Resident Evil 7 Biohazard
Editoriale 19 Gen 2017

La promessa di innovazione che Resident Evil 7 potrebbe mantenere

L’anno nuovo comincia con una bella vagonata di novità, prima tra tutte la presentazione di Switch. Puntualmente però la mia attenzione si sposta sugli horror e, purtroppo, da alcuni anni non sono più i titoli famosi a farmi sperare. Silent Hill? Fatal Frame? Alcuni sembrano essere spariti, annullati, o semplicemente portatori di delusioni. Non mi vergogno nel dire che non ho neanche pensato di provare Resident Evil 6. Perdonatemi, ma dopo aver assistito agli zombie paracadutisti mi è mancato il coraggio. La mangereste voi una pasta alla carbonara cucinata con la panna acida? Ecco, io non avrei potuto giocare un Survival Horror con ingredienti così distanti dalla ricetta originale.

Aldilà del mio improprio paragone culinario,è da tempo che alterno giochi usciti di recente al retrogaming nostalgico. E forse ciò mi impedisce di apprezzare a pieno titoli che meriterebbero comunque più plauso. Lungi da me trasformarmi però in un critico spocchioso, anzi, lasciate che possa unirmi a voi nell’hype generale che sta investendo Resident Evil 7. Perché per la prima volta da quando Mikami ha abbandonato la sua creatura ho visto un cambiamento. Non parlo di innovazioni e idee che stravolgono il genere ma dal segnale che la Capcom voglia dedicarsi a un prodotto fuori dallo schema sparatutto a cui mi ero rassegnato.

In prima fila per l’orrore

Partiamo dal primo impatto. Biohazard è un titolo nato con l’uso di telecamere fisse in ogni ambiente, si è evoluto nel quarto capitolo con la visuale in terza persona e ora vuole approdare con la telecamera in prima persona. La caratteristica degli horror con questo tipo di visuale ha l’enorme vantaggio di offrire un’immersione maggiore nel gioco. Quando siete costretti a fuggire, a nascondervi o anche semplicemente ad esplorare ci si sente più protagonisti che limitandosi a cliccare un tasto nei pressi di un cassetto per aprire un menu. Ed è un esperimento che accolgo a braccia aperte.
A proposito di menu…so che l’inventario in tempo reale (ovvero che non metta in pausa il gioco) non è qualcosa di propriamente nuovo, ma da quanto non si vedeva abbinato alla risoluzione degli enigmi? Perché viene mostrato chiaramente come interagire con ostacoli e meccanismi da sbloccare, non sceglierà automaticamente la soluzione se avete  la chiave nell’inventario ma dovrete intuire voi stessi come e quando utilizzare un oggetto. Se questo gameplay verrà effettivamente implementato con indovinelli di una certa difficoltà è comunque tutto da vedere, ma sono segnali che mi fan ben sperare. Specie per il ritorno delle chiavi ad emblemi, sapore di pura nostalgia.

Capcom si è d’altronde sbilanciata definendo Resident Evil 7 “il più difficile della serie“. Spero che questa affermazione abbia tenuto conto dei suoi predecessori perché il primo walkthrough di Code Veronica è stato forse l’apice in termini di rompicapo, segreti e difficoltà (parere personale ovviamente). E per certi versi forse il canto del cigno della serie, almeno finora. Sono anche disposto a perdonare trame piatte e prevedibili purché mi vengano restituite le vecchie scariche di adrenalina, il terrore di giocare nel buio di una mezzanotte invernale.
Sono adulto e stagionato, rendendomi forse uno dei clienti nella categoria più difficile da accontentare. Voglio però dare fiducia a Capcom.

Se l’eroe non è più il macho man

Non voglio spifferare più del dovuto, ma ho notato già nella prima ora di gioco molte citazioni di episodi passati (e forse di altri survival) e pellicole classiche del genere. Dai video in giro su Youtube mi ha in particolare colpito la presenza di un nemico armato di motosega. Il tema di Leatherface, orrore emblematico di The Texas Chainsaw Massacre (Non aprire quella porta) era cominciato con Dr.Salvador nel quarto capitolo ma trovo un altro interessante tema parallelo: il protagonista non è un agente addestrato delle forze speciali di chissà quale oscura cittadina. E’ una persona comune, come me voi e me, senza abilità speciali né particolare dimestichezza con le armi. Ho quasi rivissuto il panico di Wendy nel vedere un coniuge armato di motosega farsi strada attraverso ostacoli e porte nella stessa maniera con cui Jack Torrance faceva capolino dalla spaccatura di una porta in The Shining. E non pensate che le ferite non possano diventare serie…già in Outlast si era riusciti a osare nel mutilare il protagonista, qui addirittura si propone qualcosa di molto simile a The Evil Dead (La casa) senza ilarità di sorta.

Vi invito quindi a non bruciare subito la vostra prima partita ma a prenderla con calma (se possibile!) per esaminare tutti i piccoli dettagli e la cura che lo staff ha messo nel gioco. Potrebbe essere l‘inizio del revival di una serie che non solo riscopre le proprie origini ma è capace di guardare avanti. Vorrei evitare infatti tra qualche anno di giocare con un Chris Redfield ultraottantenne in pieno stile Rocky, dedito a massacrare armi biologiche come fossero partite a tombola all’ospizio. Un tema che in alcune trame ha trovato giustificazione ma che troverei ridicolo in un horror. In generale, vorrei vedere qualcosa di diverso dal one-man show. Servono volti nuovi, imperfetti, eroi che cedono alle proprie debolezze e fanno di tutto per salvarsi la pelle, anche rinunciare ad aiutare il malcapitato di turno.

Questa nuova sorta di eroi potrebbe aver preso ispirazione dal vecchio cugino Silent Hill, uno dei primi horror psicologici, dove la forza di volontà conta più di quella dei muscoli. Non tutto infatti deve essere per forza il prodotto della scienza e avere una spiegazione razionale. Lo strumento del sovrannaturale negli horror è più che legittimo purché ci si avvalga di un filo logico negli eventi. Resident Evil 7 potrebbe voler riproporsi in questo senso come un nuovo horror vecchio stile. Ed è sicuramente più interessante vedere l’evoluzione dei personaggi che lentamente si adattano alle difficoltà piuttosto che a scendere sul campo di battaglia già consci di cosa li aspetti.

Di certo lo scopriremo dopo il 24 Gennaio. Se riusciremo a sopravvivere.

Le idee, le considerazioni e le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista dell’autore stesso e non è detto che rispecchino del tutto quelle della redazione.

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