Londra – Sono passati oramai sei mesi dall’uscita di Nintendo Switch, una console ibrida casalinga/handheld che, nonostante dei palesi e mai nascosti limiti tecnici, sta rappresentando una terza età dell’oro per Nintendo (e per l’industry videoludica giapponese) tutta. Se però tra i punti di forza della console made in Big N c’è una ergonomia senza pari, una autonomia che garantisce svariate ore di gioco anche lontano dai lidi domestici ed un sistema di controllo mediamente innovativo, quello che fece storcere il naso a tutti i fans, storici e non, fu una line-up di lancio a dir poco inesistente. Eccezion fatta, infatti, per il nuovo episodio di The Legend of Zelda, forse il miglior videogame realizzato nell’ultimo decennio, i giochi presenti al dayone furono un mero e semplice riempitivo utile a dare un contentino agli hardcore early adopter desiderosi di avere tra le mani prima di subito la nuova creatura di casa Nintendo. Ad ora, solo l’arrivo di Mario Kart 8 Deluxe e Splatoon 2 ha dotato la Switch di due killer application first party capaci di catalizzare l’attenzione del grande pubblico ma, in tutto ciò, mancano ancora all’appello le tanto famigerate hit third party: giochi come The Elder Scrolls V: Skyrim o Xenoblade Chronicles 2 annunciati ben prima del lancio e mai presentati, eccezion fatta per dei trailer fatti trapelare per tenere alta l’attenzione, al grande pubblico.
Caso ha voluto che il Direct andato in onda nella notte del 14 Settembre abbia segnato, infatti, l’inizio del supporto Bethesda nei confronti di Nintendo Switch: nel corso dello streaming oltre infatti al qui presente capitolo della saga The Elder Scrolls di cui, nel bene o nel male, si parlava da tempo immemore, è stata annunciata la futura, imminente, pubblicazione tanto di DooM quanto, e questa è la vera sorpresa, di Wolfenstein 2: The New Colossus per la console ibrida di casa Nintendo che inizia ad avere, a questo punto, più di qualche freccia nella sua faretra per diventare, in un era dominata esclusivamente dalla rincorsa ai 4K e alla supremazia a colpi di teraflops, la console più innovativa e sorprendente del lotto esistente. Mentre DooM arriverà entro fine anno, per il seguito delle dis-avventure di B.J Blazkovicz dovremo attendere l’inizio del 2018. Torniamo dunque a parlare dell’oggetto del desiderio di molti videogiocatori, oltre che del protagonista dell’odierno press tour londinese: The Elder Scrolls V: Skyrim – Switch Edition.
L’inizio del supporto Bethesda nei confronti di Nintendo Switch
Appena giunti nello showcase Bethesda in quel di Londra veniamo accolti da una spartana postazione sulla quale sono adagiati tre Nintendo Switch, equipaggiati ciascuno con una versione non definitiva di The Elder Scrolls V: Skyrim. La build che ci troveremo davanti tra poco più di due mesi (Skyrim verrà infatti rilasciato il 17 Novembre 2017) altro non è che una versione old-gen “ripulita” e comprensiva di tutte le espansioni (finanche la gigantesca Dragonborn) realizzate nel corso degli anni da mamma Bethesda. Questa descrizione non vi tragga però in inganno: nonostante la build sia basata su una versione old-gen (presumibilmente la versione Xbox 360) il certosino lavoro di pulizia grafica e di ottimizzazione pare aver dato i suoi frutti, fornendoci un prodotto che, pur risentendo endemicamente degli oramai sei anni passati dalla sua prima apparizione nell’universo videoludico, si presenta in modo più che dignitoso, non lesinando colpi di classe, come il (prevedibilissimo) supporto per l’amiibo di Zelda: Breath of the Wild (ed altri in futuro). Il livello grafico è, ovviamente, decurtato di particolari come l’HDR per l’acqua e per i fluidi in generale, facendo però riscontrare un punto di scomparsa dell’orizzonte abbastanza ampio e qualche accenno di fumo volumetrico in occasione di magie o in presenza di fuochi sparsi per il mondo.
