News 09 Nov 2015

Fallout 4 – Recensione

Gli ultimi anni hanno visto l’uscita di sempre più capitoli fotocopia dei franchise di maggior successo, facendo si che l’utente perdesse la fiducia nell’operato delle software house più blasonate: non occorre guardare molto oltre il nostro naso per riscontrare nei vari Assassin’s Creed, Call of Duty, Far Cry, Battlefield (e molti altri che ometterò per brevità…) esempi lampanti di questa logica che vuole sacrificato, sull’altare delle vendite, il caposaldo della qualità.

Ci sono poi titoli che fanno apparizioni sporadiche, franchise il cui unico episodio riesce nel compito di durare (e bastare) per una intera generazione, giochi il cui solo nome fa sussultare il cuore degli appassionati, innescando tachicardie, provocando scene di forsennata euforia all’apparizione di ogni singolo fotogramma o notizia! Fallout è l’esempio principe di questa rivoluzione del gaming, che vede il giocatore al centro del processo di creazione e la software house come strumento per soddisfare quest’ultimo, come a dire: “ragazzi vogliamo esser sicuri di meritare fino all’ultimo dei centesimi che vi chiederemo per questo gioco!”

I Bethesda Game Studios, unitamente agli onnipresenti ragazzi di CdProjekt Red, assurgono ad alfieri di questa rivoluzione e franchise come The Elder Scrolls, The Witcher e, ovviamente, Fallout, rappresentano le pedine di caratura messe in campo per combattere questa battaglia, vinta sin dalle prime mosse. Perché, per sgombrare subito il campo da ogni dubbio, Fallout 4 rappresenta il capostipite di questa rivoluzione, la freccia dorata saggiamente infilata nella faretra del producer americano, un’opera di cui sentiremo parlare (e a cui giocheremo) negli anni a venire.

Fallout 4

Piattaforma: Pc, Playstation 4, Xbox One

Genere: Gioco di ruolo

Sviluppatore: Bethesda Game Studios

Publisher: Bethesda Softworks

Giocatori: 1

Online: Assente

Lingua: Completamente in italiano

Versione Testata: PS4

Sette anni, sette lunghi anni sono passati da quel 31 ottobre 2008, giorno del debutto sulle allora nascenti console di nuova generazione di Fallout 3, un gioco che con tutti i suoi pregi (ed i suoi innegabili difetti), rivoluzionò per sempre il mondo dei giochi di ruolo in prima persona. Miscelando il sistema ruolistico di personalizzazione del protagonista (migrato dai primi due capitoli della serie) con un gunplay action, improntato però alla tattica, ed innestando il tutto in un affascinante universo post-atomico che pareva tratto di sana pianta dai manga di Buronson/Hara, Fallout 3 divenne, complice anche una intricatissima trama fatta di cospirazioni governative e macchinazioni di megacorporazioni volte ad ottenere il dominio del mondo (o meglio, di ciò che ne rimaneva dopo il fallout atomico), uno dei giochi di maggior successo del 2008. La fortissima domanda della fanbase, non paga dell’immenso sforzo profuso dai programmatori dei Bethesda Game Studios, portò al rilascio di numerosi DLC e di Fallout: New Vegas, un seguito spurio curato da Obsidian Entertainment che non riuscì però, vista l’enorme mole di bug e una trama nemmeno lontanamente accostabile a quella del terzo capitolo “ufficiale”, a bissare il successo del diretto predecessore.

Nonostante le pressanti richieste dei fan, capaci di dare in questi sette anni nuova vita ai precedenti capitoli grazie al G.E.C.K. (Garden of Eden Creation Kit, potentissimo editor fornito gratuitamente dalla software house stessa agli utenti finali), Bethesda ha proseguito per la sua strada, una strada fatta di rumor, smentite, finti annunci da parte dell’utenza, curandosi però di rimanere sempre ben lontana da quel sensazionalismo mediatico, da quell’apocalisse chiamata marketing, tipico delle software house concorrenti continuando in silenzio, ed in piena segretezza, il cammino interno che ci avrebbe portati all’annuncio (e all’arrivo nei negozi, tra meno di ventiquattro ore) di questo quarto attesissimo capitolo.

