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Master of Orion – Recensione

Il nome di Alan Emrich, oggigiorno, probabilmente non dirà nulla a gran parte dei giocatori. Eppure nel Settembre di un lontanissimo 1993 fu proprio questo signore, sule pagine di Computer Gaming World, a coniare la ben più celebre sigla 4X: un genere fortemente strategico che richiedeva al giocatore di esplorare, espandere, sfruttare e sterminare (dall’inglese, “eXplore, eXpand, eXploit, and eXterminate“) un universo spaziale apparentemente infinito. Ironia della sorte, il termine nacque dall’anteprima di un titolo inedito per i tempi, che rispondeva al nome di Master of Orion. È abbastanza divertente, a 23 anni quasi esatti di distanza, ritrovarsi a parlare proprio di quel gioco che diede origine al tutto, di quel capostipite dello “space 4X” da cui, negli anni a seguire, dozzine di titoli presero spunto e ispirazione: un titolo che, come in molti sapranno, ha avuto due seguiti (l’ultimo dei quali, Master of Orion III, vide la luce nel 2003) per poi sparire nel “lato oscuro della Galassia”, tornando nella mente dei giocatori più nostalgici qualche mese fa, in occasione dell’uscita dell’incredibile Stellaris di Paradox.

A distanza di 13 lunghi anni, i fedelissimi della saga targata MicroProse avranno di che gioire: dagli sforzi congiunti di Wargaming – nel ruolo di Publisher – e dei giovani talenti di NGD Studios, Master of Orion rinasce dalle proprie ceneri con un reboot in grandissimo stile, intenzionato ad introdurre le nuove leve a quelle meccaniche serrate di microgestione, esplorazione e combattimento che tanta fortuna hanno regalato negli anni a questo particolarissimo genere. Un omaggio in piena regola, insomma, che dietro la veste delle migliori occasioni vuole riproporre un gameplay profondo e coinvolgente, ammodernandolo però quel tanto che basta per renderlo più appetibile ai gusti “moderni” del pubblico giocante. Un’impresa difficile, vista l’eco altisonante legata al nome dell’IP, e che al netto di qualche mancanza può considerarsi riuscita. Ma bando alle ciance, il destino di milioni di esseri viventi (umani e non) è lì nelle vostre mani: e non è mai educato farsi attendere dallo spazio aperto.

Chiunque abbia giocato almeno una delle tre precedenti declinazioni del franchise (in particolar modo i due capitoli iniziali) si troverà a proprio agio praticamente da subito con questo Master of Orion “secondo Wargaming”. Si inizia come sempre scegliendo la dimensione del proprio universo – fattore marginale soltanto all’apparenza, laddove maggiore sarà lo “scenario”, maggiori i rischi e la quantità di missioni più o meno vitali da portare a termine – per poi passare ad uno degli aspetti più critici per ciascun giocatore: la scelta della razza di appartenenza. Il nuovo Master of Orion vanta le dieci razze disponibili nella trilogia originale, a cui se ne aggiunge un’undicesima per i possessori della Collector’s Edition. Ogni razza, chiaramente, presenta set peculiari di skill e bonus: i Sakkra (quelli che tutti, almeno una volta, abbiamo ribattezzato Rettiliani), ad esempio, presentano un tasso di riproduzione da far invidia ai conigli, pur soffrendo di una maggior difficoltà nello stabilire alleanze data la loro estetica alquanto ripugnante. Discorso diverso per i Bulrathi, adorabili orsacchiotti in tuta spaziale, caratterizzati da una potenza militare senza pari ma, allo stesso tempo, una dote nello sperperare risorse (nella creazione di strutture, nel cibo, nella difesa dei pianeti) ancora una volta senza uguali. Oppure i nostri preferiti, i Mrrshan, creature feline dai riflessi di fuoco, dall’agilità incredibile e dannatamente abili in battaglia, ma vittime di un caratteraccio mica da ridere (del resto son pur sempre dei gattoni spaziali) e, tolti i soli umani, in rapporti alquanto ostili con tutte le rimanenti razze aliene.

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Non doveste trovare una razza che vi soddisfa tra le dieci (o undici) proposte dal gioco, non dovete disperare: Master of Orion permette infatti di crearne una, praticamente da zero. Non sarà possibile godere di una customizzazione estetica così netta come per quelle già incluse, per motivi abbastanza ovvi, ma la perdita in “stilosità” sarà compensata dalla possibilità di scegliere dei tratti specifici al limite del fenomenale: ciascuno di questi, disponibile all’interno di una mastodontica lista di skill, presenta un coefficiente cumulativo – che può essere positivo o negativo. La somma totale dei tratti scelti non dovrà superare un valore massimo, al fine di garantire il corretto bilanciamento all’interno del gioco: un limite che comunque non pesa più di tanto, specie quando scoverete la possibilità di dar vita a creature che si cibano di rocce – l’ideale per abbattere del tutto i costi di produzione di cibo.

