News 08 Apr 2015

Bloodborne – Recensione

Non è facile chiamarsi Hidetaka Miyazaki. Essere la mente dietro una delle saghe più punitive della storia dei videogiochi rappresenta sì un grande onore, ma allo stesso modo non dev’essere così facile addormentarsi la notte, quando sai benissimo che in quel preciso istante milioni di giocatori stanno maledicendo il tuo nome dopo l’ennesimo game over. E inutile girarci troppo attorno: minuto dopo minuto, ora dopo ora, quel counter impietoso di morti cresce a ritmi vertiginosi. Ce n’eravamo già accorti una manciata d’anni fa con Demon’s Souls, prima esclusiva per PS3 targata From Software – immeritatamente passata in sordina nel parco giochi della precedente ammiraglia Sony. Con l’arrivo multipiattaforma di Dark Souls prima e Dark Souls II dopo, la filosofia di Miyazaki e soci raggiunse capillarmente le bocche di tutti i giocatori, anche quelli meno hardcore ma comunque desiderosi di mettersi alla prova con qualcosa di davvero difficile: così difficile che era praticamente impossibile sopravvivere per più di cinque minuti senza ricaricare l’ultimo checkpoint, in quella che – per ammissione dello stesso director giapponese – diveniva fuor di metafora una sfida per migliorare sé stessi e superare i propri limiti.

Non è dunque un caso se, dalla passata generazione di console, il nome Dark Souls sia sinonimo di sofferenze atroci per aspiranti eroi, di hardcore gaming allo stato puro e, cosa più importante, di caparbietà: sì, perché per raggiungere i titoli di coda di una delle sfide più impegnative di sempre bisogna essere molto pazienti. E pure un po’ folli, visto il numero di trapassi che ci attende dietro ad ogni angolo. Bloodborne, l’esclusiva di lusso diPlayStation 4 di cui tanto si sente parlare nell’ultimo periodo, nasce esattamente sotto questo ascendente: una sfida tanto difficile quanto assuefacente, un’avventura indimenticabile che abbraccia ed espande quanto di buono fatto sinora da From Software. Ma non pensiate si tratti di un “semplice” sequel spirituale: la minaccia che si aggira per le strade di Yharnam ha tutte le carte in regola per slogarvi non solo le mascelle. E ve ne accorgerete dannatamente presto.

Bloodborne

PiattaformaPS4

Genere: Action RPG

Sviluppatore: From Software

Publisher: Sony Computer Entertainment

Giocatori: 1

Online: 1-3 coop, 1 vs 1 PvP

Lingua: Completamente in Italiano

Versione Testata: PS4

Una delle domande che negli ultimi giorni ha maggiormente afflitto gli indecisi sull’eventuale acquisto della nuova esclusiva PlayStation, come prevedibile, riguardava indirettamente la saga Souls. Vale la pena avventurarsi in un titolo che si fa portabandiera della difficoltà e del retry esasperato per chi, vuoi per mancanza di interesse o di coraggio, non ha mai condannato la propria anima contro le creature dei due Dark Souls? Ad essere davvero onesti, non esiste una risposta corretta a questa domanda. Conoscere il passato di From Softwareaiuta in modo sensibile: chiunque sia avvezzo ai concetti di grinding selvaggio, di livellamento del personaggio e di tutte le meccaniche che contraddistinguono questa famiglia di Action RPG non solo sa di che morte dovrà morire già nei primi minuti di gioco, ma parte con un know how offensivo/rolistico non certo trascurabile. Allo stesso modo, tuttavia, Bloodborne segna un’evoluzione sensibile nel paragone con gli altri titoli dello sviluppatore giapponese, che rielabora e reinterpreta gran parte delle meccaniche di gioco (combat schema in primis) pur senza tradire quelle caratteristiche fondamentali, quali difficoltà e level design, che lo hanno meritatamente consacrato. E vogliamo iniziare parlando proprio del sistema di combattimento, l’aspetto più interessante e innovativo di questo Bloodborne.

