Styx è tornato. Sprezzante come l’abbiamo conosciuto, rapido e silenzioso come un capriolo (senza essere altrettanto bello né aggraziato) e affabile come un cobra al quale hanno pestato la coda, il goblin che aveva già dato ottima mostra di sé nel titolo precedente, Master of Shadows, è pronto per una nuova avventura. Noto per essere l’unico della sua razza a poter parlare, un dono che mette a frutto con elegantissime uscite da bettola di quart’ordine, molte delle quali rivolte al giocatore, Styx è chiamato ancora una volta a sfruttare le sue abilità di ladro e assassino in un mondo fantasy dove le opportunità e il pericolo si eguagliano. Se ancora non l’aveste capito, non stiamo parlando di un eroe: tutto il contrario piuttosto, perché non c’è niente in Styx che possa fare di lui una figura positiva. È meschino, uccide, ruba, mente come se non esistesse un domani e potrebbe pugnalarti alle spalle subito dopo una buona bevuta; eppure è un personaggio che strutturalmente funziona, staccandosi di netto da tutti gli altri ed entrando nel cuore dei giocatori, rompendo la quarta parete con battute a volte geniali e altre esasperanti.
Un piccolo Deadpool verde, che non raggiunge il carisma dell’originale ma sicuramente si impegna. Del resto quando non c’è nessuno nei paraggi a commentare le tue osservazioni, puoi permetterti di dare fondo a tutta la tua intelligenza e fare riferimenti mirati a colossi come Assassin’s Creed o Terminator mentre ti sposti da un tetto all’altro. Insomma, a distanza di tre anni dal capitolo precedente non si può dire che Styx abbia perso il proprio smalto; come si è comportata invece Cyanide rispetto alla narrazione e a meccaniche di gioco che sì lasciavano intuire delle buone idee ma, a livello di realizzazione finale, si mostravano superficiali e passabili di migliorie? Styx: Shards of Darkness è riuscito a scrollarsi di dosso la dipendenza dal carisma del suo antieroe protagonista e darsi nuove basi su cui reggersi?
La nostra prima risposta è sì. La nicchia di giocatori che fa dello stealth la propria missione di vita vedrà con piacere l’impegno del team di sviluppo nel prendere e migliorare ciò che già c’era di buono in Master of Shadows. Quel level design originariamente stratificato che permetteva approcci variegati senza per questo deludere durante le ripetute infiltrazioni, trova in Styx: Shards of Darkness un ampliamento sia in verticale sia in orizzontale; che sia lungo l’imponente fortezza elfica di Korrangar o lungo le decadenti palafitte di una cittadina, la cura che si è posta nell’animare il nostro ladruncolo – coadiuvata come dicevamo soprattutto dalla verticalità degli ambienti – permette un’esplorazione sfaccettata, con una moltitudine di approcci ognuno stealth-centric.
Sembra una giornata come un’altra per Styx. Un nuovo incarico, qualche paga da rubare e soldi da intascare per procurarsi la tanto ambita ambra, per la quale soffre una vera e propria dipendenza; le cose iniziano tuttavia a prendere una piega storta, una piega che il goblin non aveva previsto e lo porta alla più improbabile delle alleanze. Quella con il Capitano Helledryn, la donna al comando di uno dei tanti squadroni della morte riuniti sotto un’unica organizzazione, S.T.R.A.G.E. (C.A.R.N.A.G.E. in inglese), costituita per far fronte alla minaccia dei goblin dopo la loro incontrollata moltiplicazione conosciuta con l’eloquente nome di “Piaga Verde”. L’animo menefreghista di Styx lo porta a disinteressarsi della sorte dei propri simili, che peraltro disprezza a causa del loro scarso intelletto e dell’incapacità di parlare, dunque non gli crea problemi questa insospettabile tregua da cui naturalmente trarrà tutto il suo guadagno: se Helledryn è molto interessata alle trame dell’alta sacerdotessa Lyssril, che mira all’ascesa del proprio popolo attraverso la raccolta di ambra e l’acquisizione del quarzo puro – le cui proprietà mistiche e oscure conferiscono poteri oltre l’immaginazione – al nostro piccolo ladruncolo importano poche ma fondamentali cose. L’insaziabile avidità verso quegli artefatti magici che nutrono le sue abilità e, in particolar modo, la propria libertà. C’è tuttavia anche una discreta percentuale di vendetta verso un nemico che l’ha sconfitto, umiliato e quasi ucciso, un nemico che sembra nascondersi proprio nell’impenetrabile fortezza di Korrangar.