Mosso questo difficile passo iniziale siamo pronti, l’universo è al nostro servizio e pronto ad assecondare (più o meno) le nostre volontà: stipulare nuove alleanze, dichiarare guerra da qualche parte, stringere accordi di pace strategici con razze più utili del previsto, bonificare pianeti lontani dalla galassia o perché no, dare la caccia ai pirati spaziali. Inutile sottolineare come stiamo parlando di attività che i cultori della saga di Master of Orion conosceranno a menadito già da parecchio tempo e che, proprio per questo motivo, rischiano di deludere non poco chiunque fosse in attesa di un avanzamento rivoluzionario nella serie. La realtà, sotto questa prospettiva, è ben diversa: Master of Orion è esattamente quel tipo di sequel che ci si aspetta da un titolo strategico molto amato. Un prodotto migliorato nella grafica e nei controlli, foriero di qualche novità in termini di meccaniche ma, nella sua sostanza, vicino (per non dire vicinissimo) al solco tracciato dal proprio modello ispiratore. Un centro sicuro per lo sviluppatore, da un lato, ma un potenziale Tallone d’Achille per chi davvero si aspettava qualcosina di innovativo, alla luce di un tempo d’attesa non certo trascurabile.

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Più si procede con l’esplorazione e maggiori sono le cose da fare: scoprire nuovi pianeti, farsi nuovi amici e ancor più nemici, colonizzare i nuovi territori scoperti con tutti quei gingilli tecnologici per aumentarne capacità offensive e difensive. In tre parole, microgestione a volontà. Ciascuna decisione intrapresa in queste fasi andrà contestualizzata all’interno del piano di conquista strategica di ciascun giocatore, che potrà prediligere un approccio da guerrafondaio piuttosto che uno diplomatico, optare per una scelta più tecnocrate o fregarsene di tutto e di tutti e puntare all’espansione generalizzata. O, perché no, fare un po’ di tutto a seconda del proprio stato d’animo. Ogni mutamento significativo nell’universo di gioco (sia esso uno stravolgimento politico o, in frequenti casi, l’apparizione di una creatura inedita dagli scopi oscuri) ci verrà notificato da GNN News, un sistema intergalattico di informazione su larga scala: a seconda della condotta di gioco, infatti, non sarà così raro assistere ad un pericoloso mutamento dell’equilibrio dei poteri tra le diverse razze. Cogliere i messaggi provenienti da GNN News e sfruttarli a proprio vantaggio, specie nei match più complessi, potrebbe essere più importante di quanto si pensi.

C’è però una differenza sostanziale in questo reboot: il combat system. Le battaglie a turno, retaggio del passato glorioso della serie, lasciano infatti spazio a combattimenti in real time corroborati dalla possibilità di mettere l’azione in pausa, una soluzione evoluta che permette al giocatore di impartire ordini a singole unità o, più in generale, di controllare in modo più fine le proprie forze in campo senza lo spettro della fretta. Questo, sia chiaro, ferma restando la presenza del tasto Auto Resolve. Si tratta di una scelta che, inesorabilmente, andrà a sconfortare ulteriormente i puristi del genere, da sempre abituati ad una meccanica turn-based dal ritmo più contenuto; l’aumento della velocità di gioco e il real time, tuttavia, si applicano comunque ben più che dignitosamente nel contesto di Master of Orion, che ne esce sì semplificato in numerosi aspetti (primo su tutti quello più squisitamente strategico), ma allo stesso tempo più accessibile anche dai giocatori meno esperti e, nel complesso, più digeribile nel caso di lunghe sessioni di gioco.

Master of Orion rinasce dalle proprie ceneri con un reboot in grandissimo stile

Questo perché non mancheranno scontri lunghi, destinati a protrarsi anche per parecchie ore: immaginate uno scenario al cui interno noi, umani, abbiamo stretto alleanza con la fazione Mrrshan dopo esser stati traditi dai Sakkra e, nel mentre, siamo stati attaccati da Silicoidi. Tempo di sistemare questi ultimi, e l’eco della battaglia appena conclusa ci aveva catapultati nel mezzo di una guerra ancora più impegnativa, condita da nuovi tradimenti e alleanze invertite. Va infatti sottolineato come l’intelligenza artificiale degli NPC sia nettamente migliorata rispetto ai titoli precedenti: ciascuna razza non si limiterà a scegliere la “mossa” più appropriata a seconda della particolare contingenza, ma propenderà verso soluzioni più in linea con i rispettivi tratti “razziali”. Gli Psilon, mossi dalla logica e dalla ragione, si accontenteranno ad esempio di progredire nella ricerca rinunciando all’espansione; i Mrrshan, più esuberanti, potranno invece avanzare più pretese colonialiste per il raggiungimento della pace. Una trovata che, ancora una volta, garantisce una maggior diversificazione delle razze.