Regain System, questo il nome adottato dal team di sviluppo per indicare l’anima delle meccaniche offensive del titolo, è una soluzione tanto brillante quanto intuitiva, che permette di mantenere sempre ad alti livelli il ritmo di gioco rendendo di fatto l’attacco la miglior difesa. Al di là delle classiche ampolle di salute (con cui rigenerare parte del maltolto), non c’è soluzione migliore qualora si fosse colpiti da un nemico di colpirlo rapidamente a nostra volta. Contrattaccare il danno subito entro un breve intervallo di tempo permette al nostro PG di recuperare parte (o anche la totalità, se saremo abbastanza rapidi) dell’energia sottratta dall’attacco avversario, rimettendoci così nuovamente in forma per fronteggiare la minaccia. Una trovata geniale di Miyazaki, che tra le fitte righe del combattimento lascia intendere al giocatore un messaggio quanto mai semplice: picchiate, fin quando la vostra resistenza ve lo permette. Questo non significa certo menar mazzate a testa bassa a qualsiasi cosa si muova (uno, perché comunque la schivata rimane ancora fondamentale, specie quando accette grandi come una palazzina pioveranno sulla vostra testa, e due, perché in molti casi, specie nelle battute iniziali, scappare a gambe levate è tutto tranne che disonorevole): stretto il pad tra le mani, ciò che conta è che, nel vivo del combattimento, avremo sempre una chance di recuperare parte dell’energia per eliminare chi ci sta davanti, indipendentemente da quanto sia grosso. L’importante, insomma, è combattere.

Ciò che conta è che, nel vivo del combattimento, avremo sempre una chance di recuperare parte dell’energia per eliminare chi ci sta davanti

Questa vocazione esasperatamente offensiva traspare da un ulteriore elemento di dissonanza rispetto ai precedenti Souls: l’assenza dello scudo. Se nei due capitoli della citata serie gran parte del nostro rodaggio è stata investita nello studio dell’utilizzo di questo inseparabile gingillo, in Bloodborne esso scompare per essere sostituito da una seconda arma (da fuoco) sulla mano sinistra. Ancora una volta ci si difende attaccando: pur non essendo paragonabile a quello dell’arma primaria, il colpo dell’arma secondaria è estremamente utile in numerosi frangenti, primo su tutti quando si tratta di interrompere la combo dell’avversario. Avversario che, se colpito al momento corretto, resterà temporaneamente stordito permettendo di affondare la classica Parry. Sia chiaro, padroneggiare questa tecnica è facile solo a parole, visto e considerato che più si procede nel gioco e più aumenta numero e complessità degli attacchi nemici (un fattore che rende molto difficile stunnare l’avversario): qualora un proiettile ben assestato non dovesse bastare, insomma, ricordatevi di schivare: sempre che abbiate ancora abbastanza resistenza per farlo.

Rispetto al passato, anche il set di armi a disposizione del giocatore è stato ridimensionato. L’arsenale bellico primario è ridotto in quantità, ma per ciascuna arma è possibile attivare una seconda modalità di utilizzo con la pressione del dorsale L1: ed ecco che una pesante ascia si trasforma in un’enorme ascia bimane, più lenta nella manovra ma capace di colpire a distanze maggiori. Questa bivalenza insita in ciascuna arma dona ulteriore profondità alla componente offensiva del gameplay, permettendo non solo di alternare stili differenti di attacco, ma di switchare da una modalità all’altra direttamente all’interno di una combo. Diretta conseguenza di questa scelta, chiaramente, è la sperimentazione: Ascia del Cacciatore, Kirkhammer, Spada di Ludwig o Soul Cleaverhanno uno stile specifico, oltre che parametri intrinseci quali velocità e danno. Capire quale soluzione si adatti meglio alla propria condotta di gara è dunque compito del giocatore, che potrà comunque livellare e potenziare ulteriormente ciascun gingillo all’interno del Sogno del Cacciatore.

