Cuore di lana
Quel giorno dell’E3 2015 ce lo ricordiamo un po’ tutti. Shrine Auditorium, Los Angeles, press conferenceElectronic Arts: una conferenza delle grandi occasioni, una di quelle in cui nell’arco di cinque minuti passi da Battlefront, Mirror’s Edge 2 e Mass Effect Andromeda ad un Pelé in carne ed ossa che, a sorpresa, ti racconta del proprio amore per FIFA. Un media briefing di nomi altisonanti, di IP blasonate da decine di zeri sul conto in banca a testimoniare che, checché se ne dica, EA di cartucce in canna ne ha ancora parecchie. Poi di colpo esce lui, Martin Sahlin, un perfetto signor nessuno che proviene da Umeå, nord della Svezia, e che in una mano tanto tatuata quanto tremante stringe un piccolo pupazzo di filo rosso. “Siamo Coldwood Interactive, lui è Yarni, questo è il nostro gioco“. Silenzio e buio in sala, mentre nell’enorme schermo dietro al palcoscenico scorrono le prime immagini di un titolo che, a ben vedere, nessuno si sarebbe mai aspettato di veder pubblicato da Electronic Arts:un platform dal sapore indipendente realizzato da 14 persone, caldo ed emozionante come non si vedeva da parecchio, capace in neanche cinque minuti di regalare la più bella lezione sul significato di passione. Voce e mani di Sahlin non smettono di tremare per tutto il tempo, nemmeno quando la scritta Unravel si impadronisce dello schermo e, da un pubblico ragionevolmente commosso, arrivano applausi e grida di approvazione.
A distanza di otto mesi, mentiremmo se dicessimo di non aver atteso Unravel con impazienza: il suo protagonista goffo e dannatamente tenero, quegli scorci della Svezia tanto meravigliosi da sembrare onirici, una colonna sonora soave e struggente. Oggi, finalmente, possiamo raccontarvi di questo nostro intenso viaggio in compagnia di Yarni, questa storia che si dipana come un filo dal proprio rocchetto e che, in modo indissolubile, collega le tappe fondamentali della vita di ciascuno. Perché forse è questo che vuole ricordarci Coldwood Interactive, che esiste un magico filo conduttore negli accadimenti della nostra esistenza.
Unravel
Piattaforma: PS4, Xbox One, PC
Genere: Platform
Sviluppatore: Coldwood Interactive
Publisher: Electronic Arts
Giocatori: 1
Online: Assente
Lingua: Testi in Italiano
Ed è proprio il concetto di filo conduttore a rappresentare il perno principale su cui si basa la metafora, se così vogliamo chiamarla, di Unravel: una storia fatta di immagini e di musiche, dove le “parole dette” lasciano spazio a suggestioni evocative e ad emozioni da cui difficilmente il giocatore, in un modo o nell’altro, può mai definirsi completamente estraneo. Non esiste voce narrante o dialogo nell’opera di Coldwood: solo un flusso costante di ricordi, foto, di spaccati di una vita passata che sembra essere preclusa al presente. E una donna sola nella propria casa, una “nonna” che ha visto fiorire molte primavere con la propria famiglia, a cui ora, a distanza di anni, è rimasto solo il ricordo di quello che era un tempo. Tutto questo è racchiuso dentro un album di fotografie un po’ sbiadito, custodito come un tesoro inestimabile al cui interno sono stipate le memorie di una vita intera, momenti felici, allegri, meravigliosi, ma anche solitudine, tristezza.
Ed è proprio il concetto di filo conduttore a rappresentare il perno principale su cui si basa la metafora di Unravel
Yarni si muove in questa dimensione, silenzioso, quasi intimorito, saltando da un ricordo all’altro alla ricerca di preziosi ricami di lana. Si tratta di piccoli ricami floreali, grandi poco più di un bottone, che una volta recuperati vanno ad ornare quell’album fotografico dandogli quasi una seconda vita, oltre a garantire l’accesso ad un ricordo specifico custodito al suo interno. Già in questi passaggi possiamo cogliere uno degli aspetti più riusciti del titolo Coldwood: la componente emozionale. Si tratta di un aspetto estremamente soggettivo, come soggettive sanno essere le emozioni di ciascuna persona: ma lo ripetiamo, è difficile non ritrovare un pezzettino della propria vita nei fotogrammi che Yarni svela metro dopo metro. Un tramonto in riva al mare, la gioia di un momento felice di quotidianità, ma anche la paura, la sofferenza di un distacco, la gioia di una riappacificazione.Unravel affronta queste tematiche con umiltà e dolcezza, offrendo una “storia” dalle sfumature particolarmente labili delineata soltanto per piccoli cenni. Poetico, ma anche astuto, laddove contribuisce maggiormente ad alimentare una sorta di identificazione, magari temporanea, con la specifica sequenza.
Unravel, insomma, riesce davvero a toccare le corde del cuore di chi gioca. Lo fa con dolcezza, con un mix di suoni e immagini azzeccato, ma anche con una scelta stilistica abilissima nel veicolare specifiche sensazioni a chi stringe il pad tra le mani. Difficile, se non impossibile, non avvertire un senso di abbandono o desolazione quandoYarni si trova infreddolito sotto un acquazzone o non sentire quasi il sole scaldare la pelle quando il piccolo eroe si muove lungo le sponde marine della Svezia. Ogni scenario si reinventa progressivamente, cambiando tono emood in modo marcato ma mai patetico, riuscendo a trasmettere il messaggio previsto dallo sviluppatore.