Il combattimento spaziale, nel suo complesso, appare complessivamente riuscito. Selezionare la formazione delle nostre flotte per mettere all’atto pratico i nostri piani di battaglia, sfruttando il tasto pausa quando si gioca contro la CPU per riposizionare elementi o ripianificare alcune strategie, regala ancora delle piacevoli emozioni. Sarà possibile alterare ancora una volta svariati parametri (offensivi e difensivi) della nostra armata bellica, permettendo ad esempio di aumentare il range offensivo degli armamenti posseduti o, allo stesso modo, ridurre la distanza dal bersaglio necessaria ad eludere un letale contrattacco. Lo spettro tattico, nonostante l’eliminazione della componente a turni, rimane comunque al proprio posto, seppur è innegabile una maggior apertura (per nulla celata dalla stessa Wargaming) verso un panorama di utenza meno specializzata col 4X. Utenza che, senza troppi dubbi, sarà ulteriormente allietata da una direzione artistica più leggera e meno “impegnativa” delle passate revisioni, con uno stile convincente e un voice over (nella fattispecie, quello dei due robot che a suon di battute raccontano cosa sta succedendo nell’universo) complessivamente godibile ed ispirato. Questo, senza dimenticare che il cast di “voci” presenti in Master of Orion vanta attori avvezzi al genere sci-fi come un certo Mark Hamill, o Alan Tudyk, affiancati da autentiche star del doppiaggio videoludico come Troy Baker e Nolan North. Tra grafica e audio, insomma, Wargaming non si è certa tirata indietro.

Conclusioni

Che l’obiettivo di questo Master of Orion targato Wargaming e NGD Studios fosse omaggiare l’epopea dell’antico predecessore, regalando un’esperienza rivisitata ma allo stesso tempo ricca di autocitazionismo e istantanee dei bei tempi, era cosa abbastanza chiara sin dal suo annuncio. Ed è sotto l’occhio di tutti come, da un punto di vista tecnologico, la missione possa dirsi abbondantemente riuscita: ottime visuali, sistema di comandi semplificato e abbordabile, introduzione di un voice over di caratura in grado di accompagnare l’esperienza del giocatore alla conquista delle galassie. A questo, importantissima, va aggiunta la lore del capostipite dei 4X: le dieci razze originali, ciascuna con i propri punti di forza e annesse debolezze, con le stesse simpatie e odi che si perdono nei millenni – e che, già da oltre 20 anni, in molti hanno imparato a conoscere. Nulla che non si fosse già visto anni or sono, ad un fugace sguardo iniziale, ma nulla che potesse far storcere al naso anche agli affezionati più tradizionalisti.

Non fosse che è proprio la mission ultima di Wargaming, la ricerca di una semplificazione delle complesse dinamiche originali del titolo, a rappresentare l’anello più debole di questo illustre reboot. Mentiremmo negando quanto la nuova gestione dei combattimenti, con tanto di tasto pausa, funzioni bene in questo Master of Orion: ma indipendentemente da quanto essa possa infastidire la frangia più estrema del 4X, è ugualmente innegabile quanto lo studio del campo di battaglia, l’approccio tattico e l’attenta analisi del comportamento nemico prima del nostro attacco ne escano ridimensionati. Se a questo aggiungiamo l’introduzione delle Star Lanes, una sorta di autostrada spaziale che permette alle navicelle di muoversi in un qualcosa di affine ad un binario (limitando in questo modo tanto la mobilità quanto la libertà d’azione del giocatore) e una semplificazione evidente degli Alberi Tecnologici di ciascuna razza, meno complessi ed articolati di quanto eravamo abituati a vedere, la conclusione non può che essere una sola. In un mercato dove il genere del 4X, specie nell’ultimo paio di anni, ha avuto una resurrezione inattesa, Master of Orion si colloca nella nicchia delle soluzioni entry level rivolte ad un pubblico non eccessivamente esperto, ma desideroso di intraprendere un viaggio propedeutico nello spazio senza incorrere in eccessivi rischi. Chi le stelle le conosce davvero e non ne teme i pericoli, a quest’ora, potrebbe già essere a migliaia di anni luce da qui.

 

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