News 26 Set 2017

Wolfenstein 2: The New Colossus – Provato

Londra – Dulcis in fundo: lo showcase Bethesda tenutosi nella capitale britannica ci ha dato la possibilità di mettere le mani su prodotti di gran caratura. Che si parli di The Elder Scrolls V: Skyrim – Switch o di The Evil Within 2, pur con gli endemici difetti ascrivibili a titoli tuttora work in progress, le opinioni risultanti sono state ben più che positive. Oltre a questi titoli abbiamo avuto la possibilità di stressare, per oltre un’ora, una build di Wolfenstein 2: The New Colossus, hit in uscita il 27 ottobre 2017 su PC, Xbox One e PlayStation 4. La storia di Wolfenstein 2: The New Colussus riprende esattamente dove si era interrotta la narrazione del diretto predecessore: B.J. Blazkowicz, ferito gravemente dopo aver sconfitto Deathshead, viene trasportato completamente immobile ed incapace di reagire in un sottomarino, per riapparire più in forma che mai anni dopo nel nuovo continente, quegli Stati Uniti d’America preannunciati, nella sequenza finale di Wolfenstein: The New Order, dai versi del poema “The New Colossus” di Emma Lazarus.

Il mondo intero, nonostante la sconfitta di Deathshead da parte di Blazkowicz, giace e soggiace all’egemonia nazista derivante dalla vittoria della seconda guerra mondiale da parte dell’esercito del Terzo Reich. La battaglia si è spostata nel continente americano, ultimo e storico baluardo di libertà ad opporsi al dominio nazista. La demo da noi provata, ambientata in una fase avanzata (ben oltre la metà) del gioco, ci vede aggirarci per una New Orleans fiaccata e distrutta da anni di guerra: gli eventi di The New Colossus prendono vita nel 1961, ben quindici anni dopo i fatti narrati in The New Order. La capitale della Louisiana, una ambientazione pregna di riflessi voodoo, direttamente contrapposti alle brutture genetiche sperimentate dagli scienziati nazisti, è teatro e spazio abitativo di una sacca di resistenza locale che, anche per via dell’ingresso in scena del nostro eroe, si opporrà con tutte le forze alla avanzata nazista, in un mondo in cui B.J. Blazkowicz è l’alfiere di una seconda rivoluzione americana.

Non solo stealth, ma pura brutalità e “tamarraggine” in pieno stile Wolfenstein

Il primo impatto con la demo è stupefacente: l’ID TECH 6, motore proprietario di MachineGames, visto in movimento fa un effetto di molto superiore a quello derivante dalla visione dei pur bellissimi screenshot circolati nei mesi addietro. La build messa a nostra disposizione, pur non essendo (a detta del personale presente allo showcase) una delle più recenti, fa mostra di una pulizia grafica invidiabile, viziata però da un framerate ballerino, fenomeno che va a cozzare con il ritmo di gioco iper-adrenalinico di cui siamo stati testimoni. Wolfenstein 2: The New Colossus presenta infatti un ritmo decisamente maggiore del suo diretto predecessore, apparentemente mutuato, pur con le dovute limitazioni, più dal recentissimo DooM che dal capostipite della serie sui lidi next-gen. Avere a che fare con il gameplay mette subito in evidenza la prima, fondamentale, differenza con il predecessore: mentre infatti in Wolfenstein: The New Order il potenziamento delle armi era demandato al rinvenimento, in seguito al superamento di determinate sfide, di potenziamenti specifici in location segrete, qui ci troveremo di fronte ad un sistema di evoluzione (quasi) ruolistico in cui, grazie ad una serie di stat point accumulati a suon di kill, avremo la possibilità di potenziare uno o più aspetti delle armi che andremo via via ad imbracciare nel corso dell’avventura.

