Editoriale 24 Nov 2016

Call of Duty: Modern Warfare, tra nostalgia, amore e odio per i remaster

Un luogo comune che si sente ormai troppe volte riguarda l’assenza di giochi odierni in grado di cancellare, o perlomeno mettere in ombra, alcuni capolavori del passato. Per questo a volte ci si ritrova a rispolverare il vecchio PC con 128 MB di RAM e scheda video a pedali pur di giocare di nuovo a qualcosa che ci aveva emozionato parecchi anni fa. E inevitabilmente arriverebbe una piccola delusione nel vedere che la grafica non è nemmeno lontanamente come la ricordavamo, con textures opache quanto la cataratta di un ultra ottantenne e meccaniche di gioco più legnose di un baobab.

Forse perché ai tempi non c’era nulla di meglio, e l’ambizione di vedere immagini pulite e definite veniva pienamente soddisfatta da tutto ciò che aveva la parvenza di innovativo e futuristico. Col tempo, avvicinarsi al fotorealismo è diventato un processo sempre più lento e difficile, sia per la quantità di lavoro da effettuare per gli sviluppatori, sia per il “palato fine” dei giocatori d’oggi, sia per l’evidente inesistenza di una realtà più reale della realtà stessa (wut?).

Così per fare un esempio, più di 6 anni fa arrivavano su Internet le prime immagini leak di Halo: Reach, contenenti lo screen di alcune armi, tra cui il nuovissimo Spartan Laser: nonostante la bassa risoluzione delle foto, i fan erano subito impazziti nel vedere un tale livello di dettaglio, tanto che sembrava incredibile un simile risultato su Xbox 360. Eppure, al momento del lancio, la grafica era proprio quella, la migliore, inarrivabile, eterna. Adesso Halo: Reach è disponibile anche su Xbox One grazie al programma di retrocompatibilità, così da poter perdere altre ore preziose a falciare Covenant in Sparatoria: sono bastati però pochi secondi al vermiciattolo dentro il cervello per piantare l’atroce dubbio “è ancora divertente, ma davvero ero entusiasta di una tale grafica?”.

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Andando ancora più indietro, però, si entra in quel limbo di titoli indecisi sul proprio futuro, mentre camminano sul filo del rasoio nel tentativo di diventare immortali, sotto forma di remaster. Grazie a questi si possono rivivere le storie di svariati anni fa, opportunamente modificate per risultare adatte ai palati sopraffini di oggi e compatibili coi nuovi sistemi di gioco. Indubbiamente una doppia win, sia per i giocatori nostalgici che per le case produttrici, sempre intente a trovare nuovi posti dove stoccare tutto il denaro accumulato.

Alla notizia dei primi remaster, tutti i giocatori erano in visibilio, anche quelli che sarebbero poi diventati scettici, allergici o addirittura haters: del resto, non si pensava che Xbox One e PS4 potessero diventare le console casalinghe dei suddetti remaster, arrivati a fiotti durante quest’anno. Lentamente, ma non troppo, questa categoria di giochi ha cominciato a popolare gli store, con risultati altalenanti in base al lavoro degli sviluppatori: anche a causa di questo, i loro nuovi progetti sono stati rimandati o addirittura riconsiderati.

A circa 10 anni dal lancio ufficiale, ora abbiamo a che fare con il remaster di Call of Duty: Modern Warfare, un capitolo decisamente importante per la serie, poiché ha dato il via al classico stile multiplayer utilizzato ancora oggi per tutti i titoli Call of Duty. Indubbiamente è uno dei remaster più voluti da chiunque, sia per la bontà del progetto iniziale, sia per la sua assenza nel programma di retrocompatibilità sulle console. Raven Software ha eseguito un lavoro impeccabile per riportare in auge uno dei giochi più amati della serie, riuscendo a dargli una nuova vita e a renderlo nuovamente interessante, addirittura più di Call of Duty: Infinite Warfare. Questo perché, detto fuori dai denti, è chiaro che molti acquirenti abbiano comprato il nuovo gioco solo per avere Modern Warfare, con tanto di ironie come “spendo volentieri 80€ per Call of Duty: Modern Warfare Remastered… C’è anche Infinite Warfare gratuito all’interno!.

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Per quanto discutibile possa essere la decisione di non vendere il remaster singolarmente, Call of Duty: Modern Warfare è uno dei migliori “zombies” del gaming attualmente sul mercato. Fin dai primi trailer si faceva viva la sensazione di avere davanti un gioco fresco, capace di camminare con le proprie gambe: non una semplice skin in HD applicata allo stesso scheletro del 2007, ma una curata rielaborazione di tutti quegli aspetti che hanno reso Call of Duty: Modern Warfare il punto cardine dell’intera serie. Tanto che, se fosse uscito inizialmente proprio ora, sarebbe stato un acquisto più che giustificato.

Questo perché in Call of Duty: Modern Warfare funzionava già tutto: una trama plausibile, che si avvicina al presente molto più di quanto non facesse già nel 2007, con personaggi credibili ed umani, azioni realistiche ed un gameplay intuitivo e divertente. Quasi al tramonto del 2016 si aggiunge anche una grafica più che buona, non eccellente per ovvi motivi, ma che rappresenta un enorme passo in avanti rispetto al primo gioco: tanto che, appunto, tornando ad inserire il vecchio DVD nella Xbox 360, sembra quasi strano che la faccia di Price avesse un naso così poligonale.