L’unico remake ad avere ancora senso a ben sei anni di distanza
Il dettaglio poligonale del mondo di gioco e dei personaggi, che si tratti di principali, comprimari, nemici o di semplici NPC è più che rispettabile e, sicuramente, direttamente paragonabile a versioni ben più blasonate. Purtroppo però la piccola ammiraglia di casa Nintendo presta il fianco a dei difetti che vanno, ahinoi, a svilire pesantemente l’impianto grafico fino ad ora debitamente elogiato: a fronte di un livello qualitativo in linea con l’hardware di Switch, Skyrim soffre di frequenti cali di frame rate anche in situazioni di scarso affollamento a schermo; duole notare, inoltre, la palese impossibilità, a causa di un font davvero piccolo (se rapportato alle seppur generose dimensioni dello schermo dello Switch), di seguire la trama di gioco a meno di non giocare a pochi centimetri di distanza dallo stesso: errore sicuramente derivante dal lavoro di conversione effettuato per portare su switch un gioco così oneroso di risorse, senza però ottimizzare in alcun modo una interfaccia di gioco che, per quanto funzionale su macchine di diversa concezione, mostra tutti i suoi limiti su una console come Switch, se gestita in modalità “portatile”. Non dubitiamo infatti che detto problema possa essere superato utilizzando la stessa mediante la docking station, potendo dunque fruire di schermi ben più ingombranti del 7” di casa Nintendo, andando però così a svilire l’appeal principale della versione “portable” di Skyrim.
[metaslider id=172526]
Ad aggiunta e conferma di quanto detto giunge il sistema di controllo che, per quanto mutuato anche esso dalle versioni originali, è stato adattato alle peculiarità di Switch, permettendo dunque di colpire gli avversari scuotendo il joypad destro e di utilizzare l’arco mirando con ambo i joypad (non caricando l’arco come in occasione dell’iterazione VR di Skyrim) avvalendosi, però, dell’ausilio del pulsante dorsale e limitando l’uso dei joypad alla funzione di mira (assistita o meno). Riporre i joypad nella posizione di “stop” accanto allo schermo di Switch renderà, paradossalmente, più intelligibile il testo per via di una ridotta distanza dagli occhi, andando però a vanificare gli sforzi fatti dai ragazzi di Bethesda per “adattare” il gameplay alle caratteristiche tipiche di Nintendo Switch. Potremmo obiettare che, alla lunga, un uso più canonico dei joypad potrebbe risultare più consono alla tipologia e alla durata del gioco Bethesda/Zenimax ma, anche in questo caso, permarrebbe il problema dell’esigua dimensione dei testi a schermo. Pur considerando però i sopraccitati problemi, è innegabile ammettere quanto la versione Switch abbia un potenziale e quanto possa essere, paradossalmente, l’unico remake (dei tanti fatti) ad avere ancora senso a ben sei anni di distanza dall’uscita originaria dall’uscita del gioco originario.
Il primo impatto con la versione per l’handeld/ibrida di casa Nintendo ci fornisce dunque un risultato dolce-amaro, capace di mettere in evidenza sia le principali peculiarità, quanto i limiti endemici della neonata Switch. Ad un gameplay appagante e divertente anche e soprattutto in versione portable, suffragato da una grafica di sicuro non allo stato dell’arte ma proporzionata e ottimizzata sul dispositivo di casa Nintendo, va purtroppo ad opporsi una ottimizzazione ballerina dello stesso impianto grafico, risultante in frequenti rallentamenti e cali di frame rate a cui va ad aggiungersi, difetto purtroppo non ignorabile, una dimensione del font di gioco assolutamente inadeguata allo schermo 7” della Switch. Consapevoli della provvisorietà ed arretratezza della build da noi provata e, anche e soprattutto, dei due mesi mancanti al lancio di questa versione, ci auguriamo che Bethesda faccia tesoro di queste osservazioni e che vi ponga rimedio, per non azzoppare da sola il lancio di un franchise di successo che potrebbe, se debitamente supportato ed ottimizzato, divenire una delle killer app di questo inverno che, comunque vada, si presenta rovente per Nintendo. |
Commenti