiva in salsa horror, per certi versi erede diretta dei vecchi adventure games (noti anche come “punta e clicca”) dalla quale raccoglie come lascito la totale devozione agli eventi narrati. La storia prima di tutto, insomma, a discapito di un gameplay dalle meccaniche estremamente elementari che si riducono all’esplorazione delle varie aree di gioco e agli immancabili Quick Time Events, di cui parleremo a breve. Il che, badate, non è assolutamente un male:Heavy Rain, giusto per citare nuovamente Cage, ne rappresenta indubbiamente l’esponente più illustre e, allo stesso tempo, apprezzato dalla critica. Siamo tuttavia di fronte all’esponente di un genere che vive agli estremi, per il quale la legge delle mezze misure non trova applicazione: o lo si ama, o non lo si può vedere. E, questo, indipendentemente dal fatto che vi piaccia o meno il genere Slasher.

Per quanto si tratti di una delle due colonne portanti di Until Dawn, preferiamo darvi soltanto alcuni cenni della sua trama, lasciandovi poi il piacere (o lo stupore) della scoperta una volta afferrato il pad. Un anno esatto dopo la triste scomparsa di due amiche, le gemelle Hannah e Beth Washington, un gruppo di otto ragazzi (sette amici stretti e Josh, il fratello delle vittime) decidono di ritrovarsi nella casa di famiglia a Blackwood Pines – località boschiva di montagna, raggiungibile soltanto grazie ad una funivia. Il ricordo della scomparsa è ancora forte, ma lo scopo della reunion organizzata da Josh è semplice: festeggiare e lasciarsi i brutti ricordi alle spalle. Perché il tempo del lutto è finito, e la vita deve andare avanti. Peccato che gli scheletri negli armadi degli otto amici non saranno l’unica cosa a tormentare un allegro fine settimana di relax. Al calare dell’oscurità, un’ombra si muove minacciosa calpestando la neve attorno allo chalet: un’ombra non certo amichevole, che potrà colpire indisturbata fintanto che l’oscurità rimane. E se i topolini non hanno alcuna via di fuga dall’abisso in cui sono entrati, l’unica speranza a cui affidarsi è l’alba

Gli scheletri negli armadi degli otto amici non saranno l’unica cosa a tormentare un allegro fine settimana di relax.

Da un punto di vista narrativo Until Dawn offre complessivamente un ritmo incalzante, col classico inizio “in sordina” dove gli eventi iniziali vengono dipanati astutamente ad un giocatore che, tra un colpo di scena e l’altro, finisce per ritrovarsi quasi spaesato quando la situazione precipita bruscamente. La sceneggiatura ricalca abbondantemente gli standard dei teen horror più classici, soffrendo non di meno di ottimi alti e evidenti bassi che, proprio nelle fasi finali, si fanno sentire in modo più brusco. Non potevamo certo aspettarci una regia allaKubrick da un prodotto che si rifà ad una cinematografia estremamente sui generis: tuttavia, alcuni passaggi critici potevano essere affrontati diversamente, nonostante l’elevato numero di possibilità a disposizione del giocatore. Ottima invece la caratterizzazione dei personaggi, che ricalcano alla perfezione i cliché del filone: dalla biondina insipida interessata solo al divertimento alla moretta insopportabile e arrivista, passando per il fidanzatino sempre gentile (al limite dello zerbino) o per il belloccio coraggioso e sciupafemmine. Seppur esasperati, il che probabilmente rappresenta una scelta dello sviluppatore, i tratti emotivi dei protagonisti si delineano rapidamente e, alla stessa velocità, convincono il giocatore, che finisce per schierarsi con uno piuttosto che con un altro in modo del tutto naturale. E ammettiamolo, in più di qualche circostanza si finisce per pensare ad una dipartita “accidentale”.

