Di personaggi strambi nel mondo dei videogiochi se ne sono visti tanti, ma forse uno come quello di Headlander mai. O meglio, qualcosa di simile lo abbiamo visto in Lollipop Chainsaw, ma in quel caso si trattava di un personaggio secondario. A guardarlo in faccia, il protagonista in questione non ha nulla di strano… il problema è che appunto, oltre al volto non c’è molto altro. Infatti quel che resta del nostro Headlander è solamente la testa, chiusa in uno speciale casco che gli permette di volare e soprattutto, di prendere il controllo di corpi altrui. Ecco, qui le cose si fanno ancora più strane, ma tenendo conto che si tratta di un gioco prodotto da Double Fine Productions, la Software House capitanata da un certo Tim Schafer, non c’è poi molto da stupirsi. In questo metroidvania sci-fi, ambientato negli anni ’70, nulla è lasciato al caso, riuscirà però una sola “testa” a salvare l’umanità e soprattutto a reggere il peso delle aspettative dei videogiocatori? Scopriamolo un po’ alla volta.
Headlander è l’ultimo vero essere umano esistente in questo universo alternativo, in cui un’entità cybernetica chiamata Matusalemme ha “rinchiuso” l’intera umanità all’interno di corpi robotici che, se da un lato donano loro immortalità, dall’altro li privano di tutte le sensazioni che un corpo vero può dare. Come detto, quello che ne rimane del nostro eroe è solo un volto piuttosto espressivo (che potremo scegliere tra tre modelli all’inizio dell’avventura) ed un casco a reazione che gli permette di fluttuare nel mondo di gioco. Oltre al corpo gli mancherà un’altra cosa fondamentale, ossia la voce: e se il corpo è un optional, in tutti i sensi, visto che starà a voi scegliere di volta in volta quello che vorrete usare; la mancanza della voce “si farà sentire” e toglierà un po’ di spessore al personaggio.
Il vostro Headlander si sveglierà su di un’astronave nel cuore dello spazio, prima che una voce cybernetica gli spieghi come stanno le cose e lo catapulti nella città fluttuante, meta della nostra avventura. L’obiettivo principale sarà quello di ritrovare i veri corpi degli umani cryogenizzati e riportarli in vita dopo aver sconfitto Matusalemme, ma per farlo dovremo usare la testa, anche perché è tutto ciò che ci rimane, no?
La caratteristica principale della nostra testa è quella di poter prender possesso di qualsiasi corpo robotico ci troveremo davanti, semplicemente staccando, o meglio, scollegandogli la testa ed attaccandoci la nostra. Ogni robot ha le sue peculiarità, ma soprattutto ha il suo colore. I colori dei robot e delle porte saranno cruciali nell’aspetto “metroidvania” di Headlander, perché in base a quello avremo accesso o meno ad una determinata zona.
Tuttavia c’è una scala di colori, per cui quello successivo (il blu con il celeste ad esempio) permette di accedere anche alle porte dei colori precedenti in questa scala. Questo comporta naturalmente il dover ritornare in zone già visitate per poter aprire quelle porte che precedentemente erano chiuse e raggiungere zone prima inaccessibili. La mappa si delineerà man mano che ci muoveremo nel mondo, ma di tanto in tanto troveremo dei robot da cui potremo scaricare la mappa di quell’area, per capire dunque quale e dove sia la nostra prossima meta.
Passare da un corpo all’altro sarà all’ordine del giorno, sia per sfruttare le caratteristiche di quest’ultimi e superare zone che richiedono un particolare tipo di robot, ma anche e soprattutto perché la città è piena di guardie che non appena vi vedranno, inizieranno a spararvi con i loro laser (dello stesso colore del loro corpo), danneggiandolo in alcuni casi, irrimediabilmente.
Nonostante quel che abbiamo sia “solo” una testa, nel corso del gioco avremo l’opportunità di potenziarla sotto diversi aspetti
Quello che vi toccherà fare a quel punto, sarà abbandonare quel corpo e cercarne il prima possibile un altro, magari proprio quello di una guardia, per poter controbattere ai colpi laser nemici. Attenzione però, perché quando controlleremo la sola nostra testa, saremo molto più vulnerabili e se la barra dell’energia dell’Headlander (quella della testa, che si autorigenera) arriverà a zero, sarà game over. Beh, nessun problema perché ripartiremo dall’ultima porta in cui saremo entrati, ma magari dovremo ripetere qualche passaggio che ci permetterà di superare quell’area. Infatti, oltre ad eliminare le guardie nemiche, spesso e volentieri dovremo usare il nostro ingegno per avanzare nel gioco: niente di eclatante, basterà stare attenti ai dettagli che ci circondano oppure ricordarsi dove era quel particolare corpo o oggetto che proprio adesso ci occorre.
