News 29 Set 2015

NBA 2K16 – Recensione

Difficilmente nel nostro lavoro riusciamo ad assistere ad un franchise videoludico che migliora costantementeanno dopo anno, lasciandosi dietro nient’altro che una sfilza infinita di successi. Ed è proprio quello che sta accadendo al team Visual Concepts e al loro simulatore cestistico, arrivato quest’anno alla sua 17esima incarnazione. Dopo così tanto tempo viene naturale pensare che quello che si poteva fare è già stato fatto, che sarebbe impossibile tentare di migliorare ulteriormente. Eppure ogni singolo anno, siamo qui, pronti a stupirci nuovamente, a giurare di non aver mai visto un LeBron James così realistico, un insieme di modalità così ricco, un team di sviluppo così appassionato e dedito al lavoro.

Quest’anno NBA 2K16 porta con sé importanti novità: una delle più discusse è senza dubbio la pubblicizzata collaborazione con Spike Lee, regista newyorkese dalla smodata passione per la palla a spicchi (come si evince anche da alcune sue iconiche pellicole).
A detta degli stessi sviluppatori, il suo contributo è risultato fondamentale per rendere la modalità “My Career” più vera che mai, affrontando tematiche mai viste prima d’ora in uno sportivo. Un intreccio narrativo di stampo hollywoodiano che vuole far vestire al giocatore i veri panni della super star nata nel ghetto. Ma tutto questo servirà davvero a migliorare un gioco già di per sé ad un passo dalla perfezione? O rischia di limitarne le potenzialità?

NBA 2K16

Piattaforma: Xbox One/Ps4/Xbox 360/PS3/PC

Genere: Sportivo

Sviluppatore: Visual Concepts

Publisher: 2K

Giocatori: 1-4

Online: 2-10

Lingua: Audio in inglese / Testi in italiano

Versione Testata: Xbox One

Non è mai facile essere il Re. Non avere un avversario con cui confrontarsi, non temere l’agguerrita concorrenza di qualche spavaldo antagonista. È così che deve sentirsi il team di NBA 2K16, quando grazie al suo determinato lavoro, è matematicamente sicuro che la propria simulazione sarà la migliore di sempre. Ma la cosa più incredibile è che lo è davvero. Che, nonostante l’assenteismo ingiustificato di EA Sports degli anni passati e l’ancor più disastroso ritorno sulle scene con la serie “Live”, NBA2K non ha mai venduto tanto perché non c’erano alternative, ma lo ha fatto perché ha continuato ad eccellere sotto tutti i punti vista.

Quest’anno è la modalità dedicata al proprio giocatore quella che subisce le innovazioni più incidenti, grazie alla presenza dietro la macchina da presa del maestro Spike Lee. Regista affermato ed inossidabile fan dei Knicks, Spike Lee ha voluto raccontare la sua visione di “Livin ’Da Dream”, basandosi sull’esperienza personale e attingendo a piene mani da quel film-capolavoro che fu He Got Game.

Il giocatore vestirà infatti i panni di Frequency Vibrations, uno studente di Harlem con un innato talento per il basket. Dopo il trionfo alle scuole superiori e successivamente al College, “Freq” approderà nell’NBA, condividendo il parquet con i più grandi campioni di tutto il mondo. A parte il soprannome altisonante, il personaggio sarà interamente personalizzabile, grazie al gargantuesco editor messo a disposizione da Visual Concepts. Come nelle scorse edizioni, anche in NBA 2K16 sarà possibile scegliere praticamente ogni singolo dettaglio del giocatore impersonato, dalla forma del volto al tipo di capigliatura, dai tatuaggi (alcuni acquistabili poi in un secondo momento) ad eventuali imperfezioni del viso.
Affiancato dai genitori, dalla sorella Cee-Cee e dal suo miglior amico Vic, il nostro protagonista dovrà sostenere la dura vita dentro e fuori dal campo, affrontando verità spesso scomode e controverse. Purtroppo già dalle prime ore di gioco, appare evidente che Livin ‘Da Dream sia solo un mero riempitivo, per giunta fine a se stesso: il potere decisionale sulle nostre azioni sarà pari a zero, impedendo al giocatore di scegliere ad esempio il tipo di scarpe Jordan da mettere in commercio con il proprio nome o se rimanere un anno in più all’università per affinare le proprie abilità. L’unico momento importante, sarà quello della scelta del College, che però non andrà ad influenzare più di tanto il nostro futuro. Proprio come un film, l’esperienza di Spike Lee potrà essere solo guardata passivamente, attraverso l’anno (virtuale) da Rookie che comprende 16 episodi giocabili, ossia 3 partite di high school, 5 partite di college e 8 match NBA.