La civiltà che conosciamo non esiste più. Le città sono ridotte a spettri di loro stesse: niente più elettricità, acqua ed alimenti sono stati contaminati dall’inferno radioattivo. Siamo dannati… o forse no.

Anno 2077, l’evoluzione iniziata con l’utilizzo dell’atomo come fonte di energia in seguito ai bombardamenti del 1945 ha raggiunto oramai il punto di non ritorno: il benessere derivante dal progresso tecnologico ha portato all’esaurimento di qualsiasi risorsa del pianeta terra. Le scorte di carburante sono minime, gli equilibri internazionali si reggono sul filo del rasoio ed il baratro della guerra atomica è ben più di uno spauracchio sventolato dalle superpotenze per intimidire, in un insolito gioco delle parti, le nazioni loro contrapposte. Di lì a poco la corsa agli armamenti degli ultimi centoventi anni si trasformò nel più letale boomerang mai esistito: la prima ad essere colpita fu New York, poi Washington… infine Boston. La corsa verso il Vault rappresentò la nostra unica salvezza, raggiunta nell’esatto momento in cui una potentissima deflagrazione proveniente da Boston scosse le fondamenta della nostra stessa terra: giunti all’interno venimmo inseriti in delle capsule di decontaminazione e, senza sapere come, ci svegliammo duecento anni dopo, nel 2277. La civiltà che conosciamo non esiste più: le città sono ridotte a spettri di loro stesse, niente più elettricità, acqua ed alimenti sono stati contaminati dall’inferno radioattivo scatenatosi dopo le esplosioni. Siamo dannati… o forse no.

Questo l’intenso incipit narrativo alla base di Fallout 4, un incipit atto a farci comprendere quanto l’eredità del precedente capitolo sia ben presente nell’ultima produzione Bethesda Game Studios. Mentre in Fallout 3 abbiamo combattuto e sconfitto l’Enclave, radicata nelle fondamenta di Washington DC, spostandoci a Boston avremo a che fare con un cancro purulento innestatosi nella base della capitale del Massachusetts e rispondente al nome di Istituto, venendo a nostra volta in contatto con la specie dei sintetici, la cui origine è avvolta da un lugubre ed assoluto mistero.

Non mi spingerò oltre nella narrazione per non rovinarvi in alcun modo la fruizione della incredibile ed appassionante storyline allestita dai ragazzi di Bethesda; sappiate solo che i colpi di scena saranno all’ordine del giorno e che, in piena tradizione Fallout, nulla sarà ciò che sembra: mai come in questo episodio il confine tra bene e male sarà labilissimo, innescando un costante senso di “who’s who” che ci accompagnerà fino alle battute finali di questa epopea post-atomica!

Come detto precedentemente Fallout 3 rappresentò, per il tempo, una vera e propria rivoluzione, riuscendo nell’intento di creare una mistura a dir poco perfetta di diversi generi (RPG, FPS con contaminazioni di TBC), apparentemente antitetici ed incompatibili tra di loro e creando, di fatto, un genere di riferimento per tutti i giochi di lì a venire. Fallout 4 pur non riuscendo, a causa della mancanza dell’effetto novità, ad innovare parimenti il genere in questione, riesce nell’ardua impresa di spingersi ben oltre i limiti del diretto predecessore limando le imperfezioni e costruendo, su di una già solidissima base, un impianto ruolistico-fps/tbc assolutamente inattaccabile che diverrà, come già successo per il terzo capitolo, punto di riferimento e comparazione assoluto.

