Editoriale 30 Ott 2014

5 (buoni) Motivi per NON andare alla Games Week

Ci è costata una levataccia ad orari improponibili, pranzi saltati, qualche linea di febbre e un paio di notti in bianco, ma adesso la Games Week è finita. Con quasi centomila visitatori spalmati nell’arco dei tre giorni di kermesse, l’appuntamento videoludico autunnale made in Italy, giunto ormai alla quarta edizione, pare aver fatto definitivamente breccia nel cuore dello Stivale. Certo, i fasti di Los Angeles sono ancora una chimera, e anche le line-up serratissime dei Publisher che affollano l’Agosto di Colonia, a ben vedere, sono ancora a ragionevole distanza. Ciò nonostante Games Week cresce, fa parlare di sé anche ai telegiornali e, cosa più importante, riesce ad attrarre grandi battaglioni di persone. Perché ammettiamolo, quando mai vi ricapita di giocare nello stesso giorno a Bloodborne, FarCry 4 e PES 2015 in rapida successione? Magari guadagnando pure qualche simpatico gadget o, perché no, portando a casa l’acquisto della vita, l’offerta a prezzo stracciato che non appena la mostrate ai vostri amici di colpo fischiano le orecchie di ogni vostra parente? Sì insomma, ritrovarsi tra i booth della Games Week è un po’ come osservare una Wonderland digitale alla ricerca del Bianconiglio: giochi di qua, giochi di là, qualche cosplayer come si deve a tappare i buchi tra una partita e l’altra e via, verso l’infinito.

Ebbene, non è così. Oggi vi daremo cinque dei motivi per cui, forse, la prossima volta fareste meglio a stare a casa. Cinque osservazioni sagaci che, ne siamo sicuri, vi faranno capire che esistono modi più astuti e costruttivi per passare il penultimo fine settimana di ottobre che rinchiudersi in una fiera dal neppur troppo vago retrogusto di ascella. Sia chiaro, mica vi stiamo dicendo di non venire. Sappiate solo che, una volta varcato il cancello, saranno proverbiali “ca@@i vostri”. E tranquilli, di motivi ce ne sarebbero ben più di cinque, ma non vogliamo farci troppi nemici in un colpo solo: che poi l’anno prossimo ce li ritroviamo tutti in Games Week

 


MOTIVO N.1

“In Games Week ci sono tanti giochi ancora non usciti, che posso provare in anteprima per poi fare il bulletto con gli amici.”

no_play

Nessuno mette in dubbio che di giochi, postazioni, console e gamepad la fiera sia piena. Quello che si tende a tralasciare, purtroppo, è la lista di attesa. Nemmeno la sanità pubblica italiana dei tempi migliori è arrivata a tanto: due ore e mezza di attesa per provare il nuovo Call of Duty (vi prego, non serve aggiungere altro, è già imbarazzante così.), altrettante per provare il Dev Kit 2 di Oculus Rift, qualcosina in meno per The Evil Within o Driveclub. Titoli che tra l’altro sono già usciti da un pezzo e quindi fan***o, piuttosto di fare la fila me ne vado a comprare altre tre copie e le uso per sgozzare la gente in coda. Volevate provare Bloodborne? Coda. Magari un giretto con The Order 1886? Coda. Beh, stica**i, allora vado da Microsoft a provare Sunset Overdrive. Indovina un po’, coda pure qui. Coda, coda ovunque. Coda persino al cesso, perché che ci volete fare, pisciare in HD non capita certo tutti i giorni. Risultato? Diciassette ore di coda e, nell’ipotesi migliore, una prova in-game di 5 minuti visto che poi qualcuno dello staff arrivava puntualmente dicendo “Beh, sai, c’è anche altra gente che deve provare. Grazie eh“. E tra parentesi: “Ora magari levati dal ca**o, su“. Non so a voi, ma a me basta già questo come motivo.

 


MOTIVO N.2

 

“Ho fatto l’affare della vita, ho comprato una PS4, tre giochi, una tastiera, una lavatrice, un materasso e una mountain bike a 13.99 euro: ah, e mi hanno pure dato un buono sconto.”

boromir (Custom)

Ve lo dico da subito: o siete individui estremamente puntuali, o quella che si pone davanti a voi è un’autentica crociata al suicidio. Sì, perché nel negozio dove gli affari crescono negli alberi c’è spazio solo per i “mattinieri”, quelli che riescono ad entrare non più di una manciata di picosecondi dopo l’apertura e che, per una fortunata congiunzione di eventi, riescono a muoversi quasi liberamente tra una “mangiatoia” e un bancale. Qualche istante dopo e boom, game over, un serpentone di circa due ore all’ingresso con fila che si perde ai bagni del punto precedente e una densità di popolazione all’interno del sempre meno stabile negozio da fare invidia a quella di un formicaio nel Kentucky. Pensavate di alleviare la delusione delle lunghe attese con qualche acquisto? Beh, NO. Se va male non comprerete nulla, dopo aver gettato ogni possibile acquisto al suolo e condannato la vostra anima al Signore Oscuro. Se va bene, sprecherete un pomeriggio intero nell’attesa di acquistare un Wii U a 99€, attenderete impazienti il vostro turno in cassa e poi ollè, scoprirete che le Wii U sono finite. Ho visto gente strozzarsi in loco con il cavo di un gamepad per la delusione.

