Tanti, tantissimi anni fa, in un lasso di tempo in cui Playstation, Xbox e tutte le loro derivate erano ben lungi dall’esser concepite, il Pc attraversava la sua epoca aurea, un periodo in cui i giochi, seppur dotati di una grafica spartana, mettevano al centro dell’esperienza giocabilità e immersività nel mondo di gioco. Avventure grafiche, simulatori di volo, dungeon crawler: quale che fosse il genere di riferimento, il periodo tra inizio e metà degli anni 90 ha lasciato in eredità ai posteri prodotti presi, ancora al giorno d’oggi, come punti di riferimento per le attuali produzioni videoludiche.
Il genere dei Dungeon Crawler vide, per l’appunto in quel lustro, l’apparizione di pietre miliari come la trilogia diEye of the Beholder, Might and Magic, Crystals of Arborea (e tutta la saga di Ishar) ed ultimo, ma non per importanza, Ultima Underworld: ed è appunto ri-allacciandosi a questa illustre progenie che i ragazzi di Experience Inc. portano su Playstation Vita (dopo un esordio “orientale” su Xbox 360 ed Xbox One) questoStranger of Sword City, un dungeon crawler capace di trasudare old school da ogni singolo pixel.
Ennesima operazione nostalgia o progetto riuscito? Scopriamolo insieme!
Traendo spunto dal medesimo incipit alla base della serie televisiva Lost, in Stranger of Sword City il nostro alter ego digitale sarà vittima di uno dei numerosi disastri aerei che ultimamente si stanno susseguendo con un ritmo a dir poco frenetico. Unico superstite, si ritroverà a vagare in una dimensione parallela in cuigli umani vengono considerati, per via di una forza di gravità molto minore di quella presente sulla terra, alla stregua di super-guerrieri capaci di qualsiasi azione bellica.
Benvenuti dunque nel magico mondo di Escario, universo surreale dai connotati nettamente fantasy, mondo ove ci troveremo a farci strada tra centinaia di nemici e umani (o presunti tali) desiderosi di aiutarci, o di firmare la nostra condanna a morte. In questo mondo, divenuto un “punto di raccolta” per tutti gli umani scampati alle tragedie dell’aria, la nostra stirpe, definita come quella degli “stranieri” ci vedrà, alla stregua di semidei, capaci di decidere le sorti di questa dimensione alternativa.
Ben presto scopriremo che la nostra forza bruta sarà l’unico modo per impossessarci del sangue cristallizzato dei Lineage, creature mostruose che, prima del nostro arrivo, dettavano legge sul pianeta. Il problema principale risiederà nel fatto che su Escario ci sono ben tre fazioni disposte a tutto pur di guadagnarsi una sofferta ed agognata libertà: il fluido vitale dei Lineage rappresenta infatti l’unica possibilità, per noi e per i nostri simili intrappolati in questo limbo spazio-temporale, di tornare alla realtà di nostra competenza.
Starà a noi saper scegliere quale dei tre schieramenti appoggiare, effettuando scelte che andranno a cambiare sia l’evoluzione della storia che il finale della stessa, intervallando quintalate di combattimenti altrimenti fini a se stessi.
Stranger of Sword City è, a tutti gli effetti, un dungeon crawler old school senza alcun fronzolo estetico o velleità di popolarità
Una volta scelte le fattezze del nostro alter-ego tra le tante illustrazioni a nostra disposizione inizierà il lunghissimo tutorial che, a dispetto di una apparente elementarità, ci metterà di fronte alle molteplici possibilità offerte da questo Stranger of Sword City. Terminato il tutorial e reclutato i membri del nostro party saremo pronti per iniziare la nostra (dis-)avventura nelle lande di Escario alla ricerca dei tanto agognati cristalli di sangue che, rilasciati da ogni singolo boss abbattuto, rappresenteranno l’unico nostro viatico verso la salvezza.
Stranger of Sword City è, a tutti gli effetti, un dungeon crawler old school senza alcun fronzolo estetico o velleità di popolarità: affondando le radici nel gameplay tipico dei blockbuster di venti e passa anni fa, l’ultimo prodotto dei ragazzi di Experience Inc. ripropone le stesse meccaniche e la medesima difficoltà, tara distintiva dei giochi alla Eye of the Beholder & co. Dimenticate dunque la libertà di movimento offerta dagli ultimi capitoli della saga The Elder Scrolls: in Stranger of Sword City dovremo avanzare, come nel più classico dei board game, casella dopo casella scoprendo cosa si cela in ogni labirinto ed abbattendo, predator style, qualsivoglia forma di resistenza ci separi dal boss di fine livello.
Per quanto ben realizzato e dannatamente intriso di un indimenticato appeal old-school, Stranger of Sword City presta facilmente il fianco al morbo della ripetitività, endemico di questa tipologia di giochi ed enfatizzato, in questo caso specifico, da una trama che, dopo i fuochi d’artificio iniziali, scende di livello ben presto, non lesinando certo colpi di scena ma risultando tutto fuorché imprevedibile: a rialzare leggermente la situazione contribuisce la presenza di finali multipli, che dubito però rappresenteranno un incentivo bastante a giustificare eventuali ulteriori playthrough run. Se a ciò aggiungiamo un errato bilanciamento della difficoltà, sin dalle fasi immediatamente successive al tutorial, capiremo come Stranger of Sword City vada a relegarsi in una nicchia accessibile (e sopportabile) davvero da un numero esiguo di giocatori.
