Deadlight: Director’s Cut – Recensione

Dopo una prima uscita su Xbox 360 ed il successivo porting su PC, Deadlight si appresta ad invadere gli scaffali di Playstation 4 e Xbox One. E lo fa grazie all’edizione Director’s Cut che, oltre ad una rinnovata veste grafica, si fregia di alcuni contenuti esclusivi mai rilasciati prima.

Quella di Deadlight è un’esperienza leggermente diversa da molti di quei titoli a sfondo apocalittico a cui siamo stati abituati a giocare negli ultimi tempi: è un gioco che per ambientazioni, personaggi e approccio psicologico alla sciagura che ha devastato il mondo, ricorda molto The Walking Dead di Robert Kirkman. I protagonisti del gioco sono senza futuro, spengono le proprie speranze nel disperato viaggio per la sopravvivenza, consci che il minimo errore li condurrà ad un destino peggiore della morte. Da questo punto di vista, Deadlight riesce benissimo nel suo intento, mescolando una narrazione di alto livello ad un gameplay minimale, ma mai eccessivamente sottotono. Essendo un titolo uscito originariamente su Xbox 360 ben 4 anni fa, però è innegabile sentire il peso di un lato tecnico non all’avanguardia e di alcune meccaniche purtroppo non ancora ottimizzate.

Dopo che un misterioso quanto letale virus ha di fatto eliminato quasi tutta la popolazione mondiale, trasformandone buona parte in zombi assetati di sangue, i pochi superstiti hanno cercato in tutti i modi di sopravvivere alla sciagura, nascondendosi, cercando cibo e provviste quando possibile, ma rimanendo sempre uniti. In uno di questi piccoli gruppi c’è anche Randall Wayne, che dopo aver misteriosamente perso la moglie e la piccola figlia Lydia, trova compagnia tra altri fortunati (?) scampati alla morte nella desolata Seattle. La speranza è quella di raggiungere il Punto Sicuro di cui tutte le stazioni radio e tutti gli altoparlanti in città parlano senza sosta: un posto senza contagio, strenuamente difeso dalle poche forze dell’ordine ancora rimaste in città. Purtroppo una serie di sfortunati eventi costringe il resto del gruppo a separarsi da Randall, il quale dovrà affrontare un incredibile viaggio per riuscire a ritrovarli.

Randall è una persona come tante, un eroe comune, senza armi e senza particolari abilità, se non quella di non arrendersi mai

E in effetti l’avventura inizia proprio qui, presentando al giocatore un eroe senza armi, senza particolari abilità, se non quella di non arrendersi mai. Impareremo a riconoscere gli appigli dove Randall potrà arrampicarsi, le porte abbastanza deboli da poter essere sfondate, ed i preziosi oggetti da dover raccogliere per non rimanere  senza risorse. Non mancheranno inoltre una nutrita serie di collezionabili, tutti da leggere, che ci forniranno utili informazioni su ciò che è accaduto, sulle reazioni della popolazione mondiale e dei governi e persino sulle esperienze di alcuni singoli individui. Se in un primo momento questo fattore può passare in secondo piano rispetto alla trama principale del gioco, ben presto si intuisce che la vera potenza narrativa risiede nelle piccole cose, come ritagli di giornale, carte d’identità o le pagine strappate del diario di Randall che ci aiuteranno a capire il suo stato emotivo e le sue sensazioni.

Un po’ come accade in Valiant Hearts e Quantum Break, l’intreccio narrativo di Deadlight risulterebbe spaventosamente spoglio senza importanti pezzi disseminati un po’ ovunque. L’impegno di Tequila Works è stato proprio quello: basare l’intero gioco su vicende non raccontate direttamente, ma nascoste in qualche logoro armadietto o sepolte sotto un cadavere in decomposizione. Una narrazione non lineare, insomma, e a cui il titolo deve molto del suo fascino.

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La formula di gioco di Deadlight non è diversa da quella che abbiamo potuto ammirare in giochi come Assassin’s Creed Chronicles; ossia un’avventura bidimensionale (o 2,5D per i più pignoli) caratterizzata da toni estremamente dark, con una forte componente survival. L’effetto è senza dubbio molto suggestivo, grazie all’estrema cura per i particolari e le oculate scelte stilistiche, messe ancor più in risalto grazie a questa nuova versione su PS4 e Xbox One.

Randall è un uomo come tanti, in grado di brandire nulla di più ingombrante di un’ascia o un revolver. Proprio per questo, sarà necessario centellinare gli scontri diretti con i non-morti, che soprattutto in gruppi numerosi, rappresentano la minaccia più concreta. I combattimenti indeboliranno in fretta il nostro protagonista, così come qualsiasi sforzo fisico (arrampicarsi, correre, spostare oggetti); e se lasciato senza nessuna energia, Randall non ci metterà molto a soccombere. Fortunatamente le ambientazioni nascondono numerosi segreti da scoprire, tra cui adeguati potenziamenti che migliorano l’energia e la stamina, permettendo così di resistere maggiormente ai pericoli del mondo esterno.
Come nel più classico dei film di Romero, anche nel titolo sviluppato da Tequila Works i morti viventi sono estremamente suscettibili al rumore, per cui il protagonista può ricorrere a questo espediente (fischiando o urlando agli zombi per attirarli) quando la situazione si complica, in modo tale da aggirare il problema.

