A volte ritornano…
Può sembrare banale, ma non esistono più gli zombie di una volta: quelle creature lente ed impacciate che si muovono come dei bradipi narcotizzati, che soltanto quando la preda è a tiro provano ad afferrarla per strapparne delicatamente brandelli di carne, che sono così privi di materia grigia da nobilitare i tronisti di Uomini e Donne. Un’esercito di ragionieri, impiegati e operai svegliatisi all’alba del lunedì mattina dopo un fine settimana devastante, incapaci di reggersi sulle proprie gambe e, a meno di qualche mugugno incomprensibile, privi di un idioma vero e proprio. Salvo un paio di illustri eccezioni, lo standard a cui i primi capitoli di Resident Evil ci avevano abituato non si discostavano da quanto appena descritto: orde fameliche di non morti ancor più famelici, pochi proiettili per aprire la suddetta folla e via, verso il prossimo zombie. L’arrivo di Resident Evil 4, il capitolo forse più cruciale nella storia dell’intero franchise, rivoluzionò completamente il modo di concepire il nemico per antonomasia nell’universo horror Capcom: ancora una creatura “mutata” da un virus, ma non più un colabrodo ambulante dove depositare proiettili. Un nemico, piuttosto, reattivo e a tratti pure intelligente, che non disdegna l’attacco e non rimane certo fermo in un angolo ad aspettare quel fustacchione di Leon Kennedy. La filosofia del quarto tassello principale della saga venne abbracciata tanto dal quinto capitolo, col ritorno in “medio stile” diChris Redfield, e dal famigerato Resident Evil 6, molto probabilmente l’opera più criticata, odiata e schernita in 2o anni di onorevole attività zombesca. Con tanta pace di quel simpaticone di Kobayashi.
Checché se ne dica – e se ne possa ancora dire parecchio – su questo indimenticato sesto episodio, in casaCapcom l’operazione Amarcord procede a gonfie vele: ma dopo aver sbancato il botteghino con le rimasterizzazioni di Resident Evil e Resident Evil 0, acclamate positivamente da critica e pubblico, i nodi al pettine iniziano a farsi più grossi. Resident Evil 6 HD è la prima riedizione a 1080p dedicata al ciclo della passata generazione, a cui seguiranno nell’ordine il quinto e il quarto episodio. Il motivo di questa scelta, che “premia” un gioco del 2012 rispetto ad opere più stagionate, francamente non lo sappiamo: ma se anche voi appartenete alla squadra del “prima il boccone amaro, poi quello buono“, tutto sommato così male non è andata.
Resident Evil 6 HD
Piattaforma: PS4, Xbox One
Genere: Survival Horror, Action TPS
Sviluppatore: Capcom
Publisher: Capcom
Giocatori: 1-2
Online: coop per 2, Mercenari, Caccia all’Uomo
Lingua: Testi in italiano, Audio in Inglese
Partiamo dal doveroso ripasso, doveste esservi persi l’atteso ritorno di un po’ di gentaglia famosa quattro anni or sono. A distanza di 15 anni dagli avvenimenti infausti di Villa Spencer, il mercato delle armi biologiche non solo è ben radicato in tutto il mondo, ma gode di un reparto Ricerca e Sviluppo da far invidia ad Apple. Il motivo si chiama C-Virus, una roba biologica dalla potenza inimmaginabile che mescola il ceppo virale originale, il T-Virus, alla sua seconda devastante variante, il G-Virus, rincarando ulteriormente la dose con l’aggiunta delle Plagasscoperte da Kennedy nel quarto episodio. Il risultato, dicevamo, è un virus dalle potenzialità enormi, capace di tramutare un qualsiasi soggetto infetto nell’arma batteriologica definitiva: un prodigio capace di fruttare in un batter d’occhio decine di zeri stampati in bigliettoni verdi, ma ancora una volta in grado di estinguere l’umanità qualora stretto dalle mani sbagliate… e indovinate un po’ che succede? Fortuna che Redfield e Kennedy sono ancora sul mercato e, nonostante l’età inizi a farsi sentire, godano ancora di ottima salute, di buona mira e di bicipiti particolarmente gonfi. E pure di un paio di amici di quelli buoni.
