Una parabola, purtroppo discendente. È stato questo il 2015 di Sony, ma no, sia chiaro, le vendite non c’entrano. Quelle sono ancora stellari, e le offrono una posizione da “king of the hill” nella corsa, nell’eterna console war che vede alternarsi con precisione svizzera i due colossi, quello nipponico e quello a stelle e strisce, ormai da più di un decennio. Ma diciamocelo chiaro: ci si aspettava qualcosa di più dall’attuale padrone del mercato console, che ha giocato benissimo le sue carte con manovre PR da manuale, strappando lacrime di gioia agli over 30 di mezzo mondo tra annunci bomba e riesumazioni dall’oltretomba, ma che ha peccaminosamente lasciato scoperta la seconda metà dell’anno, preferendo conferenze ed eventi ben confezionati alla sostanza, ai videogiochi.
Colpa dei rinvii (Uncharted 4 su tutti), colpa della VR, quel PlayStation VR che non ha ancora un prezzo e una finestra di lancio (a proposito, occhi puntati sulla conferenza che terrà al CES – VR – centrico – di quest’anno), colpa della scommessa su poche grosse esclusive che hanno spaccato in due la critica e il pubblico, lasciando il segno solo in qualche caso.
A contendersi il titolo dell’anno sono quattro IP nuove di zecca (un dato non da sottovalutare, nel mare di remaster e minestre riscaldate di cui sono già pieni gli scaffali, virtuali e non) e una saga leggendaria che tanto deve al nome PlayStation, e che qualche lustro fa sarebbe stata pura fantapolitica vederla approdare su una qualche console senza quella P e quella S nel nome. Il diabolico e brutale Bloodborne, che ha tormentato le notti insonni di buona parte della redazione, spalancando insospettabilmente a From Software le porte del grande pubblico; il curioso e riuscito ibrido tra cinema e videogioco di Supermassive Games, Until Dawn, pura narrazione horror interattiva e coinvolgente; il discusso, ma (indubbiamente) visivamente impressionante The Order 1886, che ha permesso a Ready At Dawn di mostrare i muscoli (e no, non solo quelli del massiccio Andrea Pessino); l’avventura/esperienza di Chinese Room, Everybody’s Gone to the Rapture, altro titolo polarizzante tutto incentrato sulla storia e sull’atmosfera; ed infine lui, il succo del genio di Hideo Kojima racchiuso in un freddo disco di plastica, un parto cesareo particolarmente travagliato, conclusosi con una telenovela/presunta trollata che ha tenuto col fiato sospeso milioni di giocatori, conclusasi, neanche troppo imprevedibilmente, con la stessa Sony ad accogliere l’acclamato game developer e il suo talentuoso team tra le sue braccia bisognose di IP.
Chi la spunterà? Come al solito lo deciderete VOI. Votate, in fondo all’articolo!
And the winner is…
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