In questa variante del celeberrimo Nexus avrà luogo la totalità delle manovre GdR di Bloodborne. Investendo copiose quantità di Echi del Sangue, la preziosa moneta di gioco elargita abbattendo le varie creature che popolano Yharnam nel corso della Notte di Caccia, potremo andare a livellare il nostro PG e la quasi totalità del suo equip. Ciascuna arma in nostro possesso è riparabile e potenziabile presso un apposito bancale, a patto di avere sufficienti echi e frammenti di sangue (item droppati da molti degli NPG sconfitti); è inoltre possibile incastonarvi particolari Rune, andando così ad acuire specifici parametri delle suddette – anche in questo frangente, la sperimentazione è la chiave del successo. Parte delle armi del nostro alter ego può essere recuperata direttamente a Yharnam da alcuni cadaveri, mentre altre possono essere acquistate direttamente nelSogno (purché siate in possesso del relativo stemma, generalmente dato in ricompensa dopo aver abbattuto un boss o recuperabile all’interno di scrigni). Prima di darsi alla spesa folle, è bene ricordarsi che i gingilli più potenti, anche se acquistati, potranno avere richieste specifiche di livello per essere utilizzate (il Kirkhammer, ad esempio, richiede un livello di Forza pari a 16 per essere equipaggiato): meglio quindi investire gli echi da altre parti, magari nell’acquisto di Molotov, pozioni curative o altri tra i numerosi consumabili del gioco o, perché no, nell’acquisto di nuovi abiti. Questi ultimi fungono da modificatori per le stat del PG, laddove la relativa differenziazione non è così sensibile. Ovvio che l’uniforme di Padre Gascoigne è più utile dei cenci da Straniero: ma superato un certo livello, a meno di optare per una difesa maggiore all’avvelenamento o alla pazzia rimane un buon margine per il semplice gusto estetico.

All’interno del Sogno del Cacciatore avrà luogo la totalità delle manovre GdR di Bloodborne

Come avrete capito, anche il nostro protagonista senza nome può aumentare di livello. La meccanica è quella appena esposta, basterà raggiungere “l’automa” nel Sogno e spendere echi per aumentane le statistiche principali (vitalità, resistenza, abilità, tinta del sangue, forza e arcano). Ciascuna di queste influisce in maniera più o meno diretta sulle stat del PG, modificandone la resistenza agli attacchi “fisici” o al veleno, ad esempio, aumentando il quantitativo massimo di salute o di “fiato” per eseguire combo più lunghe, o garantendosi i favori della dea bendata mettendo in saccoccia un numero maggiore di echi per ogni uccisione. Sia chiaro, è possibile completare Bloodborne senza mai salire di livello, anche se a nostro modo di vedere si tratta di una scelta particolarmente rischiosa per la propria anima: questo meccanismo di crescita garantisce tuttavia una notevole libertà al giocatore, che potrà livellarsi a piacimento, magari aumentando salute e resistenza a discapito di cose più esoteriche quali arcano o tinta del sangue.

Il nostro consiglio, almeno alla prima run, è quello di optare per un personaggio equilibrato di buona resistenza/salute: non foste entusiasti dell’approccio conservativo, avrete comunque un ampio margine di esperimenti. Parlando di exp, vale comunque la pena sottolineare una cosa: gli echi del sangue raccolti e non usati vanno letteralmente in fumo qualora doveste essere uccisi a Yharnam. Avrete una sola chance per recuperarli, raggiungendo il luogo dove siete stati uccisi e, eventualmente, uccidendo la bestia che se ne è impossessata (identificabile dai suoi occhi di color purpureo): doveste morire una seconda volta, potete dire addio al vostro prezioso bottino. E non saremo certo noi a dirvi che questa circostanza capiterà svariate volte.

