Mettere le mani su Blade Runner è stato un rischio enorme. Diciamocela tutta, l’iconico film di fantascienza uscito ben trentacinque anni fa è uno di quei capolavori che forse non andrebbero mai toccati. I suoi dialoghi sono diventati un cult, ed il monologo del replicante Roy Batty sotto la scrosciante pioggia di una Los Angeles cyberpunk ha lasciato un segno indelebile nella storia del cinema. Nonostante questo, il regista Denis Villeneuve (Sicario, The Arrival) ha deciso di continuare la storia di questo immenso franchise, cercando di raccogliere al meglio l’eredità di Ridley Scott (che comunque rimane in veste di produttore) e proporre la sua visione del mondo di Blade Runner con un nuovo, affascinante capitolo. Infatti, nonostante i giusti scetticismi e le incertezze iniziali, Blade Runner 2049 ha saputo dissipare ogni dubbio, rivelandosi inaspettatamente non solo un degno successore dello storico brand, ma anche un’opera colossale con una sua forte identità.
Ryan Gosling è il protagonista principale di questa pellicola, e nei panni dell’agente K ci mostra nuovamente cosa significhi essere un Blade Runner, ovvero un cacciatore di replicanti ribelli. Questi ultimi hanno deciso di spezzare il giogo di schiavitù imposto loro dalla razza umana, e sebbene siano rimasti in pochi, costituiscono ancora una minaccia per tutti. Inutile dire che si tratta di uno dei compiti più pericolosi in assoluto, persino per un poliziotto: i nuovi modelli dei replicanti sono più forti, più veloci e più resistenti di un essere umano e sono altrettanto longevi. La vita del Blade Runner è fatta di incertezze e sangue, sovrastata da una Los Angeles distopica ancor più decadente e claustrofobica.
Più umani degli umani stessi.
L’idea principale, che è anche il concetto movente del primo film, verte sul diritto all’esistenza della specie replicante come pari (o superiore) all’umanità stessa, ma non solo. Concetti complessi come il transumanesimo e l’evoluzione della coscienza artificiale sono espressi in maniera convincente da Villeneuve ed il suo staff: ancora una volta è l’identità dell’individuo ad essere protagonista di questa pellicola, la percezione del proprio io, che ci porterà a delimitare un confine labile fra il vivere ed il mero esistere. Ancora una volta rimarremo incollati alla poltrona, carichi di domande, storditi da una fotografia eccellente e da un comparto visivo mozzafiato. Inoltre, l’intera infrastruttura narrativa del primo episodio è stata mantenuta ed espansa con naturalezza e senza alcuna forzatura. Blade Runner 2049 sembra in tutto e per tutto il figlio legittimo del suo predecessore, e mette sul grande schermo un mondo diverso, cambiato ed evoluto rispetto agli anni in cui Deckard pattugliava le strade in cerca di replicanti. Le nostre dissertazioni sulla trama finiscono qui per evitare gli spoiler e per accontentare la richiesta del regista stesso: la produzione ha compiuto infatti un ottimo lavoro nel mantenere l’intero intreccio narrativo totalmente segreto, e siamo convinti che per godersi appieno Blade Runner 2049 occorra sedersi in sala senza sapere nulla di ciò che ci verrà mostrato.
Se volete approfondire un po’ il background di 2049 senza rovinarvi nulla, potete dare un’occhiata ai due corti rilasciati recentremente, che vi “prepareranno” per la gargantuesca esperienza offerta dalla pellicola. Sì, perché durante le due ore e quarantatrè minuti di durata del film assistiamo all’incredibile arte di Roger Deakins, già direttore della fotografia per Le Ali della Libertà ed Il Grande Lebowski, che confeziona un comparto visivo impressionante, visionario e totalmente fedele all’ambientazione dell’originale di Blade Runner. Dai giganteschi panorami desolati delle wastelands losangeline fino ai vicoli urbani illuminati dalle oloinsegne più colorate ed appariscenti, ogni secondo di 2049 trasuda vera e propria arte visiva. L’atmosfera è convincente, realistica e credibile, e poco importa se la lunghezza del film sia forse un po’ eccessiva o che il ritmo narrativo si prenda il suo tempo. Lo spettatore rimarrà comunque narcotizzato, assuefatto ed appagato dalla innegabile bellezza della fotografia.
Non solo un degno successore dello storico brand, ma anche un’opera colossale con una sua forte identità
Le performance degli attori sono un altro punto che vale la pena di approfondire. Gosling si trova a suo agio nei panni di K, un vero duro che ha vissuto una vita segnata da conflitti e sacrifici, che ha fatto del dolore il suo compagno più intimo. L’attrice cubana Ana de Armas, che interpreta la compagna di K, riveste un ruolo sicuramente controverso che farà discutere per parecchio tempo. La fredda Luv (Sylvia Hoeks) riesce a strappare lo scranno del cattivo del film ad un Jared Leto poco ispirato, che sebbene abbastanza inquietante nei panni di Mr. Wallace, non convince appieno ed il suo ruolo di gelido e cieco CEO della Wallace Corporation non viene abbastanza approfondito. Fantastico invece Harrison Ford, che riesce a ridare dimensione al suo Deckard, con un’intepretazione cruda e decisamente sentita. La colonna sonora, composta e realizzata da Benjamin Wallfisch e Hans Zimmer tocca tutte le corde giuste nello spettatore, risvegliandone i sensi e contribuendo a rendere l’esperienza ancora più immersiva e coinvolgente.
Probabilmente Blade Runner 2049 non supera il suo illustre predecessore, ma d’altronde era un’impresa praticamente impossibile. L’originale del 1982 arrivava da un visionario romanzo del 1968, e all’epoca il film di Scott portava qualcosa di mai visto su uno schermo cinematografico. Questo sequel rimane comunque un’opera titanica ed un degno successore per la pesante eredità del franchise. Le quasi tre ore di durata del film sono una vera e propria esperienza multisensoriale che vi lascerà carichi di dubbi e domande sull’esistenza e sopratutto sul vero significato dell’essere umani. Il finale lascia comunque molte porte aperte, alcune delle quali lasciate volutamente in sospeso, che continueranno a tormentare la coscienza dello spettatore per molto, moltissimo tempo. Anche fuori dalla sala, 2049 vi lascerà carichi di domande, pieni di dubbi e con uno strano bisogno di rivedere il film. Sì, perché questa è la grande fantascienza che sa far pensare, discutere e soprattutto riflettere. Dopotutto, è proprio questa la vera essenza di Blade Runner.
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