Ma veniamo all’aspetto imprescindibile del gameplay di Until Dawn: la scelta. O il Butterfly Effect, per usare l’esatto nome con cui, nelle circa otto ore di playthrough che ci aspettano, viene identificata ogni “decisione” critica presa del giocatore. Il riferimento – ormai di uso comune – alla conferenza del meteorologo statunitenseEdward Lorenz ( “Può, il batter d’ali di una farfalla in Brasile, provocare un tornado in Texas?“) è palese, ma racchiude in sé una potenzialità tutto tranne che indifferente. Molte delle scelte che andremo a fare, infatti, non solo influiranno negli istanti immediatamente successivi, ma potranno avere effetto anche su altre persone, a ore di distanza. In alcuni casi, tanto per essere chiari, potranno salvare una vita, in altri sancire una condanna a morte. Un’idea brillante sulla carta, che trova un pregevole riscontro anche nel gameplay vero e proprio. Non sono mancate un paio di occasioni, infatti, in cui ci siamo ritrovati in situazioni spinose e, una volta capito il motivo, a maledire quella scelta sventurata effettuata un paio di capitoli prima.

Fortunatamente, non tutte le decisioni da intraprendere avranno questo peso. La quantità di “farfalle” nel menu Butterfly Effect basta però a capire come, a conti fatti, una semplice scelta può rivoluzionare l’andamento della storia: anche perché, diciamocelo chiaramente, se uno dei ragazzi dovesse morire per qualche ragione, lo spettacolo andrà avanti senza di lui. La presenza o meno di un personaggio ad uno specifico punto della narrazione può instaurare una piccola reazione a catena, con esiti non sempre così prevedibili. Peccato che, forse in maniera un po’ troppo furba, parte dello spettacolo venga riservata nelle battute conclusive. Tuttavia, questo gioca chiaramente a favore di un secondo “giro in giostra” una volta completata l’avventura, anche se – badate – la storia in sé non verrà mai completamente stravolta e l’effetto sorpresa finisce per calare.

Molte delle scelte che andremo a fare potranno avere effetto anche su altre persone, a ore di distanza.

La presenza di un numero ragguardevole di finali diversi rappresenta un pungolo ulteriore alla sperimentazione, anche se le differenze che ne sussistono sono spesso marginali e si limitano in molti casi alla presenza/assenza di un dato personaggio. Più stimolante, invece, è la ricerca dei collezionabili, che spaziano dai numerosissimi documenti o artefatti utili a ricostruire la terribile storia che si nasconde in quel luogo maledetto, ai Totem, statuine di legno che “regalano” presagi di morte o preziose visioni del futuro. E sì, in almeno due occasioni il loro aiuto è stato fondamentale. L’aspetto che tuttavia giova maggiormente alla rigiocabilità è la dinamica delle relazioni all’interno del gruppo. Dissapori, invidie e gelosie sono all’ordine del giorno in una squadra di adolescenti: non è dunque casuale se parte delle scelte che dovremo effettuare andranno a modificare irrimediabilmente il rapporto tra due o più amici. Avere dalla propria parte la persona giusta nel momento del bisogno sancisce la differenza tra la vita e la morte: ecco che dunque, ancora una volta, i Butterfly Effect tornano drammaticamente focali nel decidere cosa sarà non solo del personaggio corrente, ma molto probabilmente di qualcun altro. Potrebbe costarvi persino la testa …

Al netto di questa importanza dell’effetto farfalla, difficile dunque aspettarsi meccaniche elaborate da un titolo story driven per natura: e non è infatti un caso se, tolto il potere “demiurgico” al giocatore, non rimane molto altro da fare se non esplorare le amene località di Blackwood Pines alla ricerca di indizi o sopravvivere ai famigeratiQTE. Il ricorso ai Quick Time Events ci è parso complessivamente ragionato, ed esce impreziosito da alcune trovate brillanti. Nelle situazioni più frenetiche, ad esempio, l’intervallo di tempo a nostra disposizione sarà molto più breve se paragonato alla normalità; in altre circostanze, quelle più critiche, il giocatore dovrà restare completamente immobile per non farsi scovare dalla minaccia. Considerando la sensibilità del giroscopio delDualShock 4, sappiate che si tratta di un’occorrenza facile solo a parole.