  • Istantanee da Yharnam di questo Bloodborne.
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La dislocazione dei check point, a tal proposito, non aiuta affatto. Yharnam è un meraviglioso labrinto di architettura gotica, un universo vibrante e corrotto da bestie immonde assetate di sangue attraversato da una miriade di scorciatoie che, se stanate, permettono di muoversi con agilità (e con qualche possibilità in più di tenere stretta la pelle) da una save point all’altro. Queste lanterne dallo spiccato gusto vittoriano rappresentano il nostro lasciapassare per il Sogno del Cacciatore e, cosa più importante, il punto da cui il protagonista tornerà in vita dopo l’ennesimo game over. Chiariamo subito una cosa: Bloodborne non è solo drammaticamente difficile, ma è tutto tranne che generoso nel lasciar salvare la partita. E poichè muoversi con trenta o quarantamila echi in saccoccia non è sempre la cosa più saggia da fare, trovare una stradina secondaria che apra quel cancello vicino ad una lanterna o un ascensore che colleghi due punti lontani all’apparenza un paio di anni luce può fare la differenza tra un probabile aumento di livello del nostro PG e un nuovo esaurimento nervoso. Il level design di Bloodborne rimane comunque pantagruelico: From Software va ben oltre le aspettative più rosee, ricreando una dimensione parallela tardo gotica fatta di Cattedrali, cittadelle arroccate, cimiteri e villaggi nascosti in una fitta boscaglia illuminata pallidamente da una luna minacciosa. Non solo non muoverete un solo passo senza sentirvi costantemente minacciati, ma scenario dopo scenario rimarrà forte la convinzione di aver tralasciato qualcosa, di aver perso qualche tassello del puzzle per strada. Porte impossibili da aprire, NPC salvati dalla morte ma apparentemente inutili, un sentiero abbandonato a metà che non sappiamo dove conduce.

La presenza massiva di forze avverse e boss opzionali/obbligatori non ci permetterà di gustare il panorama a dovere, ma molti degli scorci di questa Yharnam, assoluta protagonista di Bloodborne, tolgono il fiato. Più ci si muove nelle location, più aumenta nel giocatore la consapevolezza di essere “perso” in un dedalo mortale, un crocevia di bivi e percorsi alternativi che di tanto in tanto ci riconducono in luoghi già visitati precedentemente, facendoci tirare un sospiro di sollievo in corrispondenza di una lanterna. E a quel punto si preme X e via, di nuovo nel Sogno, cercando di massimizzare il profitto di Echi nell’acquisto di armi/exp prima di tornare per le strade della città, nuovamente pattugliate da nemici e creature varie – anche quelle abbattute in precedenza. Una scelta che, specie nelle battute iniziali, può apparire frustrante. Ma trattandosi di una delle strategie migliori per farmare rapidamente gli indispensabili Echi del Sangue, non trascorrerà troppo tempo prima che vediate questo respawn generale come una benedizione: anche perché considerando la caratura dei nemici che ci attendono nella seconda metà del gioco (alcuni dei quali incarnano terrificanti evoluzioni di mostri più “innocui”), spendere qualche ora ad abbattere nemici più abbordabili e salire rapidamente di livello è caldamente consigliato anche ai giocatori più esperti.

Il level design di Bloodborne è a dir poco pantagruelico

Un discorso a parte lo meritano le boss fight, tanto memorabili quanto complicate. I boss in Bloodborne sono raggruppati in due categorie: obbligatori, quindi necessari per progredire alla location successiva con specifici equip/item, o facoltativi, e pertanto evitabili dal giocatore per essere affrontati in un secondo momento. Nessuno obbliga il giocatore a rodersi il fegato con creature diaboliche come il famigerato Chierico Belva (giusto per citare il primo gigante opzionale), ma considerate che ogniqualvolta si abbatta una preda saremo premiati con una nuova lanterna, oltre che un numero ragionevole di Echi del Sangue e altri item interessanti (stemmi, gemme o quant’altro), tra cui i famigerati Calici di cui parleremo a breve. Tra il dire e il fare, tuttavia, sappiamo tutti cosa scorre: ed oggettivamente, abbattere un boss da soli “al primo colpo” è tutto tranne che un’impresa abbordabile: ancora una volta From Software non le manda certo a dire, ed equipaggia i propri cuccioli con attacchi e combo potenti da spedirci senza vita al suolo in una frazione di secondo. Sarà dunque necessario provare e riprovare, memorizzando pattern d’attacco e studiando una strategia ottimale per colpire il più indisturbati possibile – senza dimenticare che, in caso di morte, sarà necessario raggiungere nuovamente la location dello scontro (da cui non si potrà fuggire) schivando tutti i nemici precedenti.