Da queste basi ecco dipanarsi una storia dove non vogliono mancare sodalizi impensabili, sfiducia, tradimento, macchinazioni nell’ombra di fronte alle quali, poi, persino quell’esempio di rettitudine che è il goblin dovrà tenere a freno la lingua, per quanto gli sia fisicamente possibile; la narrazione ammanta dunque Styx: Shards of Darkness di un’aura fascinosa ma come un novello Icaro si avvicina troppo al sole e nonostante le ottime cinematiche, a un certo punto inizia a precipitare inesorabilmente. Ci troviamo di fronte a un flusso disarmonico, che alterna senza una vera logica situazioni troppo estese ad altre sincopate, si sfilaccia fino a dimenticarsi di alcuni personaggi per lasciare spazio a dei comprimari scialbi, il cui rapportarsi nei confronti di Styx ci appare inspiegabile. L’impatto definitivo lo abbiamo con un non finale, che dopo nove capitoli e circa quindici ore di gioco non può avere alcuna giustificazione, ripagando le aspettative poste in questo sequel con una moneta falsa: la struttura narrativa di Styx: Shards of Darkness esce zoppicante dal confronto con il predecessore.
Cyanide si migliora nel nuovo capitolo… ma alcuni aspetti fanno un passo indietro.
Un’ottima partenza destinata però a un rapido declino. Un potenziale che gli sviluppatori non hanno saputo sfruttare appieno, perché l’ambientazione c’è e funziona a livello visivo, mentre la mancanza di paratesti ed elementi che esulino da un ascolto passivo delle conversazioni penalizza l’interesse verso un universo che gli artisti hanno saputo costruire più di quanto abbiano fatto gli sceneggiatori; per avere delle informazioni sul mondo che ci circonda o dettagli utili a risolvere gli enigmi è stato sacrificato un insieme di possibilità esplorative che avrebbero fatto un uso ancora migliore del meraviglioso design verticale.
Qual è il risultato dal punto di vista ludico? Come abbiamo accennato, Cyanide dimostra in questo tutto il suo impegno, raccogliendo le meccaniche di Master of Shadows e migliorandole, adattandole all’ampliato level design per offrire un’esperienza dal sapore conosciuto ma non stantio; soprattutto nelle prime ore di gioco si mostra appieno tutta la potenzialità dell’ambientazione, con una varietà di percorsi che il gioco, nella sua libertà, ci consente di sperimentare per capire quale sia il migliore – e non è detto valga sempre lo stesso per ogni missione. Tra gli stretti corridoi e lungo le passerelle di maestosi aeronavi steampunk, passando per squallidi villaggi di pescatori fino all’elegante e imponente fortezza elfica, Styx darà fondo alla sua maestria nel muoversi tra le ombre per esplorare livelli ricchi di punti in cui nascondersi (casse, armadi, cesti), allarmi, trappole a pressione ma anche enigmi la cui risoluzione richiede memoria di scene occorse in precedenza e premierà a volte con nuovi pugnali; non mancheranno poi le occasioni per testare i nostri riflessi, sebbene saltare da una sporgenza all’altra e soprattutto dondolarsi da una corda non siano proprio gli elementi migliori. Nel complesso ci si può tuttavia passare sopra.
Styx: Shards of Darkness è un gioco stealth, dunque come tale deve essere approcciato. Quella libertà che vi permette di scegliere quale strada percorrere per arrivare al nostro obiettivo si estende anche al profilo che volete tenere nel corso di ciascuna missione: nonostante il nemico migliore sia un nemico morto, esistono diversi fattori che sconsigliano l’andare in giro ad accoltellare chiunque capiti a tiro. Primo fra tutti, disfarsi delle prove: non sempre avrete un armadio o un baule a disposizione dove nascondere il corpo del reato e le guardie di ronda hanno uno spiccato sesto senso nel notare qualcosa fuori posto come un cadavere; se poi disgraziatamente doveste essere scoperti e quindi affrontare un combattimento a viso aperto, vi aspetta qualcosa di molto simile alle pessime meccaniche del titolo precedente, con la differenza che basterà un solo fendente per sbilanciare l’avversario e avere ragione di lui. O scappare.
È evidente come Cyanide voglia scoraggiarci da un approccio impulsivo che non è nello stile di Styx, perciò se difettate di pietà e vorrete (o in alcuni casi dovrete) liberarvi la strada non vi resterà che affidarvi all’ingegno e alle possibilità che l’ambiente stesso vi offre: un lampadario da sganciare sulle teste di ignare guardie è abbastanza rumoroso ma efficace se non rimangono testimoni a indagare; cosa c’è poi di più disgustoso che avvelenare cibo o bevande aggiungendo un ingrediente speciale e assolutamente personale? Dobbiamo riconoscere di esserci sentiti meno in colpa a pugnalare qualcuno alla schiena o buttarlo giù da una sporgenza, che non a sputare nel suo piatto e vedere discutibili esalazioni violastre sollevarsi di conseguenza. Con sommo gaudio di Styx.