Occasionalmente il tragitto sarà bloccato da semplici puzzle ambientali, come ponti che si allungano con la pressione di un determinato pulsante o leve che bloccano meccanismi di difesa anti-uomo, i quali richiederanno non più di qualche minuto per essere risolti e una buona dose di tempismo e agilità per non incorrere in errori fatali. Alcune volte però, capitano certe situazioni particolarmente ostiche che a causa di un control-system non perfetto ed una generale confusione visiva, costringono il giocatore a ripetere la stessa sezione più e più volte.  Questi sono gli unici momenti in cui la frustrazione prende il sopravvento sulla godibilità generale dell’avventura, aumentando in modo esponenziale e ingiustificato il livello di difficoltà di Deadlight, altrimenti abbastanza basso.

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Purtroppo quando appena si incomincia a intravedere il potenziale di un’opera così peculiare, il gioco termina. La brevità di Deadlight è infatti uno dei suoi più grandi punti a sfavore (appena 4 ore sono necessarie per completare la campagna), quasi inconcepibile se rapportato alla cura con cui è stato sviluppato l’intero mondo di gioco. Un vero peccato, soprattutto perché la modalità aggiuntiva in questa Director’s Cut, chiamata “Sopravvivenza” non impreziosisce più di tanto il pacchetto di base e di certo non invoglia il giocatore a investirci più di tanto. Nello specifico, si tratta di resistere il più a lungo possibile all’interno di un ospedale ricolmo di zombi, difendendo Randall con le armi nascoste in giro, rallentando i nemici con trappole di vario genere e sfruttando l’agilità per spingersi sempre più lontano dal centro del pericolo.

La brevità della modalità principale di Deadlight è uno dei suoi più grandi punti a sfavore, quasi inconcepibile se rapportato alla cura con cui è stato sviluppato l’intero mondo di gioco

Il peculiare stile grafico utilizzato per Deadlight è uno dei punti di forza della produzione datata 2012: le tinte scure sfruttano pochissimi colori, che si mescolano disegnando i contorni dei palazzi abbandonati sullo sfondo di un mondo morto. I protagonisti, tra cui persino gli zombi (distinti a causa degli occhi iniettati di sangue), non sono altro che ombre che si muovono tra le rovine di quella che prima era una società viva. Anche le musiche che accompagnano la nostra avventura esaltano la decadenza delle numerose ambientazioni che calcherà Randall Wayne, senza mai risultare fuori contesto o eccessivamente teatrali.

Il doppiaggio inglese nel complesso è di buona fattura, ma i dialoghi sono ridotti ai minimi termini e la maggior parte del parlato culmina in un unico grande monologo dello stesso Randall, separato in tanti piccoli frammenti.
Degna di nota infine è la volontà degli sviluppatori di inserire una quantità incredibile di extra, tra cui trailer, disegni, foto e brevi filmati sul “making of” del titolo, quasi a giustificare questa inconsueta uscita su current-gen.

 

Conclusioni

Deadlight: Director’s Cut non cambia molto da come lo ricordavamo su Xbox 360 e ancor meno da come lo abbiamo ritrovato su PC l’anno seguente. Al di là del Full HD su entrambe le piattaforme e della copia fisica distribuita nei negozi, la produzione Tequila Works si porta dietro quanto di buono e quanto di cattivo è stato fatto all’origine.

Rimangono alcune incertezze dal punto di vista del sistema di controllo, che soprattutto nelle sequenze più frenetiche, tende a soffrire un leggero ritardo nella risposta ai comandi, così come l’inspiegabile difficoltà di certi momenti di gioco in cui consumerete mal volentieri il tasto “retry”. Inoltre la durata complessiva dell’avventura non spinge all’acquisto sfrenato, bensì risulta esserne un potenziale deterrente. D’altro canto Deadlight è un’avventura emotiva, ambientata in un contesto che ormai spopola nei videogiochi, ma che riesce comunque a spiccare grazie ad uno stile grafico unico ed una trama che, per quanto semplice, è in grado di smuovere l’animo di chi impugna il pad.

  • Good
    Trama avvincente Gli zombi hanno sempre il loro fascino...
  • Bad
    Longevità fin troppo bassa Controlli non sempre ottimali Poche novità che invogliano all'acquisto
  • 6.5
  • Good
    Trama avvincente Gli zombi hanno sempre il loro fascino...
  • Bad
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