Qualora la battaglia dovesse rivelarsi insormontabile, è possibile utilizzare una Campana speciale con la quale invocare l’aiuto di altri giocatori, che entreranno nella nostra partita per rendere l’abbattimento della preda più abbordabile. Utilizzare la Campana costa un Punto Intuizione (“donati” al giocatore scovando e abbattendo i vari boss) e permette di godere dell’aiuto di un massimo di due giocatori, che usciranno dalla sessione di gioco una volta abbattuto il boss. Allo stesso tempo, è possibile acquistare presso il Sogno del Cacciatore altre dueCampane diametrali a quella appena citata: la prima permetterà di accorrere in aiuto di un Cacciatore in difficoltà, mentre la seconda darà il via ad un’istanza PvP dove l’ospite dovrà abbattere l’altro giocatore prima che questi sconfigga il boss dell’area. Inutile dire che, affinché le campane citate abbiano effetto, sarà necessario non aver sconfitto il suddetto boss. Trattandosi a tutti gli effetti di una componente multigiocatore, dalle nostre prove è emerso un netcode complessivamente stabile, privo di lag evidenti e di fastidiose disconnessioni: poi certo, non è garantito che i Cacciatori che accorrono in nostro aiuto siano dei prodigi infallibili, ma non esiste altro modo si scoprirlo se non sacrificando qualche punto Intuizione.

Altra novità interessante introdotta da From Software in Bloodborne è rappresentata dai Labirinti del Calice, interessanti sezioni secondarie rese disponibili al giocatore soltanto dopo aver sconfitto uno specifico boss. Ottenuto da questo un famigerato Calice, sarà possibile accedere dal Sogno del Cacciatore ad una serie di difficilissimi dungeon, popolati da creature (e ovviamente da immancabili boss) non presenti nella storyline principale del titolo. I Labirinti del Calice sono generati in modo procedurale, tolta una componente iniziale che appare identica per ciascun giocatore. Oltre a garantire un numero molto maggiore di Echi del Sangue, al loro interno si celano una quantità ragguardevole di oggetti preziosi, Rune e consumabili spendibili ovviamente lungo le strade di Yharnam. Se già la curva di difficoltà nella superficie di Yharnam è spietata, il livello di sfida che attende nei labirinti è a tratti inumano. Per nostra fortuna, sarà possibile affrontare questi dungeon in un’interessante modalità cooperativa per un massimo di tre giocatori: ed è proprio il caso di dirlo, l’unione fa la forza. Oltre ad aggiungere un replay value tutto tranne che indifferente, la generazione casuale di questi labirinti si dimostra un’ottima miniera per gli aficionados del farming, che potranno salire rapidamente di livello o mettere mano ad armi/vestiti dal costo inizialmente proibitivo. Posto che, da un punto di vista infrastrutturale, Bloodbornenon ha mostrato eccessivi intoppi tecnologici nel caso di incontri coop, rimane un po’ macchinosa la modalità di joining alla partita, che richiede al giocatore di condividere un codice specifico (che identifica il labirinto da affrontare) e di invitare uno ad uno i giocatori al party a match iniziato. Ma ancora una volta, si tratta di “sacrifici” accettabili in nome di una caccia fruttuosa.

Se già la curva di difficoltà nella superficie di Yharnam è spietata, il livello di sfida che attende nei Labirinti del Calice è a tratti inumano

Per quanto concerne il versante tecnologico di Bloodborne, siamo di fronte ad un’opera interessante e magistrale per certi elementi, non priva però di alcuni difetti ben noti ai seguaci di From Software. Della monumentalità del level design abbiamo già parlato, sia da un punto di vista di architetture labirintiche sia in termini di direzione artistica. Le meraviglie di Yharnam fanno da ottima cornice ad un charachter design sopraffino, che trova nella particolarizzazione del bestiario nemico un fiore all’occhiello per lo sviluppatore: modelli vari e dettagliatissimi, con una componente poligonale ben al di sopra dello standard sono la norma in questo “sequel” di Soul, che gode di una pulizia visiva encomiabile. Lo stesso non può essere detto del frame rate, paradossalmente granitico nelle boss fight più coreografiche ma spesso incerto in sezioni più aperte, anche dove la componente nemica è contenuta.

