L‘avvento della tanto attesa next-gen ha portato (e porta tutt’ora) con se, sin dai diversi dayone, un imbarazzo di fondo dovuto alla generale penuria delle rispettive line-up di lancio (e non solo) delle svariate macchine da gioco messe in commercio. Molti sviluppatori, per auto-finanziarsi e far fronte alle sempre maggiori spese di sviluppo di nuove ip (o di episodi originali di saghe oramai stantie), si vedono costretti a proporre, in salsa next-gen, capolavori delle passate generazioni, così come giochi di cui avremmo volentieri fatto a meno che vanno, volenti o nolenti, a rimpinguare un parco giochi mai come prima risibile e assolutamente anonimo.
Questa operazione nostalgia, rea di aver sconfinato (dopo una invasione del cosmo cinematografico) anche l’universo videoludico, ci ha portato a confrontarci, in questi ultimi 12 mesi di Next-gen, con titoli che fecero, a tempo debito, la felicità dei videogiocatori tutti. Con gli occhi dunque di chi visse quell’epoca d’oro del gaming, abbiamo ri-giocato (per l’ennesima volta) cinque masterpiece del passato, con un misto di incredulità, sorpresa e, a volte, con lo sguardo stanco di chi dice: “ma come, ancora tu?”
Primo della cricca a contendersi il titolo di miglior remaster è “Gears of War: Ultimate Edition” per Xbox One: facendo leva sulle infinite potenzialità dell’Unreal Engine 4, ci troviamo al cospetto di una rimasterizzazione con i fiocchi in cui nulla, dalle textures, all’audio (finalmente in 7.1) e alla progettazione poligonale di personaggi e mappe, è stato lasciato al caso. 1080p/60fps completano l’offerta di un titolo che, nonostante 9 anni sul groppone, non sente per nulla il peso degli anni.
Spostandoci sul fronte Sony, ecco giungere la “Nathan Drake Collection“, riedizione in alta definizione della saga system seller made in Naughty Dog, capace di sancire, con la sua serialità, la graduale supremazia (hardware) della ammiraglia Sony nella passata generazione.
Abbandoniamo i lidi delle esclusive per godere, grazie alla maggiore (e più adeguata) potenza di calcolo delle neonate macchine da gioco, di uno dei capolavori multipiattaforma della passata generazione: Dark Souls II, qui ripresentato nella versione “Scholar of the First Sin”, ci riporta (grazie ai fasti dell’alta risoluzione e ad un frame rate finalmente non ballerino) nel maledetto mondo di Drangleic e alle morti sistematiche che dovremo esperire per progredire nella nostra truculenta peregrinazione.
Il titolo che segnò, ai tempi d’oro del gaming, la fine delle avventure grafiche punta e clicca, rappresenta il ritorno di un genere mai effettivamente morto, nel mondo del gaming che conta. Il 2015 è stato infatti l’anno del ritorno (su Pc e Ps4) di Grim Fandango: ideato da Tim Shafer, padre di avventure come Day of the Tentacle, Full Throttle, Psychonauts e Brutal Legend, ci mette al cospetto di Manuel “Manny” Calavera, un agente al servizio del dipartimento della morte, e delle peripezie da lui affrontate per lasciare il mondo dei morti.
Chiude il cerchio “The Legend of Zelda: Majora’s Mask 3D“, riedizione per Nintendo 3Ds di uno degli episodi più belli, se non del migliore, della famosissima saga di Zelda. Grafica migliorata, supporto al 3D stereoscopico e ai controlli touch sono le innovazioni rispetto alla versione originale, ora disponibile anche a chi, al tempo, era troppo piccolo per assaporare questo capolavoro.
And the winner is…
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