Si comprende però, grazie alla presenza però di ulteriori “complicazioni” come la permadeath e il numero di punti vita variabile, che l’eccessiva difficoltà altro non è che una scelta stilistica atta sia a punire i giocatori più velleitari od improvvisati quanto a gratificare coloro che, entrando a piè pari nei meccanismi di funzionamento del gioco, riusciranno a prevedere e a gestire debitamente le potenzialità del party e portarlo sano e salvo alla fine dell’avventura.
La componente strategica acquisisce infatti una importanza letteralmente VITALE: maggiore sarà l’età dei membri del nostro party, minori saranno i punti vita a loro disposizione; alla stessa maniera, in presenza di un PG molto giovane, riportarlo in vita dopo l’esaurimento dei punti vita comporterà un costo talmente esoso da sembrare ridicolo o il ricorso a pozioni di resurrezione disponibili però solo nelle fasi avanzate del gioco. Alternativamente si potrà attendere del tempo per ri-ottenere il compagno caduto in battaglia ma, per via di questa attesa (scandita da un sempre maggior numero di battaglie) ci troveremo ad avere un party tremendamente squilibrato, dove tutti avranno livellato più di una volta a dispetto del povero malcapitato, rendendoci impossibile una corretta prosecuzione a meno di non imbucarci in serrate sessioni di grinding, esponendo però il gruppo al rischio di ulteriori decessi.
Grande attenzione dovrà essere dedicata, per l’appunto, all’evoluzione dei personaggi in fase di livellamento: se nelle prime fasi sarà comunque possibile spendere in modo quasi casuale i punti evoluzione ottenuti, incrementare senza criteri di razionalità (o per lo meno di programmazione evolutiva) le stats dei nostri personaggi ci porterà a sicuri fallimenti o game over anticipati, tutto a favore di un diffuso senso di frustrazione che potrebbe farci abbandonare anzitempo le pur affascinanti lande di Escario.
La componente strategica acquisisce una importanza letteralmente vitale
Se è vero che Stranger of Sword City si rifà ad un novero titoli di tutto rispetto, attualizzandone e riportandone in auge le caratteristiche peculiari, nella buona e nella cattiva sorte varia, rispetto ai capostipiti del genere, l’approccio grafico proponendo non uno ma ben due stili orientaleggianti derivanti da altrettanti disegnatori chiamati a creare gli artwork ed il mondo di gioco in cui gli stessi sono stati inseriti: En Okishiji e Yoko Tsukamoto prestano infatti le loro arti grafiche nella realizzazione dei personaggi donando un appeal manga ad un prodotto di matrice tipicamente occidentale.
Se di sicuro non si può parlare di mancanza di varietà per quel che riguarda la scelta ed il design dei personaggi, lo stesso non può essere fatto, per lo meno mantenendo il medesimo livello qualitativo, riguardo le ambientazioni di gioco. Pur contando una buona varietà di location, dal classico dungeon sotterraneo al sentiero boschivo, alla foresta più fitta, è impossibile non notare una carenza realizzativa del mondo di gioco intriso anche esso, ma questa volta non è un bene, di sentori old-school che, se andavano bene venti e passa anni fa, mostrano purtroppo i loro limiti, soprattutto se innestati in un insieme improntato ad una realizzazione grafica innovativa.
Buona invece la realizzazione delle tracce audio che riusciranno nel compito di condurci, per tutte le cinquanta ore di gioco necessarie per dirimere i misteri alla base del mondo di Escario, fino ai titoli di coda.Duole invece notare come poco si sia fatto in ambito di localizzazione: è stata certo curata la conversione in inglese al fine di promuovere la diffusione del prodotto in terre non orientali ma nulla è stato fatto (e verrà fatto) in ottica di più capillari localizzazioni “regionali” relegando (ancor di più) Stranger of Sword City in un limbo inaccessibile ai più, finanche a coloro che, seppur interessati al titolo in oggetto, si troverebbero a combattere con la mancanza di conoscenza della lingua d’Albione.
Experience Inc. con Stranger of Sword City ci catapulta, indietro di 20 anni, agli albori del gaming, proponendoci un prodotto che, intriso di rimandi old-school è progettato e dedicato a tutti i cultori dei Dungeon Crawler di un tempo, con pregi e difetti del genere in oggetto. Ad una trama non brillante ma tutto sommato accettabile va ad unirsi, però, un livello di accessibilità arduo e proibitivo che vede nell’eccessiva severità del gameplay un deterrente alla fruizione di un prodotto tutto sommato ben realizzato. Completa il quadro un livello grafico altalenante accoppiato ad una OST di tutto rispetto: ciononostante Stranger of Sword City risulta ulteriormente penalizzato dall’assoluta assenza di una localizzazione regionale che vede l’inglese (oltre al doppiaggio originale giapponese) come unico baluardo di accessibilità di un gioco già di per sé difficile e criptico. Stranger of Sword City rappresenta dunque una buona occasione sfruttata, ahinoi, male e solo in parte, con un numero di “difetti” che ne impediranno una diffusione mainstream, pur non peccando il gamplay di mancanza di in qualità. |