Kingdom Hearts 3 è tra noi, un po’ come quel vento gelido che in questi giorni torna a ricordarci di come la primavera sia ancora lontana. Un titolo così atteso e sognato che probabilmente la stessa Square-Enix ha avuto non pochi timori ad avviarne lo sviluppo.
Eppure Kingdom Hearts 3 è un gioco bellissimo, come vi ho raccontato nella mia recensione: nonostante i suoi limiti e i suoi inciampi narrativi, da giocare è un piacere. Un po’ come bere un bel tè freddo in una giornata assolata: è fresco e va giù liscio che è un piacere sorseggiarlo ogni volta. Questo perché l’opera magna di Tetsuya Nomura è in equilibrio tra ciò che è stato in tutti questi anni, un gioco dalle molteplici anime che si incastrano tra loro perfettamente.
Qualcosa è andato perduto, e mi riferisco agli elementi più prettamente strategici e di personalizzazione che caratterizzavano alcuni degli episodi portatili. Fusioni tra comandi, magie più complesse e la possibilità di avere un vero e proprio roster di comandi tra cui scegliere a seconda della propria strategia offensiva, invece dei classici comandi Attacca-Magia-Oggetti.
Un sistema apprezzato da tanti giocatori, tanto da consacrare Birth by Sleep come uno dei titoli più appaganti in termini di gameplay nella serie. Kingdom Hearts 3 rinuncia a tutto ciò e lo fa per una buona ragione: al di fuori dei limiti delle console portatili, abbiamo di fronte un’esperienza che sfoggia velocità e dona al giocatore ogni mezzo possibile per farsi strada tra i tantissimi nemici presenti su schermo.
Ma perdere qualcosa può spesso portare a ritrovare qualcos’altro: in questo caso parliamo del feeling e delle tantissime opzioni e movimenti che aveva Sora in Kingdom Hearts 2. Nemmeno a dirlo, non si chiamerebbe Kingdom Hearts 3 se oltre a ritrovare quelle idee e quella filosofia, non ne introducesse di nuove.
In questo senso, questo terzo capitolo è la summa del meglio di quello che abbiamo giocato in questi anni, e qualcosa di più. C’è il fluimoto di Dream Drop Distance, i comandi Epilogo di Birth by Sleep, il sistema di combattimento di Kingdom Hearts 2. Oltre a questo, delle idee niente male che lo rendono divertentissimo ed esplosivo.
Una giostra che va
Oltre ai comandi epilogo, attivabili concatenando una serie di attacchi ben piazzati, saranno disponibili dei comandi speciali. Questi ultimi attiveranno delle vere e proprie Attrazioni, delle giostre luminose che sbucheranno dal nulla permettendo a Sora e compagni di effettuare attacchi incredibili.
Ognuna di esse ha un gameplay differente, nonostante siano a tempo: la Nave pirata ad esempio, permette di lanciare delle sfere acquatiche mentre dondola da un lato all’altro dell’area; le Tazze pazze invece, roteano da una parte all’altra dell’area come delle macchinine scontro, con una mossa finale semplicemente devastante; la mia preferita è però il Visore blaster, con il nostro Sora che può sparare in prima persona ai nemici come in uno sparatutto e spostarsi agilmente in aria con i propulsori. Queste sono solo alcune di quelle che avrete modo di scoprire giocando.
La bellezza delle Attrazioni, oltre alle luci e ai colori che fisserete in estasi su schermo, sta nella loro integrazione col battle system. Non interrompono l’azione, ma si inseriscono fluidamente nell’agile danza di attacchi e magie di Sora. Funzionano, sono divertenti, aggiungono pepe all’azione e, soprattutto quando si tratta di eliminare un gran numero di nemici, si rivelano piuttosto efficaci.
Non mancano poi le storiche Fusioni Legame, che ci permettono di evocare alcuni amici dal passato come Simba e Ariel per aiutarci in battaglia per un breve perodo. Sì, c’è anche Ralph Spaccatutto ed è probabilmente la fusione più buffa di tutte. Ma le Attrazioni sono la vera attrazione (concedetemi il gioco di parole, ndr).
Kingdom Hearts 3 è il Kingdom Hearts di nuova generazione che stavamo aspettando da anni, e va bene così
Tre keyblade per domarli
Se consideriamo i keyblade come semplici armi dalle statistiche specifiche (a volte con dei move-set unici), potremmo quasi dire che quasi nessun capitolo di Kingdom Hearts è mai andato oltre questa idea di base. Un keyblade poteva essere inutile al di fuori di determinate situazioni, o inadatto ad altre per una povertà di statistiche.
Kingdom Hearts 3 prova a cambiare questa formula alla base, introducendo in primis la Forgia Moguri, che ci permetterà di potenziare utilizzando differenti materiali tutti i keyblade presenti. Oltre al beneficio immediato di tali potenziamenti, che risulterà in un aumento delle statistiche di Attacco e Magia, verrano sbloccati anche dei potenziamenti dei comandi Epilogo e delle Fusioni.
Questo perché ogni Keyblade avrà ben due forme extra, chiamate Fusioni, che gli permetteranno di trasformarsi (letteralmente) e di accedere ad un nuovo move-set e a nuove abilità. Tutti i keyblade (o quasi) possono cambiare forma: viene quindi naturale definire Kingdom Hearts 3 come un notevole passo in avanti in termini di gameplay. Le forme sono tutte diverse tra loro, e alternano spesso forme con attacchi ravvicinati ad altre più difensive e ragionate.
Ogni Keyblade può essere competitivo se vorrete, e con la possibilità di equipaggiarne tre alla volta (cambiandoli con un semplice tasto in battaglia) vi sarà possibile adattare il vostro stile di gioco a qualsiasi nemico voi abbiate davanti. Con i Boss, questa è una bella manna dal cielo.
Varietà, velocità e personalizzazione restano quindi gli aspetti più riusciti di Kingdom Hearts 3, nonché una delle grandi innovazioni di questo capitolo. Il passato è passato, abbracciamo il presente con entusiasmo anche a costo di qualche sacrificio.
Ed è a costo di qualche sacrificio che Kingdom Hearts 3 appare così solido da vedere e da giocare: è un orologio a ingranaggi che funziona perché ogni sua parte combacia perfettamente con l’altra. E poco importa se le opzioni di personalizzazione dei comandi possono apparire limitate, o se le Magie hanno un ruolo minore. Kingdom Hearts 3 è il Kingdom Hearts di nuova generazione che stavamo aspettando da anni, e va bene così.
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