I ragazzi dei Bethesda Game Studios hanno fatto tesoro di tutte le (poche ma mirate) lamentele sollevate dalla fanbase dopo l’uscita di Fallout 3, seguendo passo passo le moderate contestazioni sollevatesi sui forum sia dopo l’uscita del terzo capitolo che dopo quella, ben più contestata (per quanto “appaltata” esternamente ai ragazzi di Obsidian) di Fallout: New Vegas. Da ciò si è ingenerato un processo di revisione del già solidissimo gameplay che ha dato, dopo una serie infinita di (pur piccolissime ma sostanziali) limature e smussature, origine al prodotto finito che ci troviamo tra le mani andando ad intaccare e migliorare, anche dove non sembrava possibile, le già perfette dinamiche di interazione dettate nel passato.

Oggetto primo di revisione è stato il gunplay, orientato ora ad un modello sì tattico ma che andasse a privilegiare, forte anche dell’influenza esercitata sul team di programmazione dall’innegabile successo del“modello Destiny”, un approccio più adrenalinico capace però, al contempo, di non svilire le caratteristiche divenute, con il tempo, marchio epistemologico della serie. Il cambiamento più lampante appare in fase di S.P.A.V., evolutosi da una fase di “freeze” del combattimento ad una di slow-motion/bullet-time interattivo, grazie alla quale potremo sì effettuare, in linea con il passato recente della serie, dei tiri volti ad indebolire specifiche zone del corpo (causando menomazioni o più semplici malus nei movimenti) dei nemici di turno, lasciando però loro il tempo, se non debitamente decisi sul da farsi, di attaccarci senza esitazione alcuna: va specificato che anche gli altri nemici, non direttamente coinvolti nella colluttazione o nello shooting S.P.A.V., potranno continuare a portare i loro attacchi (da mischia o a distanza poco importa) durante questa fase di bullet-time, andando ad innalzare ulteriormente una curva di difficoltà che, passati i primi livelli “facilitati”, risulta già di suo irta e moderatamente abbordabile per i neofiti già a difficoltà “normale”.

Ritorna inoltre il tiro mirato che permetterà di gestire, mediante dinamiche di “simil-close-up”, il fuoco di attacco privilegiando la precisione, pur sempre minore di quella dello S.P.A.V., rispetto all’area di impatto dei singoli proiettili: ciò si tradurrà, per armi dotate di mirino telescopico, nella possibilità di effettuare micidiali headshot nei confronti di nemici lontani (e potenzialmente ben al di sopra del proprio livello); a tal pro è stata implementata la possibilità di trattenere il respiro durante le fasi di “cecchinaggio” al fine di aumentare ulteriormente la precisione (e il risultante danno) dello sparo. Va detto però che ad influenzare la maggiore o minore efficacia del tiro in oggetto, come del resto di qualsiasi attacco fatto anche mediante strumenti di morte più o meno “convenzionali”, sarà il livello di personalizzazione dell’arma utilizzata e la maggiore o minore “stanchezza” del personaggio, misurabile mediante l’implementazione di una barra stamina che scenderà dopo una corsa o una sessione di shooting S.P.A.V.

Fallout 4 pur non riuscendo, a causa della mancanza dell’effetto novità, ad innovare parimenti il genere in questione, riesce nell’ardua impresa di spingersi ben oltre i limiti del diretto predecessore

Una delle maggiori critiche mosse a Fallout 3 riguardò infatti la pochezza del sistema di personalizzazione delle armi e l’inverosimiglianza che, dopo un fallout nucleare, le stesse fossero reperibili con facilità, regolarmente funzionanti e soggette esclusivamente ad una maggiore o minore usura a seconda dell’utilizzo delle stesse, riparabili però mediante l’unione (WTF?) con altri esemplari dello stesso tipo. Fallout 4, in questo ambito, rappresenta non una evoluzione ma una completa rivoluzione del sistema di gestione delle armi, non più modificabili in via esclusiva previo ottenimento di uno specifico schema di progettazione, bensì liberamente customizzabili mediante l’accesso ad un banco di lavoro e la ricerca di materie prime atte a fornirci i particolari necessari al nostro scopo.

