News 24 Ott 2015

Shadow of the Beast – Anteprima GamesWeek 2015

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MilanoShadow of the Beast è uno di quei nomi che, almeno nei giocatori più attempati, qualche ricordo lo dovrebbe far affiorare. Stiamo parlando di parecchie estati fa, quando la potenza computazionale delle console dipendeva ancora dal numero di bit scritto sulle relative confezioni e, i più fortunati, potevano slogare le mascelle degli amici con il leggendario Amiga. Una serie nata nel lontanissimo 1989 dalle menti geniali di Psygnosis, capaci di stupire il pubblico con un platform fuori dai stilemi canonici del tempo e condito con una ragguardevole dose di violenza e brutalità da renderlo estremamente accattivante. Shadow of the Beast venne accolto in modo positivo da pubblico e critica, pur non riuscendo a raggiungere quello status di “cult game” che altri illustri colleghi acchiapparono grossomodo nello stesso periodo. Il successo ottenuto dal primo capitolo, tuttavia, funse da stimolo per lo sviluppo (nei tre anni successivi) di due sequel, non certo paragonabili al capofila in quanto a carisma e storia ma comunque particolarmente cari a chiunque abbia vissuto l’epoca d’oro di Amiga. A quasi 15 anni di distanza, Sony è riuscita a recuperare qualcuno di abbastanza folle (o geniale?) intenzionato a dare dignità all’epica avventura di Aarbron: stessa formula, quello del platform a scorrimento orizzontale, ma nuova veste grafica e qualche piccola chicca in più per quanto concerne il combat. Ah già, anche la simpatia per il sangue non è affatto venuta meno.

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Protagonista di questa avventura, dicevamo, e Aarbron, un essere umano rapito in tenera età dal perfido Lord Maletoth e trasformato da quest’ultimo in un mostro sanguinario. La memoria di Aabron, soggiogata magicamente da Maletoth, doppo esser rimasta avvolta per anni in un limbo poco nitido riaffiora improvvisamente, e con lei il ricordo dell’esecuzione del padre per mano del suo stesso Signore avvenuta davanti ai suoi occhi: quanto basta all’eroe per ribellarsi al pesante giogo e dichiarare guerra a Maletoth, nel tentativo di vendicare la morte del padre e di riconquistare la propria forma umana.

Lo schema di gioco ricalca grossomodo quello del platform/picchiaduro a scorrimento, con sezioni prevalentemente orizzontali (da destra a sinistra, ma anche il backtracking non manca) nelle quali il nostro alter ego dovrà abbattere l’esercito di Maletoth per farsi strada sino allo scontro finale. Un percorso lungo e pieno di pericoli, visto che le terre di Karamoon non rappresentano il posto ideale per passare un tranquillo fine settimana di relax: trappole, burroni e altre amenità sono all’ordine del giorno, e più ci si avvicina a Maletoth più la geometria del livello cerca di alzare l’asticella del livello di sfida, rendendo in questo modo i vari mostriciattoli soltanto una delle occorrenze a cui badare.

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Questo ci introduce direttamente alla fase combat, la più rivoluzionata in questo remake delle grandi occasioni. Aabron può attaccare con un colpo diretto (tasto triangolo) o effettuare una stun sull’avversario colpendolo con quadrato (a seconda della tipologia di nemico, usare astutamente una combinazione di attacchi spesso è la soluzione di molti problemi), parandone i contrattacchi col dorsale destro. Nella parte bassa dello schermo è presente un meter composto da tre tacche: una volta riempite, premendo simultaneamente i dorsali L1 e R1 Aabron entra in Rage Chain, riuscendo ad eliminare i nemici in un sol colpo a patto di premere il tasto di attacco col giusto tempismo – inanellando così combo chilometriche e moltiplicatori di punteggio elevatissimi. Ancora, il nostro alter ego vanta un nuovo attacco speciale, col quale saltare addosso al nemico da media distanza e divorarlo. Al netto di una velocità non certo fulminea di questo attacco, che può essere comodamente interrotto anche dal nemico meno “evoluto”, esso permette di racimolare svariati punti in più e di recuperare un HP. Come nel titolo originale, infatti, l’energia di Aabron non è indicata da una barra quanto da un numero nella parte inferiore sinistra dello schermo, che ci ricorda quanti colpi possiamo subire prima di crollare.

Il level design, dalla forte componente geometrica e da uno stile peculiare ed interessante, è reso ancor più accattivante dall’utilizzo convincente della parallasse (una delle rivoluzioni più apprezzate nel videogame 2D): Shadow of the Beast alterna sezioni esterne in lande desertiche o in regioni che sembrano quasi fare il verso a Mordor ad interni spaziosi e vasti, come templi o sacrari. Anche la componente verticale, di tanto in tano, dona un pizzico di varietà alla naturale linearità del titolo: Aabron può arrampicarsi su pareti molto alte utilizzando con tempismo il tasto del salto. Questo permette di creare livelli articolati su “più piani” e, a colpo d’occhio, decisamente più convincenti.

 

Un remake delle grandi occasioni

 

Shadow of the Beast, sulla carta, di potenzialità ne avrebbe davvero parecchie. Direzione artistica sontuosa, charachter design di primissimo livello e una narrazione interessante rappresentano un ottimo biglietto da visita per questo ritorno a Karamoon a ben 15 anni di distanza. Peccato non si possa dire esattamente lo stesso della giocabilità, divertentissima ma, almeno per quanto visto oggi, non esente da una serie di piccoli difettti. Lentezza nei movimenti, imperfezione di alcune animazioni, sbilanciamento nella fase offensiva di Aabron (che è forte come Godzilla ma, puntualmente, non c’è un attacco che non lo lasci scoperto per quasi un secondo alla più banale controffensiva nemica). Heavy Spectrum Games ha promesso grandi cose, e di carte buone da giocare ne ha parecchie: speriamo tuttavia che riescano ad aggiornare anche le meccaniche invecchiate in modo peggiore, e non solo il comparto grafico.

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