Call of Duty: Modern Warfare è come un amico che incontri dopo 30 anni, constatando che le rughe non si sono ancora impossessate della sua pelle: un po’ lo vorresti riempire di botte per l’affronto, ma dopotutto è fantastico passare ancora del tempo con lui. Questo anche perché gli anni passati non sono stati tamponati con qualche lifting o varie iniezioni di botox, ma solo tramite una dieta equilibrata e tanto sport. Insomma, in termini videoludici, Call of Duty: Modern Warfare si discosta dai classici remaster visti in questi mesi, che magari hanno basato il loro secondo successo semplicemente sull’applicazione di una skin in HD, come ad esempio Halo CE: Anniversary, che però aveva anche contenuti extra.

Anche la manutenzione della modalità multiplayer è stata ottima, stavolta con una maggiore predisposizione al lavoro grafico piuttosto che basato sugli aggiustamenti del gameplay. Ritrovare la stessa lentezza di movimento, così in sintonia con le gambe di un vero essere umano, le armi caratteristiche dei combattimenti reali e le ormai iconiche kill streak, è una sensazione che tutti i fan di Call of Duty dovrebbero provare. Il gioco è grezzo e severo come una volta, basato più sulla strategia e su un’azione ponderata piuttosto che sullo stile Leeroy Jenkins che ormai rappresenta molti sparatutto. Non ci sono tutte le mappe, ma almeno si può combattere in quelle più amate, all’interno delle modalità che hanno visto nascere l’odierno comparto multiplayer di Call of Duty.

Call of Duty: Modern Warfare Remastered sembra dunque un gioco totalmente nuovo, soprattutto nel single player, e si impone degnamente in parallelo ad Infinite Warfare. Un tale aspetto è estremamente positivo per un gioco nato ufficialmente nel 2007, ma mette anche di fronte ad un altro dubbio, ovvero che Call of Duty, in fondo in fondo, sia sempre rimasto lo stesso, con animazioni, gameplay e fisiche uguali nel tempo. Questo, però, è un altro discorso.

Piuttosto, non si possono elogiare allo stesso modo altri remaster arrivati sul mercato durante il 2016, che di sicuro passerà alla storia del gaming proprio per questo. Alcuni sono semplici reskin di vecchi capitoli, mentre altri sono porting di edizioni Xbox 360 o PS3, magari nemmeno così lontani in termini di età e tecnologia dalla “nuova” versione. Un ringraziamento deve però andare nei confronti di quelli che hanno semplicemente ritoccato l’estetica, vuoi per negligenza o per preservare l’antico stile di gioco: questi titoli sono la perfetta dimostrazione che una buona grafica non può ovviare alla mancanza di un gameplay solido. Anni fa questo era un semplice dogma da adottare, ovvero il dare molta più importanza all’esperienza di gioco che al puro e semplice aspetto estetico: col tempo, grazie sia alle nuove tecnologie che alla crescente fame dei giocatori, le fondamenta del gioco hanno cominciato a presentare qualche crepa e, specialmente le nuove generazioni, preferiscono avere qualche manciata di pixel in più da guardare piuttosto che una solida esperienza di gameplay. E, ovviamente, il produttore è più che contento di dare ai consumatori ciò che chiedono con ardore.

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Bisogna mettersi il cuore in pace: la venuta dei remaster non vede come unica causa la mente imprenditoriale dei produttori, ma soprattutto quella nostalgica dei giocatori. Se ne vedranno altri, questo è certo, e ciò porta i team a concentrarsi su tali progetti, distraendosi dalle nuove IP. La continua ricerca del nostro passato può essere davvero redditizia, oppure può far emergere aspetti negativi dei nostri giochi preferiti che mai ci siamo accorti esistessero. Se tutti i remaster fossero plasmati a regola d’arte come Call of Duty: Modern Warfare, allora potrebbe anche essere una mossa azzeccata, ma per la maggior parte dei titoli sarebbe bastata una semplice retrocompatibilità, veloce e senza costi aggiuntivi. In questo modo è anche più semplice accorgersi di come certi titoli non godono di una vecchiaia invidiabile e si può effettuare una “scrematura” di tutti quelli che, purtroppo, ci sembravano “belli” solo per un semplice motivo, individuabile nella nostra esperienza passata.

È vero dunque che tutti i vecchi giochi sono migliori? No, non tutti i giochi usciti 15 anni fa e oltre sono capolavori in quanto “anziani”. A dir la verità, alcuni erano veramente terribili, ma era tutto ciò che c’era all’epoca. Il vero vettore di una tale affermazione è semplicemente la nostalgia che viene provocata pensando a tali giochi, un sentimento che può spesso offuscare un giudizio obiettivo e terminare in cocenti delusioni una volta reinserito il CD (o il floppy disc) nel rumoroso marchingegno con Windows 98 installato. Il ricordo è sì legato alle esperienze di gioco uniche ed inimitabili, ma anche e soprattutto al contesto in cui venivano vissute: con gli amici, con i parenti, col cugggino (sì, con tre “g”) che aveva tutte le console, col proprio cane e nei luoghi che trasudano infanzia ed enormi felpe anni 90. Per chi rientra in questa categoria, al giorno d’oggi non c’è nulla di equivalente, nemmeno fosse il titolo più bello in circolazione o una console in grado di sparare raggi 4K in giro per la stanza e preparare le lasagne in contemporanea, tanto che The Last Guardian pare molto più interessante per chi ha già qualche anno sulle spalle.

Probabilmente saranno poi le future generazioni a decantare la grafica di Battlefield 1, gli zombies di Call of Duty, la corsa ai FIFA Points e le incredibili caratteristiche multiplayer di Nintendo Switch, sempre con nostalgia, sempre con la convinzione che si stava meglio quando si stava peggio.

O quando i joypad non avevano ancora gli analogici.

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