Ogni arma, posta sul banco di lavoro specifico (rintracciabile presso gli insediamenti da noi colonizzati o costruibile autonomamente dopo aver acquisito un determinato livello ed un certo numero di materiali “primi”),risulterà suddivisa in cinque o sei segmenti differenti, a seconda della tipologia della stessa, ognuno modificabile liberamente previa disponibilità dei pezzi necessari e l’ottenimento di un livello abilità pari o superiore a quello richiesto per adoperarsi nel tuning bellico del proprio dispositivo di morte preferito. Potremo così, ad esempio, dotare il nostro fucile a doppia canna (la doppiettona di Doom, per capirci…) di castello a grilletto sensibile (aumentando incredibilmente la cadenza di fuoco), di canna mozza o lunga a seconda della tipologia di danno (localizzato o meno) che desideriamo infliggere, di un calcio completo (utile per la riduzione del rinculo), di diverse tipologie di mirini e, dulcis in fundo, di un rompifiamma (normale o chiodato) utile ad aumentare l’effetto del colpo in uscita. Alcune armi possono poi essere dotate di coltello (installato a mo’ di baionetta) di minore o maggiore dimensione, utile per colpire i nemici in mischia o come ultima risorsa in caso di improvvisa mancanza di munizioni standard. Tutto ciò, moltiplicato per l’enorme numero di armi (ognuna diversa dall’altra) disponibili in game, apre le porte ad un sistema di personalizzazione virtualmente infinito, atto a garantire l’unicità (e la irripetibilità) dell’approccio al combattimento da giocatore a giocatore, plasmando il gameplay a seconda delle proprie preferenze e del proprio approccio, più o meno stealth.

Parimenti evoluto risulta essere il sistema di personalizzazione delle armature. Qualora decidessimo di proteggerci mediante paramenti in cuoio o in metallo (vi sfido a non farlo…), la scelta ricadrà o sull’acquisto/rinvenimento di completi progettati ad hoc (ma solitamente inaccessibili, soprattutto pecuniariamente, ai primi livelli) o sull’utilizzo di componentistica sparsa rinvenuta addosso ai nemici vittima della nostra furia omicida. Parallelamente a quanto detto poche righe sopra per il sistema di personalizzazione bellico, avremo accesso ad un banco di lavoro specificamente adibito alla modifica delle armature in modo da aumentare il livello di protezione base, la resistenza a fuoco o ad altri agenti e la possibilità (maggiore o minore, mai assoluta) di sopravvivere in ambiti ad alta concentrazione di radiazioni. Sarà dunque possibile bollire il cuoio per aumentarne la resistenza o applicare, che si tratti di protezioni per braccia, gambe o torace, strati ulteriori di materiali metallici al fine di migliorare le stats del componente in oggetto.

Tutto ciò mette in evidenza una attenzione molto più che marginale al sistema di personalizzazione, non più relegato ai margini del gameplay, ma fatto perno centrale dello stesso. Mediante l’accesso ai banchi di lavoro potremo inoltre adoperarci per “riciclare” i rottami trovati in giro ed ottenere, ad esempio, acciaio e carburante dalla scomposizione di un’autovettura o ceramica dal disassemblamento di una unità sanitaria oramai in disuso, diventando veri e propri McGyver post-atomici.

Rendere una attività di contorno un vero e proprio game-changer: check! Ben fatto Bethesda!

Il fatto che la personalizzazione risulti essere un game changer di non poco conto è dimostrato dal fatto che la stessa, non limitata ai due sopraccitati ambiti, vada ad investire e ad occupare spazi di assoluta preminenza anche in altre aree fondamentali del gameplay. 