Se dunque l’emozionalità rappresenta la chiave di lettura preponderante in Unravel, la dedizione e la passione dei giovani ragazzi di Coldwood traspare anche dall’implementazione di un gameplay magari non perfetto, ma sicuramente raffinato. Yarni, in sostanza, altro non è che un lungo filo avvolto su sé stesso, una matassa ambulante in grado di scorrazzare da un livello e l’altro sino a quando la sua lunghezza lo permette. Su questo limite intrinseco del protagonista viene modellata l’intero set di meccaniche ludiche di Unravel: più si cammina, più il corpicino di Yarni diventa esile, sino ad arrivare al punto di non poter più proseguire se non per tornare sui propri passi. Disseminati (abbastanza generosamente) nei livelli troveremo delle piccole matasse di filo, fondamentali per far “ingrassare” nuovamente la nostra creatura e permetterle di procedere.
Unravel riesce davvero a toccare le corde del cuore di chi gioca
La fisica di gioco è completamente plasmata sull’utilizzo del filo: sarà possibile ancorarsi a specifici punti del livello per arrampicarsi, scendere in sicurezza o dondolare a mo di liana per coprire distanze altrimenti invarcabili, costruire piccoli ponti su cui far scivolare opportuni elementi dello scenario atti alla risoluzione di un particolare indovinello. Oppure creare un trampolino elastico improvvisato, fondamentale per raggiungere in un attimo altezze inaccessibili. Si tratta di meccaniche intuitive e brillanti, che hanno permesso allo sviluppatore di giocare in modo ragionato con la fisica creando una buona varietà di enigmi. L’unico rimpianto, se così lo vogliamo chiamare, è che gran parte di queste (se non tutte) viene praticamente svelata nei primi tre livelli di gioco, limitando sensibilmente l’effetto sorpresa che una scoperta successiva avrebbe potuto regalare.
La componente puzzle di questo platform, pur brillando per varietà, evidenzia alcune imperfezioni in termini dibilanciamento. Unravel è un gioco complessivamente abbordabile per un giocatore scafato, ma non mancherà di proporre alcuni enigmi – vuoi per la carenza di filo, vuoi per l’eccessivo tempismo richiesto da un salto – particolarmente ostici. Il che non sarebbe un problema, se l’esacerbazione del gameplay investisse i livelli conclusivi del playthrough: al contrario, non mancano sessioni di gioco non avanzate nelle quali, di punto un bianco, la difficoltà subisce un’impennata tale da restare quasi spiazzati. Non si tratta certo di una colpa capitale – anzi, da un certo punto di vista la presenza di un coefficiente variabile rende meno prevedibile e scontato il playthrough, quanto piuttosto di un peccato di gioventù di Coldwood Interactive, alle prime prese con il genere. Che, a ben vedere, ha saputo dar vita a qualcosa ben al di sopra delle aspettative.
Unravel è più di un semplice platform basato su una fisica “a fili”
Tecnologicamente parlando, Unravel è una gioia per gli occhi. L’inquadratura ravvicinata sul protagonista, raramente avvistata in un titolo dalla matrice platform, contribuisce a rendere ancora più unico quel feel che si avverte sin dai primissimi minuti di gioco. Il resto lo fa una direzione artistica sontuosa e sopra le righe, capace di trasformare i paesaggi più evocativi delle lande svedesi in autentiche location al di fuori del tempo: l’ottimo livello del dettaglio degli elementi ambientali, dai fili d’erba al design delle “creature” che di tanto in tanto ostacolano il cammino di Yarni, si sposa alla perfezione con il colpo d’occhio sfocato dei fondali – per un risultato che ricorda la fotografia con obiettivo macro. Unravel è bellissimo sia da vedere che da ascoltare, con delle sonorità calde ed avvolgenti alternate ad altre, struggenti e malinconiche, di sicuro impatto. Ricordate che stiamo parlando di un titolo realizzato da un team di poco più di una dozzina di persone: la dimostrazione perfetta del fatto che, quando c’è vera passione, nessuna sfida è così insormontabile.
Il gameplay trailer di Unravel.
In conclusione…
In un era videoludica dove si è costantemente alla ricerca della spettacolarità, del fotorealismo o dell’esperienza così coinvolgente da non poter essere dimenticata, Unravel è davvero merce preziosa. L’opera di esordio di Martin Sahlin e soci è un qualcosa di unico, di sottile e personale come mai si era visto prima: perché Unravel non è soltanto capacità di far commuovere il giocatore con spaccati di vita malinconici, spensierati, forti di una carica emotiva dirompente da trascendere le dimensioni del videogioco stesso. C’è molto di più dietro le tenere fattezze di Yarni: un processo di interiorizzazioneinarrestabile, che si manifesta in un giocatore che fa proprie le emozioni del gioco, identificandole e riconoscendole in esperienze di vita personale. Impossibile, nell’avventura di Yarni, non rivivere sensazioni sopite, gioie e dolori, simili in tutto e per tutto a quanto racchiuso in quell’album fotografico ornato da ricami.
Unravel, insomma, è molto più di un semplice platform basato su una fisica “a fili”. E poco importa, sotto questa luce, una longevità non proprio eccelsa (grossomodo otto ore per una run standard, destinate ad aumentare qualora voleste stanare ogni collezionabile nascosto nei livelli) e qualche pecca nel bilanciamento degli enigmi. Ve ne accorgerete, certo, magari quando dopo dieci minuti noterete un piccolo gomitolo nascosto da un cespuglio senza il quale è impossibile raggiungere la fine del livello. Ma non sarà questo che, da qui a parecchio tempo, ricorderete di Unravel: un titolo capace di farvi sorridere e piangere, di farvi riflettere e ripensare a come, nonostante tutto, la vita sappia essere meravigliosa. E che, in fondo, esiste sempre un filo conduttore rosso che accompagna ogni nostra scelta.
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