In tutto questo, è proprio il sistema di controllo a lasciare un pizzico di amaro in bocca. I frequenti cambi di inquadratura, una regola a cui Supermassive Games non poteva certo sfuggire considerando il taglio volutamente cinematografico imposto ad Until Dawn, obbligano costantemente il giocatore a modificare la direzione impartita tramite stick sinistro. Non che non ci si abitui, ma considerando che l’alternativa a questo sistema (il motion control) è abbondantemente sotto la sufficienza, tocca fare di necessità virtù. Se aggiungiamo una non sempre facile gestione dei movimenti del personaggio, che specie nelle location interne (dove sono presenti più ostacoli e, statisticamente, sono richieste “più manovre”) ha mostrato alcuni leggeri impasse, capirete il perché del nostro disappunto.

Non sempre gli incubi svaniscono all’alba …

Da un punto di vista tecnologico, Until Dawn vanta una riproduzione delle espressioni esemplare – seppur non son mancate una o due occasioni in cui alcuni volti ci hanno strappato involontariamente un sorriso. La paura, l’ansia e la disperazione vengono veicolate alla perfezione nei volti degli otto protagonisti, capaci di bucare lo schermo e, proprio per questo, di creare quel terreno favorevole a destabilizzare e a intimorire il giocatore. Lo stesso discorso si applica solo in parte per il comparto animazioni, fluidissime e precise per la maggior parte del tempo, ma innaturali e poco incisive in alcuni passaggi (ve ne accorgerete, ad esempio, quando Mike dovrà usare una scheda perforata per aprire una porta). Il risultato, complessivamente, è ben al di sopra della sufficienza: questo grazie anche ad una serie di location godibili e accattivanti. Particolarmente ispirate ci sono sembrate le location esterne, anche se la costante oscurità e la tempesta di neve imperversante rappresentano un escamotage intelligente da parte del team di sviluppo per coprire alcune zone meno dettagliate. Di sicuro, anche il setting contribuisce a rendere scomoda la poltrona su cui ci sediamo.

Per quanto concerne il doppiaggio, anche la localizzazione in lingua italiana supera la prova. L’assenza di un lip sync e un voice over a piccoli tratti meno ispirato penalizzano parzialmente il titolo Supermassive, fermo restante che sarà possibile attivare l’audio originale in lingua inglese (di caratura indiscutibile) con sottotitoli in italiano. Grida e urla, a volume ragionevole, fanno comunque un ottimo effetto a prescindere dall’idioma selezionato.

Il trailer mozzafiato di Until Dawn.

In Conclusione …

Volendo essere concisi, potremmo dire senza troppi indugi che, nel caso amaste alla follia tanto loSlasher quanto le avventure in stile Quantic Dream, fareste bene ad acquistare Until Dawn ad occhi chiusi. La sua sceneggiatura, non certo profonda ma accattivante e ben congeniata, e quell’impianto decisionale che ruota attorno al concetto di Butterfly Effect basterebbero da soli a giustificare l’esborso richiesto dall’ultima creatura di Supermassive Games. Una creatura che, a mente un po’ più lucida, offre una notevole serie di pregi: storia avvincente, finali multipli, possibilità di modificare parte degli eventi (o comunque di instaurare concatenazioni di causa e effetto) e quel fascino, quell’indiscutibile fascino tipico della celluloide anni novanta/duemila.

C’è tuttavia un però in questa avventura digitale. Un però che non riguarda tanto l’assenza di meccaniche distintive, ad esclusione di quelle decisionali e dei QTE, quanto piuttosto quell’impressione agrodolce che, soprattutto nelle fasi conclusive, qualcosina in più meritava di essere fatto. Until Dawn parte infatti in modo esemplare, snocciolando (pochi) dettagli all’apparenza marginali per poi centellinare piccoli assaggi di verità, sino al twist vero e proprio. E quando le cose si fanno morbosamente interessanti scivola un po’ troppo rapidamente verso il finale – o meglio, verso uno dei finali disponibili. Non che manchino i colpi di scena, affatto, e vi consigliamo di accendere PlayStation Camera (qualora ne aveste una) per immortalare le vostre espressioni quando li scoprirete: diciamo che la luce del sole arriva con qualche minuto di anticipo. E magari saremo noi ad essere invecchiati a suon di Wes CravenJohn CarpenterSean Cunningham: ma ci piace ancora pensare che, non sempre, gli incubi svaniscono all’alba.

Voto: 8/10

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