Parallelamente al nostro progresso nella storia, ci imbatteremo in diverse fazioni che potremo, in pieno stile Fallout, decidere di appoggiare (o meno). Queste fazioni, qualora decidessimo di appoggiarle, risulteranno utilissime ai fini della battaglia contro l’istituto e dovranno essere dotate di mezzi di sostentamento propri: ci troveremo dunque a costruire letti, sedie, torrette di difesa, blocchi di contenimento, sistemi di depurazione dell’acqua e contestuali generatori elettrici demandati all’alimentazione degli stessi e di altri dispositivi di illuminazione disposti all’interno della città. In alcuni casi potremo addirittura abbattere case pre-esistenti e costruire ex-novo, grazie ai materiali risultanti, interi palazzi decidendo in piena autonomia lo stile (per quanto limitato a grezze costruzioni in legno) e il livello dell’illuminazione (interna o esterna che sia) degli stessi. Per garantire inoltre la felicità dei coloni ed evitare dunque possibilità di fuga dall’accampamento o eventuali rivolte, toccherà garantir loro l’autonomia alimentare: sarà nostro compito piantare dunque semi al fine di dotare gli accampamenti a noi affiliati di un numero di alimenti utile al loro sostentamento.

In linea con quanto visto in Fallout 3 (e nel discussissimo New Vegas) ci verrà data la possibilità di influire notevolmente, mediante l’affiliazione (o la mancanza di detta aggregazione) ad una o più fazioni, sulla tramavariando diametralmente lo svolgimento degli eventi e garantendosi, o negandosi, l’accesso ad eventi specificamente designati per ciascuna linea narrativa. Fondamentale poi, ai fini di una corretta istradazione della linea evolutiva prescelta, sarà l’interazione con gli NPC: i dialoghi, rigorosamente a scelta multipla come nei passati episodi, questa volta influiranno anche sul morale del nostro alter-ego e orienteranno il gameplay nell’una o nell’altra direzione a seconda della reazione alle nostre interazioni. Sarà possibile inoltre, parallelamente a quanto visto nei passati episodi, provare a “forzare” l’interazione dialogica mediante tentativi di persuasione o minacce che varieranno, in caso di fallimento, l’atteggiamento dell’interlocutore nei nostri confronti.

Fondamentale ai fini del gameplay sarà inoltre l’affiancamento da parte di un nostro alleato (meglio detto companion): a partire dall’oramai arcinoto DogMeat, sarà possibile affiancare al nostro alter-ego digitale un “compagno d’armi” che ci aiuterà, con la sua potenza di fuoco, ad avanzare nella desolata e pericolosa wasteland. A differenza di quanto visto nel terzo episodio della serie però, l’interazione con il nostro companion sarà ben più profonda: sarà necessario infatti sceglierlo saggiamente (anche se il companion ideale ci verrà più volte suggerito dall’alleato di turno) al fine di sfruttare debitamente le caratteristiche dello stesso. In una missione, ad esempio, per rintracciare un ricercato, dovremo affidarci alle doti di fiuto di DogMeat che ci guiderà, annusando indizio dopo indizio, all’ultima location utile ai nostri scopi.

Vagabondando per la wasteland ci imbatteremo, più e più volte, in animali (o entità) a noi avversi/e che, dopo esser stati abbattuti, ci daranno la possibilità di lootare materiali vari tra cui della carne, utile per recuperare energia. Appartenendo però a creature potenzialmente infette, l’assimilazione di detti nutrimenti aumenterà il livello di radiazioni assorbito dal nostro alter-ego digitale: per evitare ciò, in ogni accampamento sarà presente un fuoco da campo grazie al quale potremo cucinare, combinando le carni ritrovate con altri elementi, delle squisite pietanze radiation-free!

L’assimilazione delle radiazioni non rappresenterà più esclusivamente, come accadeva in Fallout 3, un malus che, superata una determinata soglia, porteranno al nostro graduale deperimento: la sempre maggiore irradiazione porterà infatti alla diminuzione del quantitativo massimo di salute recuperabile; potremo liberarci di questo fardello solo pagando uno dei medici erranti o assumendo il buon vecchio Rad-Away. Discorso a parte meritano i composti chimici: sarà infatti possibile, grazie ad un banco di lavoro chimico (e a possesso della corrispettiva abilità) improvvisarci novelli Walter White e creare droghe sempre più potenti che potenzieranno i nostri sensi mandandoci temporaneamente in berserk ma generando, in caso di graduale e sistematico assorbimento delle stesse, situazioni di dipendenza per cui otterremo malus sempre maggiori in caso di mancata assunzione del fix necessario.