Detta feature rivestirà un ruolo tutt’altro che marginale: la difficoltà di Wolfenstein 2: The New Colossus è stata, infatti, nettamente livellata verso l’alto. Pagheremo dunque a caro prezzo, a suon di sanguinolenti game over, la scelta di spendere impropriamente, o su armi di scarso utilizzo (ed altrettanta efficacia), gli stat points di cui sopra. Questo per via, soprattutto, di una revisione generale della IA avversaria, duramente criticata nel corso della passata iterazione. I nemici infatti, oltre ad essere più agguerriti e letali, saranno occupati in dinamiche di “ronda militare” tesa a notare finanche la più piccola infrazione alla “quiete” da loro creata nel perimetro di competenza. Attaccare un nemico, a meno che non si riesca ad effettuare una uccisione silenziosa senza esser visti dagli altri avversari, si tradurrà in morte certa: alla stessa maniera lanciarsi ad armi spiegate negli enormi spazi aperti che avremo a nostra disposizione, ci vedrà facilmente soccombere di fronte ad una potenza di fuoco di molto superiore alla nostra. Saremo dunque costretti ad utilizzare ogni anfratto della mappa di gioco sia per nascondersi che per lanciare, nel modo più silenzioso possibile, gli attacchi, cercando di attirare verso di noi i nemici per poi eluderli e passare, mediante uno dei pertugi o dei tanti passaggi segreti presenti nella location da noi esplorata, in posizione di favore per scatenare tutta la nostra potenza di fuoco.

B.J. Blazkowicz è l’alfiere di una seconda rivoluzione americana

Spicca, in tutto ciò, una maggiore differenziazione dei nemici: alla “ordinaria” milizia tedesca si aggiungeranno soldati robotizzati e aberrazioni genetico-tecnologiche create dagli scienziati del Terzo Reich, dettagli che andranno ad aumentare, e non di poco, sia la difficoltà che la varietà del sistema di gioco tutto. Non solo stealth, ma pura brutalità e tamarraggine in pieno stile Wolfenstein: il sistema di puntamento torna, mutuato nella sua interezza, dal predecessore. Potremo dunque decidere di giocare “di fino” imbracciando una sola arma ed avendo a nostra disposizione il dispositivo di mira agevolata o, altresì, di crivellare di proiettili i nostri nemici brandendo due armi (identiche o differenti poco conta), una per mano. In aggiunta a tutto ciò potremo utilizzare la nostra inerzia per infliggere pesanti danni da sfondamento ai nemici e ad elementi strutturali della mappa di gioco predisposti alla distruzione: lanciarsi in una forte corsa verso i nostri avversari si tradurrà infatti nella trasformazione del malcapitato di turno in una poltiglia di sangue, in linea con la peggior tradizione hard boiled di sempre. Sempre in tema di combat system, i ragazzi di MachineGames hanno dato sfogo alle loro fantasie belliche più perverse aumentando a dismisura numero e tipologia di armi a nostra disposizione per permetterci di disporre, a nostro piacimento, delle vite di poveri ed indifesi nazisti. Ciliegina sulla torta, la possibilità di mettersi, a fine demo, a cavalcioni di un Panzerhund tedesco e falciare intere orde di nemici grazie alla sua incredibile mobilità, seconda solo alla sua potenza e alla cadenza di fuoco.

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La demo che abbiamo visto è stata introdotta e chiusa da due filmati di intermezzo che definire lunghi (cinque-sei minuti cadauno) sarebbe riduttivo: se questo da un lato va ad enfatizzare l’essenza cinematografica del titolo MachineGames, dall’altro spezza in modo troppo deciso la frenesia del gameplay, mettendoci sì davanti a spettacolari animazioni in CG,intervallando però decisamente troppo le sessioni di combattimento ed esplorazione tipiche del franchise Wolfenstein.

Wolfenstein 2: The New Colossus riprende il discorso lasciato in sospeso dal predecessore, e promette di svilupparlo e correggerlo in ogni suo elemento.

A mappe di gioco più grandi sembra corrispondere infatti una maggiore varietà dei nemici che andremo volta dopo volta ad affrontare ed una ancora maggiore possibilità di scelta degli strumenti di morte a nostra disposizione.

I ragazzi di MachineGames hanno lavorato duramente per affinare e raffinare il quasi perfetto gameplay old-school di Wolfenstein: The New Order, per consegnare al grande pubblico un gioco che, se manterrà le promesse intraviste in fase di anteprima, non faticheremo a ricordare negli anni a venire.

 


 

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