Il gameplay si migliora e si arricchisce grazie a una grande varietà di approcci.
Al di là del divertimento nato dalla sperimentazione, vi abbiamo portato solo alcuni esempi, questi sotterfugi sono soprattutto funzionali. Progredendo, la storia si arricchirà con nuove tipologie di nemici sempre più letali: dai semplici sgherri passerete a imponenti cavalieri in armatura pesante pronti ad affettarvi in un colpo solo con la loro Durlindana, guerrieri elfici che fanno un ottimo uso della cerbottana, insetti giganti dall’udito sensibilissimo e nani con un olfatto molto fine. Se ai primi casi si sopperisce con spostamenti controllati e silenziosi, dubitiamo che l’Eau de Styx possa fare piacere ai vostri barbuti amici. Ecco dunque come tenere le distanze sia un obbligo e l’osservazione dell’ambiente una priorità, se volete evitare di morire ed essere insultati di conseguenza. Ci sono due fondamentali indicazioni per essere certi di confondersi fra le ombre, il fodero del pugnale e il consueto sistema di allerta dei nemici: nel primo caso la guaina si illuminerà in presenza di zone buie (come il mantello di Aragami nell’omonimo gioco), che comunque non ci assicureranno mai una copertura perfetta; nel secondo vedremo il classico cerchio sopra la testa del nemico che si riempirà progressivamente di bianco, giallo, arancione e rosso, indicando il livello di sospetto. Raggiunto il massimo, le guardie vi avranno scoperto e chiameranno rinforzi, spesso tramite l’uso di una campana che si può però sabotare.
L’abitudinarietà e semplicità dei giri di ronda rende l’uso dei diversivi un espediente raro, più che necessario, ma non significa che i nemici manchino di percezione. Tutto il contrario, possiamo dire, perché rispondono bene a qualsiasi rumore e non esiteranno ad attaccarci quando saremo in vista; entrano in confusione quando fuggiamo passando sopra le loro teste e a volte sono vittime di bug che minano il loro percorso, facendoli camminare in cerchio o incastrarsi in un determinato punto, ma tirando le somme è una buona IA. Penalizzata forse da una certa ripetitività nello stile di combattimento, a dispetto delle differenze di razza e/o tipologia, e nelle animazioni durante le uccisioni silenziose, tutte molto simili. In questo il team di sviluppo pecca un po’ di pigrizia.
Considerati gli ostacoli che bloccheranno il passo in Styx: Shards of Darkness, si potrà davvero fare affidamento solo su un pugnale, un pizzico di ingegno e qualche incidente ambientale? Cosa ne è delle abilità che rendono lo sboccato goblin un maestro nella propria arte, quell’invisibilità, la tecnica di clonazione, persino quella Visione d’Ambra sulle quali ci si è tanto appoggiati nel titolo precedente? Non preoccupatevi, faranno tutte il loro grande ritorno: la destrezza di Styx nel manipolare l’Ambra gli consente di attingere a poteri di cui nessun altro dispone, poteri che consumano una barra da ripristinare tramite l’uso di specifiche fiale. L’unica gratuita è la sopracitata Visione d’Ambra, che al pari della Visione Oscura di Dishonored consente una scansione dell’ambiente circostante alla ricerca di elementi d’interazione, nemici, oggetti e potenziandola vi permetterà di captare il rumore dei passi o tracciare un percorso di ronda.
L’invisibilità funziona come sempre, e sarà inficiata da eventuali migliorie, mentre alla nostra copia – che non mantiene la stessa verve dell’originale – sono state apportate modifiche per renderla ancora più versatile: manovrabile dalla distanza, dopo diversi upgrade consentirà un utilizzo che va dal diversivo, al teletrasporto finanche a uno strumento di morte indiretto. Perché sporcarsi le mani, se qualcun altro può farlo per noi? La concatenazione delle abilità è dunque un punto forte della struttura ludica ma non si può parlare di abilità senza uno skill tree – ed ecco che Styx: Shards of Darkness ne propone uno nettamente ampliato rispetto al precedente, lasciandovi un’ottima libertà di sviluppo della vostra strategia di gioco, con potenziamenti in grado di dare una svolta decisa allo stile che adotterete. Questo albero si divide in cinque macrosezioni: Furtività, Percezione, Clonazione, Alchimia e Uccisione, ciascuna ramificata in specifiche abilità che non andremo ad analizzare nello specifico per non rovinarvi il piacere della scoperta. Ci permettiamo giusto un piccolo appunto in merito all’Alchimia, perché andrà a influenzare un elemento del tutto nuovo: la Creazione, o crafting se preferite. Non ci si può definire degli esperti se non si è in grado di arrangiarsi da soli, dunque il nostro pelleverde si rimbocca le maniche nel nuovo capitolo e, a patto di possedere le giuste materie prime, crea ciò che il contesto richiede. Fiale d’Ambra, dardi avvelenati, preziosissimi grimaldelli… niente sfugge al neonato animo artigiano di Styx.