Il sistema di personalizzazione, non più relegato ai margini del gameplay, è divenuto perno centrale dello stesso

Per ultimi, ma non in ordine di importanza, ho lasciato dei dettami tecnici a lungo dibattuti in questi mesi e, particolarmente a causa di un recentissimo leak, negli ultimi giorni: livello grafico e grandezza della mappa.

Sin dalla presentazione in pompa magna, avvenuta in quel di Los Angeles durante lo scorso E3, il mondo videoludico tutto ha puntato il dito su una grafica non all’altezza di questa nuova generazione di macchine da gioco portando giochi come Uncharted 4 e l’ultimo Assassin’s Creed (tra gli altri) come termini di paragone atti a dimostrare la presunta inettitudine dei Bethesda Game Studios a creare un motore grafico all’altezza del blasone dei suoi giochi: ma partiamo con ordine.

Fallout 4 si basa su una versione pesantemente modificata del Creation Engine, motore proprietario Bethesda che ha dato i natali a Skyrim, ultimo (al momento) episodio della popolare saga The Elder Scrolls: sicuramente, a livello di mero impatto grafico, questo engine nulla può se paragonato alla resa grafica del motore proprietario Naughty Dog o del medesimo strumento made in Ubisoft ma, perché c’è un ma grande quanto un intero quartiere, ciononostante il Creation Engine esce vincitore a mani basse nei confronti di ambedue i diretti concorrenti. Vi basteranno poche ore all’interno del mondo di Fallout per rendervi conto della cura certosina riposta dai ragazzi di Bethesda Game Studios e per capire che del motore alla base di Skyrim è rimasto poco più che il nome: lo stesso ora gestisce senza esitazioni di sorta il ciclo giorno/notte, conferendo alla wasteland un fascino maledetto anche per via di un meteo dinamico allo stato dell’arte (basti pensare che in alcuni casi saremo costretti a ripararci per sottrarci agli effetti della pioggia radioattiva.

Rispetto a Fallout 3 la palette cromatica è (apparentemente) molto più “naturale”, donandoci edenici scorci di cielo blu, come a dimenticare le brutture della guerra atomica, salvo poi mutare diametralmente in determinate location prossime ai punti di impatto delle bombe. Parimenti le creature che incontreremo nel corso della nostra peregrinazione nella wasteland bostoniana, godono di un livello poligonale di tutto rispetto che di certo non farà gridare al miracolo, ma che è ben sufficiente a far rientrare l’allarme-grafica lanciato più e più volte nei mesi scorsi. Il Creation Engine, originariamente progettato per Skyrim, è stato adattato quasi alla perfezione: alcuni miei colleghi hanno riscontrato cali di frame rate più o meno ingenti mentre nella mia esperienza di gioco ho avuto la fortuna di visionare solo sporadici rallentamenti ma mai nulla di realmente drammatico. Considerando poi che Fallout 4 si avvale di un sistema di gioco che prevede danni per singolo arto, capiremo quanto capillare sia stato il lavoro di ottimizzazione svolto dalla software house statunitense.

La mappa di gioco, per quanto di dimensioni non generosissime (si parla di 11 minuti di tempo in-game per percorrerla da parte a parte) risulta essere quanto di più completo e denso si sia visto in un gioco di ruolo.Come per la grafica, è inutile puntare il dito sui km quadrati della Los Santos di GTA, presi dalla smania del “bigger is better”: mai quanto nel caso di Fallout 4, questo detto risulta essere una bufala colossale. Fallout 4 dispone di una mappa densissima di attività da compiere e di punti di interesse da scoprire, non solo orizzontalmente, presentando una stratificazione verticale che aumenta a dismisura lo spazio esplorabile: tenendo inoltre conto della possibilità di esplorare quasi tutti gli edifici presenti nel mondo di gioco, ci troviamo davanti ad un mostro da oltre 400 ore di gioco, riportando in auge la domanda “who’s who” posto ad inizio recensione e riferita ai millantatori della “grandezza assoluta”.