Nonostante quel che abbiamo sia “solo” una testa, nel corso del gioco avremo l’opportunità di potenziarla sotto diversi aspetti, dandole anche nuovi poteri, alcuni dei quali indispensabili per proseguire nel gioco. Per farlo bisognerà raccogliere dei globuli fluttuanti che troveremo perlopiù nelle aree nascoste, che individueremo facilmente spulciando sulla mappa.
Da una spinta a propulsione che, oltre a farci andare più velocemente quando necessario, permetterà anche di causare danni ai nemici, a mosse come quella che ci permette con una testata di cambiare corpo, fino a vari potenziamenti che ci faranno recuperare l’energia o staccare la testa da un altro robot più velocemente. Verso la fine del potevamo addirittura usare le teste dei robot come delle bombe, tuttavia dobbiamo dire che solo alcuni di questi power-up ci sono realmente tornati utili per portare a termine l’avventura: non che non lo fossero, ma non abbiamo sentito la necessità di apprenderli o utilizzarli.
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In alcuni punti troveremo anche dei boss di “fine livello”, relativamente impegnativi ma che vanno comunque a diversificare un po’ la routine. Forse è proprio questo uno dei limiti di Headlander, visto che nonostante il gioco sia pieno di citazioni cinematografiche/videoludiche, dell’humor di Double Fine ed altre trovate interessanti, ci troveremo a fare più o meno sempre le stesse cose. E purtroppo il filo narrativo non è così spesso da spingerci ad andare avanti, anzi, in alcuni frangenti a qualcuno potrebbe quasi venire la tentazione di abbandonare il gioco. In questi casi il nostro consiglio è quello di fermarsi per un po’ e poi riprendere il gioco a mente fresca, perché la soluzione è dietro l’angolo, ma soprattutto perché vale la pena portarlo a termine.
Ci sono molte cose belle in Headlander, a partire dall’aspetto grafico molto curato e dettagliato (oltre che “colorato”); la colonna sonora vi accompagnerà con dei temi sempre attinenti alla situazione ed all’ambientazione, che vi ricorderanno quelli di film e serie TV sci-fi degli anni ’80. I controlli rispondono benissimo e l’unica cosa che abbiamo trovato leggermente caotica sono i laser, che nonostante le diverse tipologie e la possibilità di mirare (tra l’altro con un headshot staccherete con un solo colpo la testa da un corpo), il più delle volte vi limiterete a sparare all’impazzata fino a che non avrete distrutto tutti i nemici. L’humor di Double fine si vede nei “dialoghi” (vi ricordiamo che il vostro Headlander non parla) così come nelle situazioni, nelle quest secondarie, in gag come i balletti che fanno alcuni robot premendo un tasto, ma anche solo nella semplice caratterizzazione dei personaggi.
Un gameplay solido, ma purtroppo troppo poco vario per raggiungere vette più alte
Tuttavia si ha costantemente la sensazione che manchi qualcosa, un qualcosa che faccia decollare l’esperienza generale. Crediamo che il motivo principale sia da imputarsi alla purtroppo ovvia mancanza di espressività (se togliamo le seppur eloquenti espressioni facciali) del protagonista, che coincide con una mancanza di personalità e spessore che avrebbe consentito al giocatore di sentirsi più parte della storia. Una varietà maggiore avrebbe sicuramente fatto pesare meno questo aspetto, e sicuramente i momenti davvero memorabili si contano sulle dita di una mano, purtroppo.
Un metroidvania dalle tinte sci-fi, che si basa sull’humor di Double Fine e su un concept tutto sommato interessante. Una cura maniacale di ogni aspetto dell’esperienza, da quello grafico a quello sonoro, con tanti dettagli e citazioni che non mancheranno di chiamare in causa veri e propri punti fermi della cinematografia contemporanea. Purtroppo ad Headlander manca un personaggio con il giusto spessore, che coinvolga e spinga il giocatore ad andare avanti. Non si tratta del fatto che il personaggio sia a tutti gli effetti “solo” una testa, perché i corpi di cui appropriarsi non mancheranno. Crediamo che il grosso limite di Headlander consista nell’impossibilità del nostro personaggio di parlare, e quindi nell’impoverimento del carisma dello stesso e quindi della trama. Tolti alcuni momenti particolarmente coinvolgenti, le motivazioni per portare il gioco a termine sono spesso venute a mancare: peccato perché Headlander si basa su un gameplay solido, ma purtroppo troppo poco vario per raggiungere vette più alte, anche per una testa volante. |