Il giocatore vestirà infatti i panni di Frequency Vibrations, uno studente di Harlem con un innato talento per il basket

Le lunghe sequenze di dialogo alterneranno i momenti più incisivi della carriera di Freq, mettendo in luce gli aspetti positivi e negativi dell’improvvisa fama raggiunta; la prova attoriale dei protagonisti è incisiva e realistica, segno di una grande attenzione da parte del regista di portare sullo schermo le persone più simili ai personaggi da lui ideati. Ma è proprio la trama a risultare scialba e noiosa, proponendo luoghi comuni visti e rivisti (tra l’altro, proprio in alcuni film dello stesso Lee) e generando ben poche emozioni nello spettatore.
Paradossalmente, è proprio con la fine di Livin ‘Da Dream, che questa modalità inizia ad ingranare e farsi veramente interessante: sbocciano le novità inserite in questo nuovo capitolo, come la possibilità di seguire direttamente gli accordi commerciali attraverso i contatti con il nostro agente Don Pagnotti, oppure gestire gli eventi pubblici assieme alle grandi star del parquet per aumentare la visibilità ed i contatti sui social.

Frequency avrà a disposizione una palestra personale, migliorabile sotto ogni punto di vista, grazie ai guadagni ottenuti dopo ogni partita e dove possono essere organizzate partitelle con gli amici in lista e sfruttare queste occasioni per aggiornare le statistiche. Anche in questo caso l’andamento in partita determinerà eventuali bonus economici e solleciterà i pareri dei fan e dei colleghi, mutando a seconda di numerosi fattori. Ovviamente concludere una partita con un voto alto permetterà di guadagnare più soldi, che potranno essere investiti in uno dei 6 gruppi di abilità dell’atleta, che potrà quindi migliorare in maniera continuativa. Ogni più piccolo aspetto è da tenere sempre sotto controllo, in quanto se sfruttato a dovere, potrà favorire l’ingresso del vostro alter-ego nell’olimpo dei grandi campioni.
Le trattative con le squadre interessate alle nostre prestazioni sono state leggermente riviste e adesso saremo parte attiva nel contratto, potendo finalmente scegliere se chiedere somme di denaro più elevate o un minutaggio più lungo. Non è detto che vada tutto sempre a buon fine e sarà quindi buona regola cercare di non prolungare troppo i tempi, onde logorare la pazienza altrui e far saltare i buoni propositi.

In qualsiasi momento di La Mia Carriera, si può accedere a Il Mio Parco, una mini-modalità online già ampiamente pubblicizzata lo scorso anno ed ora ampliata con 3 grandi città con altrettante fazioni tra cui scegliere. Entrando nel campetto con il proprio sportivo personalizzato, sarà possibile intraprendere dei  match con gli altri giocatori di tutto il mondo in 5 VS 5. Peccato che gli occasionali rallentamenti (contestati già in passato) ne minino la giocabilità, compromettendo inevitabilmente il tempismo del tiro e della difesa.

Fortunatamente quella di Il Mio Parco non è l’unica modalità in cui potrete dimostrare il vostro talento cestistico: NBA 2K16 vi mette infatti a disposizione la 2K Pro-Am, ossia l’intrigante possibilità di creare una squadra di 5 amici e competere con altri giocatori connessi. La vera novità però, risiede nel già citato editor che vi permetterà dipersonalizzare ogni aspetto primario e secondario del team, finanche la fantasia dello scollo sulla canotta, passando dalla tipologia del parquet utilizzata nel palazzetto ed i suoni elettronici per ogni tipo di azione effettuata in campo. Sembra impossibile, ma l’editor di NBA 2K16 è quanto di più intuitivo e divertente ci sia capitato sottomano da qui a un bel po’ di tempo fa e considerando che si tratta pur sempre di una simulazione sportiva, ci sembra un risultato più che positivo.

La stessa tipologia di editor la troveremo in MyGm, dove grazie ad esso potremo selezionare una nuova città dove trasferire la nostra squadra del cuore, cercando di convincere il proprietario con la nostra allettante proposta. D’altro canto i prezzi degli accessori più richiesti sono spesso esagerati, obbligandoci a portare a casa vittorie su vittorie, per fidelizzare i fan e indurli ad acquistare prodotti con il nostro brand per rientrare nelle spese.