Un grandissimo plauso va fatto inoltre a Bethesda riguardo l’ottimizzazione delle routine di intelligenza artificiale: al netto dei bug (compenetrazioni poligonali, sporadica invisibilità dopo qualche respawn), anche essi marchio di fabbrica Bethesda, la stessa si pone nettamente al di sopra degli standard visti sia in Fallout 3 che in The Elder Scrolls V: Skyrim, toccando picchi di imprevedibilità che vanno a livellare verso l’alto la difficoltà di questo Fallout 4.

Medesimo discorso va fatto inoltre per la creazione/evoluzione del personaggio: partendo dalle già solide basi di Fallout 3, avremo la possibilità di modificare qualsiasi caratteristica fisica/fisionomica del nostro alter-ego digitale, intervenendo mediante morphing real-time per creare l’alter-ego perfetto. Alla stessa maniera il sistema di evoluzione ruolistica S.P.E.C.I.A.L. già visto nei primi tre capitoli della serie, ritorna ancora più ottimizzato e capillarmente diviso, forte anche dell’assenza di un qualsiasi level-cap e promettendo dunque una personalizzazione maniacale delle caratteristiche, che vi ricordo andranno ad impattare diametralmente sullo stile del gameplay, del nostro protagonista in-game.

Chiude il tutto una menzione d’onore per la colonna sonora: da sempre il punto forte dei vari Fallout, la stessa si ri-presenta arricchita ed espansa mediante la possibilità di selezionare radio tematiche all’interno del gioco. Sarà dunque divino abbattere supermutanti sulle note della Cavalcata delle Valchirie di Wagner o ascoltando un classico degli Ink Spots o di Ella Fitzgerald. A chiudere il cerchio ci pensa, cosa non scontata finanche a 2015 inoltrato, una completa localizzazione in italiano di buon livello che non fa rimpiangere l’originale inglese, per quanto la vociona di Ron Perlman risulti insostituibile: War, War never changes!

Se è vero che un sogno è composto di tante componenti, amalgamate alla perfezione al fine di creare una realtà alternativa perfetta, Bethesda con Fallout 4 ha trovato la crasi ideale tra tutti questi elementi, permettendoci di vivere una esperienza sognante, un incubo ad occhi aperti, inverosimile ma dannatamente credibile.

In conclusione…

I ragazzi di Bethesda Game Studios tornano a spron battuto nella wasteland, confermandosi come parte integrante del gotha delle software house di successo.

Fallout 4 rappresenta un atto d’amore nei confronti del gaming, un capolavoro polisfaccettato, un diamante grezzo che, appunto per questa sua lieve imprecisione, vede il suo valore aumentare esponenzialmente rispetto a titoli iper-rifiniti che di luccicante hanno solo la facciata.

Densità, ottimizzazione e maniacale cura per i particolari sono gli elementi alla base del successo di Fallout 4: una trama incontenibile e piena di colpi di scena, unita ad un gameplay duro e puro, capace di trasportarci al centro dell’azione senza esitazioni di sorta, e ad una attitudine alla personalizzazione a dir poco capillare rappresentano i capisaldi che ci terranno impegnati per quasi 400 ore nella wasteland bostoniana, provando a dirimere i nodi e i misteri nascosti nel profondo dei vault.

Un mondo di gioco vivo e pulsante che nasconde, dietro a delle presunte inadeguatezze grafiche, una cura e un livello di interazione mai visto prima in un gioco di ruolo.

Fallout 4 risulta essere la naturale evoluzione del terzo episodio: ottimizzando ed espandendo diametralmente le potenzialità già immense del penultimo capitolo della serie, si pone come pietra di paragone per tutti i giochi di ruolo che d’ora in poi vorranno fregiarsi del titolo di RPG Next-Gen.

Quale che sia la vostra piattaforma di gioco, non potete perdervi Fallout 4! Non avete ancora acquistato una console next-gen o non avete ancora aggiornato il vostro pc? Beh… Fallout 4 è IL motivo per farlo! 

VOTO: 9,5/10

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