Una delle cose originariamente più interessanti di Resident Evil 6, almeno per chi vi scrive, era la presenza così massiva di personaggi fondamentali all’interno della saga da lasciar presagire qualcosa di leggendario: da Chris aLeon, passando per (la non più piccola) Sherry Birkin, nell’operato di Kobayashi e soci c’era così tanto Resident Evil – almeno sulla carta – da far girare la testa del fan più sfegatato. E bisogna ammetterlo, dal punto di vista narrativo il sesto episodio maggiore non è proprio quel diavolo che si dipinge: inattese rivelazioni, un paio di colpi di scena ben architettati e storie personali passate mai sopite e destinate a riaffiorare a galla in modo travolgente sono lì al proprio posto, a fare una figura ben più che dignitosa. Anche l’idea narrativa alla base diResident Evil 6 non è male: una sceneggiatura su quattro binari paralleli, affrontabili nell’ordine che si preferisce e ciascuno incentrato sulle vicende di una delle tre coppie di protagonisti. Ciascuna “storia” è a sé stante soltanto all’apparenza, laddove i punti di contatto, i rimandi e gli inevitabili legami di causa/effetto sono dietro l’angolo ed aspettano di essere individuati. Ci sta, e per certi versi ricorda l’intuizione geniale del doppio disco di Resident Evil 2: ma vuoi per il pionierismo di quest’ultima scelta (visti i tempi in cui fu presa), vuoi per le carenze di un gameplay, quello di RE6, a dir poco evidenti, questo interessante animo multistrato finisce per passare inosservato. O, addirittura, dimenticato quasi del tutto.
Tre coppie, dicevamo. La prima, quella che ci ritroveremo a controllare dall’inizio del gioco in una lunga missione introduttiva, è composta dal biondissimo Leon e da Helena Harper, agente del governo immischiata suo malgrado nella sporca “faccenda Simmons“. Sospeso ogni approfondimento sulla trama, che vi invitiamo a scoprire da soli da qui in avanti, le sezioni di gioco relative ai suddetti protagonisti sono senza ombra di dubbio quelle più affini al lascito di Resident Evil. Avremo a che fare con aree interne oscure, corridoio stretti con bruschi angoli a novanta gradi e, come da tradizione, creature affamate che sbucano all’improvviso regalando qualche sobbalzo gustoso sulla sedia. In questi frangenti il mix di esplorazione e shooting appare bilanciato e appagante, nonostante l’introduzione di alcune abilità atletiche di Leon (sì, può tuffarsi, proprio come Max Payne ma senza bullet time) rischi di allentare non poco la tensione. Non mancano alcune interessanti novità – comunque presenti anche per i restanti personaggi, come l’introduzione di un nuovo inventario “a compartimenti” (armi e oggetti da una parte, medikit e affini dall’altra) e una sorta di livellamento delle skill del PG previa recupero di pedine di una scacchiera. Il tutto condito dalla possibilità di menare cazzotti (non solo come esecuzione) ai nemici in maniera proporzionale alla resistenza di cui gode il nostro alter ego, al fine di risparmiare qualche proiettile. Nulla di trascendentale, ma presa la dovuta dimestichezza tutto fila abbastanza liscio.
I primi mal di testa arrivano dal dinamico duo di ganzi, composto dal muscolosissimo Chris Redfield e dal compagno di mille avventure Piers Evans. Stiamo parlando di due soldati armati di tutto punto, addestrati a sparare a qualsiasi cosa si muova prima ancora di farsi domande. E duole dover ammettere che, in questi frangenti, non ci sarà molto altro da fare se non sparare. Meglio, vomitare piombo sonante contro nemici a loro volta desiderosi di trasformarci in colini di carne umana. Le meccaniche di gioco si allontanano drasticamente dagli stilemi del survival horror, rendendo di fatto il playthrough simile a quello di un third person shooternemmeno troppo carismatico, dove l’esplorazione è ridotta all’osso (oltre che estremamente lineare) e, cosa più triste, l’effetto “terrore” va a farsi benedire dopo aver svuotato il primo caricatore.
Il bello, si fa per dire, viene una volta conosciuto Jake Muller. Giovane, aitante e con due bicipiti tanti, il figlio segreto di Albert Wesker (si, proprio lui) se ne va in giro con Sherry Birkin, divenuta ora una fanciulla niente male – oltre che un agente segreto dal caratterino mica da ridere. Non nascondo che, quattro anni fa, leggere il nome Birkin ha regalato parecchi sussulti di impeto (cioè, stiamo pur sempre parlando della figlia di William Birkin… Resident Evil 2… ve lo ricordate, vero?). Sussulti crollati come un castello di carte dopo nemmeno due ore di pad in mano: vuoi per la prestanza di Jake, vuoi per la sua forza inumana – buon sangue non mente, del resto – Resident Evil 6 si trasforma in una sorta di action platform dove le armi da fuoco sono collocate per mera rappresentanza e, di riffa e di raffa, si finisce per farsi strada tra orde di creature dall’IA particolarmente discutibile a suon di calci, pugni e prese in stile Wrestling. Il deja vu dei cari vecchi enigmi, che pare avere un piccolo eco nel capitolo di Leon, scema progressivamente per raggiungere qui uno stato di nulla cosmico: c’è solo da correre, scappare e usare i pugni. Tanti pugni. Proprio come quelli che, in breve tempo, riceverete nello stomaco ogniqualvolta riaffiora il ricordo che sì, questo è un Resident Evil.