La pletora di possibilità e modalità offerte da NBA 2K16 è a dir poco disarmante

Dopo il successo degli scorsi anni, torna anche la modalità di carte che si è voluta proporre come vera alternativa al FUT di Electronic Arts: MyTEAM. Questa volta, i programmatori hanno rivisto con occhio attento alcune delle particolarità del gioco, mettendo in luce alcuni aspetti finora forse un po’ troppo trascurati.
Innanzitutto ci saranno molte più opportunità di ottenere pacchetti aggiuntivi rispetto a quelli acquistabili normalmente, grazie a tornei settimanali, sfide speciali e premi in carte per i giocatori più fedeli. Purtroppo non sempre i prezzi delle singole carte o dei pacchetti migliori saranno abbordabili dopo poche partite, ma bisogneràsudare a lungo per racimolare le monete necessarie a costruire una squadra degna di questo nome.

La pletora di possibilità offerte da NBA 2K16 è a dir poco disarmante e termina con il classico “Gioca Ora”, aggiungendo al già generosissimo roster (con tanto di squadre europee), 12 squadre storiche in più, provenienti dagli ultimi quindici anni dell’NBA. Stiamo parlando delle squadre che hanno fatto la storia della pallacanestro moderna, sia da punto di vista tecnico che dal punto di vista personale: i Lakers del 2003 con un esplosivo duo Bryant-O’Neal, i 76ers del 2001 di Allen Iverson, i Bulls del 1998 nei quali militava un certo Michael Jordan e addirittura i primi campioni degli anni  ’70 come Pete Maravich e Moses Malone.
Una scelta infinita, una franchigia ricchissima e dettagliatissima, pensata e creata da chi ama il basket per chi ama il basket.

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Trascina file per caricare

Non possiamo non spendere due parole anche sulla bontà dell’engine grafico, che anche quest’anno ci delizia con animazioni e modelli poligonali di un realismo accattivante.
Oltre 10.000 nuove animazioni sono state aggiunte ad NBA 2K16, dedicando particolare attenzione a tutte le “abitudini” degli all-star più famosi (vedrete Stephen Curry masticare il bite quando tira un libero o LeBron James imbiancarsi le mani prima di una partita) e lo spettacolare risultato è più che evidente in ogni inquadratura.

Tutte le azioni sul campo sono state ripensate ed ora i giocatori che corrono sul parquet appaiono più reali di quanto non lo siano mai stati, grazie al Living World Engine, che calcola in tempo reale peso e altezza di ogni atleta, intuendone i possibili movimenti con e senza palla. Ed è anche quest’ultima ad essere stata oggetto di forti aggiustamenti, tra cui il rimbalzo sulle superfici e la fisica generale.
L’intelligenza artificiale della CPU appare molto meno fumosa di prima, soprattutto in difesa, dove gli avversari sono bravissimi (anche ai livelli di difficoltà più bassi) a seguire gli schemi e marcare i portatori di palla, cosa senza dubbio gradita ai più esperti.

I lunghissimi caricamenti sembrano essere l’unica nota stonata, che attanaglia praticamente ogni compagine del gioco

La quantità di materiale bonus dentro ogni match farebbe impallidire qualsiasi produzione simile, contando il pre-partita e il post-partita a cura di Kenny Smith, Shaquille O’Neal e Ernie Johnson, le interviste a metà tempo doppiate dai giocatori originali, il “Jordan Player Of The Game” e tanto, tantissimo altro. I lunghissimi caricamentisembrano essere l’unica nota stonata, che attanaglia praticamente ogni compagine del gioco, rendendo molto più frammentata tutta l’esperienza.
Persino gli speciali post-partita, per quanto siano un’aggiunta di rilievo per i fan più sfegatati, dopo qualche ora possono addirittura risultare fastidiosi, in particolar modo per l’utenza meno abituata alla lingua della Regina.

In conclusione…

Anche quest’anno l’unica, vera pallacanestro si gioca in casa 2K. Sembrava impossibile migliorare quanto di ottimo era stato fatto l’anno passato e invece Visual Concepts ha stupito tutti, portando il basket di NBA 2K16 su di un altro incredibile livello.
Proprio per questo è inspiegabile lo strafalcione della collaborazione con Spike Lee, da cui sicuramente ci aspettavamo molto di più, considerando gli alti standard a cui il titolo 2K ci ha abituati. Si tratta però di un difetto marginale e, se vogliamo vederla diversamente, di un contenuto esclusivo senza infamia e senza lode, che ha il compito di introdurre il giocatore alla modalità Carriera. Di tutt’altra pasta è per fortuna il resto del gioco, che si lascia godere senza sbavatura alcuna, esclusa l’eccessiva lunghezza dei caricamenti e l’occasionale latenza del multiplayer.
Forte di un realismo grafico senza pari, di un calderone di modalità e tipologie di gioco abbacinante, di un gameplay solido ed incredibilmente variegato, NBA 2K16 è il sogno divenuto realtà di qualsiasi appassionato cestistico.

Voto: 9/10

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