Il che stride parzialmente con quanto fatto dai programmatori giapponesi, capaci di creare un open world nel vero senso della parola dove si passa da una sezione all’altra della vasta mappa senza la minima ombra di un caricamento. Dove la situazione è al limite del drammatico, purtroppo, è nei tempi di reload in caso di game over o di transizione da Yharnam al Sogno del Cacciatore: il tempo medio di attesa sfiora tranquillamente i 40 secondi, un tempo che diventa rapidamente intollerabile vista l’esagerata frequenza di morti a cui il nostro PG andrà incontro. Nel momento in cui vi scriviamo, From Software è al lavoro per una patch che riduca sensibilmente i tempi di attesa, speriamo siano ancora una volta di parola. Lato sonoro, il titolo è completamente localizzato initaliano: il voice over è complessivamente di pregevole fattura, ma a chiunque non fosse a digiuno di inglese consigliamo la traccia audio originale. Nulla da dire per quanto riguarda musiche ed effetti sonori, ancora una volta di elevatissima qualità: dai pianti di neonati ai rintocchi delle campane, passando per qualche grido straziante di donna, non manca proprio nulla per sobillare una buona dose di ansia nelle vene.

Un trailer sanguinolento per Bloodborne.

In conclusione …

Dannato Miyazaki, ce l’hai fatta anche questa volta. Da che mondo è mondo, non esiste nemico peggiore dell’aspettativa del proprio pubblico: un pubblico esigente, “coccolato” con pietre miliari dell’action RPG e che, proprio per questo motivo, ha sete di capolavori. Ed in quello che da tutti viene considerato il sequel spirituale della terrificante saga Souls, di DNA del capolavoro ce n’è da vendere. Bloodborne è un viaggio di sola andata all’inferno videoludico, un’Odissea in quanto di più folle e crudele sia mai stato partorito dalla mente del producer giapponese. Il nuovo genito di From Software è un’ode alla sfida, un carosello estenuante di mostri e creature che godono nell’obbligarci a ricaricare l’ultimo check point con una frequenza al limite del malsano. Bloodborne non è soltanto un gioco difficile: è una chiamata alle armi per videogiocatori coraggiosi, per chiunque non si lasci abbattere da qualche game over di troppo (e da dei tempi di caricamento non propriamente snelli) e che, al contrario, voglia redimere la propria anima liberando Yharnam dalla piaga che la affligge.

Bloodborne non offre un selettore di difficoltà, fa salvare col contagocce e non prevede nemmeno un tasto per mettere la sessione in pausa: una volta dentro c’è solo il giocatore e l’esercito del male che lo aspetta, in uno scenario gotico catastrofico dove la differenza tra la vittoria e la morte è sancita soltanto dalla volontà di combattere. Ma non si tratta solo di questo: l’esclusiva PlayStation 4, sotto gli abiti da cattivo ragazzo, offre meccaniche di gioco profonde e articolate che culminano in un combat system geniale quanto intuitivo. Il tutto condito da un level design come ancora non si era visto, magari non ancora perfetto in termini di frame rate ma dal potere evocativo pressoché infinito.

Ormai l’avrete capito: Bloodborne non è un titolo per tutti. Richiede pazienza, dedizione, la consapevolezza che per affrontare un particolare boss sarà necessario ripetere ore ed ore una medesima sequenza per guadagnare abbastanza echi e salire di livello. Ma la soddisfazione che otterrete dopo aver eliminato il Vicario Amelia (o chi per lui) di turno è qualcosa di impagabile. Se con i due Dark Souls pensavate di aver già condannato la vostra anima ai gironi più bassi dell’Inferno, siate pronti a ricredervi:Bloodborne è pronto a spingervi ancora più a fondo in una spirale di disperazione. Ma credete a noi, perdere il sonno per raggiungere i titoli di coda non è mai stato così appagante. Dannato Miyazaki, ce l’hai fatta anche questa volta.

Voto: 9/10

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