 


MOTIVO N.3

 

“No, ma in mezzo a tutto il casino ho visto tizio, il mio eroe di YouTube, e mi ha fatto l’autografo !!!unounouno111one!!”

youtubers

Ok, questa magari è autobiografica, ma sappiate che se anche voi non sopportate gli youtuber e il loro seguito di scimmiette impazzite beh, girate lontano dai padiglioni della fiera. Non bastassero gli atteggiamenti da starlette di ragazzini di manco 20 anni incapaci di fare lo spelling di ZX Spectrum ma, non di meno, boriosi nel regalare autografi alle masse (“questo è venuto di merda ma fregatene, tanto è mio” – sì, è successo veramente), a rendere il siparietto ancora più fastidioso è l’oceano di ragazzini in piena crisi ormonale che urlano a squarciagola e si battono il costato manco fossero ad un concerto degli One Direction. Non che l’età mentale sia poi tanto differente, a dire il vero, ma se vi sale velocemente il crimine di fronte a queste cose e le mani vi prudono assai di fronte all’ennesimo aspirante Re del Web – creatore di un successo basato su una collezione di bellazzio, oh ma ci sta troppo dentro e waaaaaaaa sbhaaaaaaa sgfhaaaaaa, io ve lo dico: statene fuori. Che poi mica tutti gli youtuber e annessi seguaci sono degli esperimenti andati male nel castello di Wolfenstein (vale invece l’esatto contrario): ma nel casino della Games Week la macchina dell’odio va in moto facilmente, e siete più che giustificati a sparare ad occhi chiusi.

 


MOTIVO N.4

 

Aria di casa, aria di pulito…

smell

Prendete un numero variabile tra i trenta e i trentacinquemila adolescenti in piena tempesta ormonale da videogames. Metteteci una giornata autunnale con un sole particolarmente benevolo e rinchiudete i suddetti virgulti all’interno di una zona fiera “ampia ma non troppo” coi muri spessi due metri. Qual è la prima cosa a cui pensate? Se la vostra risposta è “la giornata mondiale della gioventù” spiacente, la risposta non è esatta – anche se abbiamo per voi un ottimo terapeuta. Se proprio foste alla ricerca di una risposta estrosa, potreste sempre dire che alla Games Week tira un’aria strana. E no, non stiamo parlando di quell’atmosfera alla Mikami che trasforma un pomeriggio in fiera in un’esperienza frenetica: più semplicemente, stiamo dicendo che l’aria della fiera è di quelle pesanti. Molto pesanti. Così pesanti da rendere necessarie delle regolari tappe all’esterno, da sfruttare per far riserva di aria “commestibile” per poi affrontare nuovamente la calca interna. Che poi ammettiamolo, l’omo c’ha da puzzà – e ve lo dice un super esperto del settore. Se però il vostro nasino è uno di quelli sofisticati che mal tollera qualunque cosa disti troppo dall’Arbre Magique, siete avvisati: nei meandri della Games Week potreste trovare sorprese terribili. Persino qualcosa di simile all’ascella pezzata che si mescola al Kebab.

 


MOTIVO N.5

 

“No vabbè, ma tu non hai idea di quanta gnocca ho visto in fiera … E vedessi che foto, c’ho pure il numero della cosplayer …”

Immagine

Partiamo da un semplice assunto: siamo a Milano, non a Los Angeles o San Diego. Questo per dire che chiunque si aspetti di trovare Jessica Nigri con un microcostume di un paio di centimentri quadri, con buonissime probabilità, se ne tornerà a casa con le pive nel sacco. Che poi non è che il gentil sesso manchi: al contrario, di ragazze in fiera ce ne sono parecchie. Peccato che, per l’ennesima volta, le aspettative vadano ridimensionate drasticamente: a meno che vedere una ragazza di 20 chili dall’espressione efebica e avvolta in un felpone di <gioco a caso> non rappresenti il fondoscala dei vostri parametri di sessualità o, sai mai, siate uno dei rari esemplari di uomo che si ferma a guardare la complessità stilistica delle vesti indossate. Novità di quest’anno, i fidanzati incazzati: avete presente quella sensazione sgradevole di sentirsi pesantemente osservati (e insultati) mentre, dopo essersi asciugati un paio di litri di bava, ci si appresta a fare lo scatto con una delle rare scosciate di turno? Ecco, quello è il felicissimo ragazzo della cosplayer ragionevolmente gnocca (parametro direttamente proporzionale alla quantità di maschietti arrapati in fila per fotografarla) che, se potesse, la reflex da cinquecento e rotti euro ve la infilerebbe dove non batte il sole. Quindi sì, insomma, la Games Week non è certo la sede staccata del Monastero delle Orsoline: ma se uno dei vostri amici vi sta narrando di come sia stato vittima della cecità improvvisa, di quanta gnocca ha conosciuto grazie al suo fascino irresistibile e di quante playmate in bikini abbia conquistato beh, sappiate che vi sta bellamente pigliando per il c**o.

 


Nota a margine: sì, lo so, sono un rompipalle a cui non va bene nulla. Alla Games Week ci sono venuto, e in realtà mi sono pure divertito parecchio. Ma capitemi, ho 33 anni e un febbrone da cavallo in corpo: dovrò pur trovare qualcosa di cui lamentarmi, no? Che poi a noi piace scherzare su ogni cosa, quindi quello che avete appena letto è un post scherzoso su alcuni difetti scherzosi di questa Games Week Scherzosa. Tranne ovviamente la parte degli YouTubers. Sugli YouTubers e la loro armata delle tenebre non si scherza mai.

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