Ok, forse la stiamo facendo un po’ più drammatica di quanto effettivamente sia la realtà: diciamo che, anche a distanza di anni, alcune scelte del team di sviluppo riescono ancora a sorprendere, e non in termini propriamente positivi. Per nostra fortuna, tuttavia, in un mare di cose che sembrano stridere a gran voce col concetto di Resident Evil qualcosa di buono c’è, oltre alla componente survival horror dedicata a Leon ed Helena: lungi da noi venirvela a raccontare ora, rovinandovi in questo modo una delle sorprese più belle del titolo – qualora questo fosse il vostro primo incontro con RE6. Vi basti solo sapere che la coscia più lunga dell’universo zombesco la sa ancora lunga, e una volta stretto il pad tra le mani regala momenti – finalmente – memorabili.
Resident Evil 6 HD non si prende troppa briga di stupire e, a tratti, sembra autocompiacersi di un compitino ben fatto, ma con ampi margini di miglioramento.
Alcune novità interessanti provengono dalla componente online del titolo. All’oramai immancabile modalitàMercenari, divenuta pressoché una costante all’interno di qualsiasi produzione targata Capcom, fa piacere assistere all’introduzione di Caccia all’Uomo, insolita trovata che permette di entrare nella partita di un amico nei panni di uno “zombie” sotto steroidi e fare un po’ di sana caciara. Nella modalità principale, è bene ricordarlo, è disponibile anche la variante coop sia on che offline: inutile dire che, proprio quest’ultima, rappresenta un toccasana nelle sezioni più action e meno survival, azzerando quel minimo di tensione horror che ogni tanto si fa sentire ma rendendo allo stesso tempo l’esperienza più coinvolgente e divertente.
Parlando più strettamente di tecnologia – trattandosi di una Remastered – nei 19 gigabyte scarsi disponibili al download è possibile apprezzare una pulizia e una nitidezza maggiore della controparte originale, seppur il lavoro di ammodernamento di texture e modelli stupisce solo in parte. Complice una qualità complessiva ragionevole del materiale sorgente, Resident Evil 6 HD colpisce più per frame rate e fluidità generale (60 frame al secondo granitici, con qualche rarissimo calo di frame rate dopo ore di gioco) che per ricchezza di dettaglio o complessità poligonale. La patina di nuovo introdotta da Capcom c’è e si vede, sia chiaro, ma – pur correggendo alcuni errori della release originale – lo stupore risultante è nettamente minore se paragonato a quello provato in sede diResident Evil HD. Uno stupore destinato a scemare ulteriormente analizzando la penuria di contenuti aggiuntivi (se non qualche costume alternativo e una variante di Mercenari già introdotta nella versione PC) disponibili in questo pacchetto. La componente sonora compie il proprio lavoro senza infamia ne lode: il supporto al Dolby e ai recenti sistemi hi-fi è cosa graditissima, ma ancora una volta la latitanza pressoché totale del mood survival horror rende il buon audio un aspetto secondario, di cui ci si finisce presto per dimenticare. Un vero peccato, vista la bontà del lavoro svolto tra le mura del colosso Nipponico.
La seconda parte dell’operazione Remastered di Capcom in questo reveal trailer.
In conclusione…
Resident Evil 6, sin dal suo lancio, incarna l’episodio più criticato e dibattuto della leggendaria saga diCapcom. Strabordante di idee e di spunti interessanti, il titolo prodotto da Kobayashi è ambizioso e poliedrico sulla carta ma, pad alla mano, si dimostra un mix non perfettamente riuscito di generi differenti, alcuni dei quali – a ben vedere – poco hanno a che fare con un’eredità gloriosa come quella lasciata daMikami. Un peccato frammisto ad una cocente delusione, da cui si spera il franchise possa riemergere in tutta la propria pienezza sì reinventandosi, ma senza dimenticare la ricetta che l’ha reso così grande.
Al netto di questo, Resident Evil 6 HD è una riedizione discreta, che non si prende troppa briga di stupire e, a tratti, sembra auto-compiacersi di un compitino ben fatto, ma con ampi margini di miglioramento. L’assenza di contenuti del tutto inediti (le novità principali derivano infatti dalla vecchia versione per PC) e un versante tecnologico da cui, frame rate granitico a parte, sarebbe stato lecito aspettarsi qualcosina di più, rendono giustizia solo in parte all’operazione nostalgia di Capcom. Un tassello imperdibile per chi vive di pane e zombie, ma nulla di davvero fondamentale per chiunque l’abbia già giocato o per chi, in estremo ritardo, decida di avvicinarsi ad una delle saghe horror più celebri e longeve del pianeta. Il nuovo C-Virus, a quanto pare, è meno contagioso del previsto.
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