Più sadico, più attrezzato, più cattivo. Styx si ripresenta in splendida forma.
Se pensate sia facile perfezionare le proprie abilità, siate pronti a ricredervi. I PA necessari per un singolo slot superano il centinaio di unità e il loro accumulo è strettamente legato a numerosi fattori. Prima di tutto le statistiche della missione principale, che contano cinque aspetti da tenere in considerazione: tempo, allerta, furtività, pietà e furto. In ciascuno si possono ottenere diversi gradi, dal nullo all’oro, e a seconda del risultato vi sarà quantificato un determinato numero di PA. Ci sono poi occasionali side quests, che possono svilupparsi anche durante il corso di una missione, e collezionabili come gli avvisi di taglia da strappare e i talismani da raccogliere. Niente si ottiene per niente, dunque preparatevi a scandagliare ogni angolo dei livelli. Questo aspetto più arcade di Styx: Shards od Darkness conferisce al titolo una buona rigiocabilità, nonostante una longevità di base valida e in linea con Master of Shadows: quindici ore prendendosela con tutta la calma del caso, pur consapevoli delle stiracchiature occorse a causa di quella parabola discendente nella narrazione, che porta le battute finali a riciclare quanto già visto. Siamo sicuri che se fosse riconosciuta l’onestà di una trama più breve avremmo goduto un risultato più equilibrato.
Per chiudere il cerchio, Styx: Shards of Darkness offre anche una modalità cooperativa a due giocatori, che funziona meglio soltanto nelle missioni in cui al ladruncolo non è richiesto di rimanere completamente fuori dalla visuale: in questi casi, avere un secondo goblin che scorrazza nei paraggi è deleterio perché potremmo trovarci a fallire senza esserne i diretti responsabili e considerata la mancanza di salvataggi, il turpiloquio da taverna potrebbe sprecarsi. Posto questo, in altri livelli può essere piacevole e gratificante avere un compagno a fornire supporto, sebbene la renderizzazione del goblin ospite non sia ottimale e possa distrarre la nostra attenzione, pur non inficiando in alcun modo il gameplay. Considerato però un mancato adattamento degli stage al numero di giocatori e il fatto che la narrazione non comprenda un personaggio in più, la modalità rimane un po’ fine a se stessa, con guizzi di divertimento un po’ ristretti.
Forte di uno sviluppo in Unreal Engine 4 che lo distacca del modesto Master of Shadows, Styx: Shards of Darkness è un titolo che visivamente dà il meglio di sé quando si tratta di riproporre un’ambientazione ben caratterizzata, dai paesaggi spesso mozzafiato e ottima cura nella differenziazione degli insediamenti a seconda della razza. Guardando meglio si notano però alcune imperfezioni nelle texture a un’animazione non sempre al massimo, piccoli elementi se raffrontati all’ottimo lavoro generale svolto dal motore in sé, che non ha consentito cedimenti neppure davanti a fughe rocambolesche o acrobazie di sorta. Pollice alto dunque per un lavoro grafico che purtroppo non basta a sostenere una sceneggiatura instabile, destinata a crollare con il progredire della storia e che nemmeno il carisma di Styx è riuscita a farci godere appieno. Cyanide ha provato, e non si può certo dire abbia fallito, però non ha dimostrato di voler puntare davvero in alto come avrebbe potuto: ci sono forzature, inciampi già occorsi con il titolo precedente e che potevano essere evitati, un tentativo di raccontare qualcosa di più profondo senza – forse – crederci davvero. O credendoci tanto da avere una visione d’insieme offuscata. Vi suggeriamo però di dargli l’opportunità che merita, soprattutto se avete giocato al primo titolo. Styx: Shards of Darkness si amplia e si migliora quasi sotto ogni aspetto, e se siete fan dello stealth allora è il vostro gioco. Non mancheranno sfide né soddisfazioni, ve lo assicura il vostro goblin di (s)fiducia. |
Commenti