Quando parliamo di Danganronpa, dobbiamo tenere a mente che si tratta di un universo molto espanso, iniziato con uno dei titoli che andremo ad analizzare in questa recensione di Danganronpa 1.2 Reload, e conclusosi nell’anime andato in onda lo scorso anno, Danganronpa 3: The End of Hope’s Peak Academy. Attraverso un primo arco narrativo, infatti, la serie animata fa luce sugli accadimenti dai quali sono poi scaturite le avventure del titolo pioniere, Danganronpa: Trigger Happy Havoc, e chiude poi il cerchio ritornando al presente tramite un secondo arco narrativo più un episodio finale dove convergono i finali degli archi precedenti. Nel mezzo abbiamo uno spin-off PlayStation Vita, Danganronpa Another Episode: Ultra Despair Girls, che come i primi due titoli tornerà su console fissa a breve, assieme a una serie nutrita di manga e light novel che contribuiscono ad approfondire alcuni personaggi e vicende legati allo sfortunato istituto Hope’s Peak, nel quale la speranza su cui si fonda il nome si trasforma in una condanna a morte.
Un insieme di elementi disparati ma tutti strettamente collegati fra di loro – eccezion fatta per quelle pubblicazioni che riprendono i giochi – se si vogliono cogliere appieno le vicende. Una transmedialità che si risolve in una trama complessa, profonda nella narrazione, senza dubbio crudele: lo spaccato di un futuro distopico che tuttavia potrebbe essere sempre dietro l’angolo perché non stiamo parlando di mecha, alieni o tecnologie per le quali dovremo forse aspettare decenni e decenni. No. Il leitmotiv della serie si fonda sul più umano dei sentimenti: la disperazione, e con essa la fallacia dell’uomo come essere superiore, pronto invece a cedere ai suoi più bassi istinti per salvaguardare la sua vita. L’illusione della speranza è il perno sul quale gli antagonisti fanno leva per imporsi sui protagonisti, attraverso macchinazioni capaci di fare vacillare anche il più retto di loro.
Poste queste premesse, Danganronpa 1.2 Reload è una raccolta dei primi due titoli. Una visual novel che racchiude in sé i migliori aspetti investigativi di Ace Attorney e la componente sociale ispirata (nel suo piccolo) alla saga di Persona, inserendoli in una trama dalle tinte claustrofobiche e horrorifiche come potrebbe essere quella che ci si è presentata a suo tempo con Virtue’s Last Reward; il tutto poi arricchito da un cast di personaggi molto ben disegnato, in termini grafici ma soprattutto di caratterizzazione.
Entrambi i giochi ruotano attorno alla Hope’s Peak Academy e ai suoi studenti, tuttavia le ambientazioni non potrebbero essere più agli antipodi fra loro. Danganronpa: Trigger Happy Havoc ci mette nei panni del giovane Makoto Naegi, uno studente in procinto di frequentare la prestigiosa accademia di cui sopra: si tratta di un istituto dove soltanto le eccellenze sono ammesse, i cosidetti Ultimate Students, le cui capacità spaziano fra diversi ambiti. Non aspettatevi dunque di incontrare futuri premi nobel per la fisica o la matematica, anzi si può dire che questo genere di competenze siano piuttosto una rarità; per farvi alcuni esempi, fra i vari personaggi figurano titoli come Ultimate Fanfic Creator, Ultimate Gambler, Ultimate Moral Compass, Ultimate Fashionista… insomma, persone le cui competenze superiori negli ambiti più impensabili hanno garantito un accesso alla Hope’s Peak Academy, che si occuperà di formare questi ragazzi e offrire loro un futuro nel mondo. Non stupisce perciò quanto questi posti siano ambiti.
Makoto Naegi è in tutto questo una mosca bianca. Non ha doti particolari, rientra alla perfezione nel concetto di ordinarietà: la sua presenza nella scuola è dovuta molto semplicemente a una fortunata estrazione che lo stesso istituto ha messo a disposizione. Ciò fa di lui l’Ultimate Lucky Student, una nomina che tuttavia gli si rivolta contro appena messo piede alla Hope’s Peak; assieme a tutti gli altri studenti si ritroverà intrappolato all’interno dell’edificio, alla mercé di un avatar meccanico dietro il quale si nasconde la vera mente di una tragedia annunciata. Disegnato dal team di sviluppo sull’idea di “colpevole” e “innocente”, Monokuma si presenta come un orsacchiotto che niente ha di rassicurante, nemmeno se si volesse guardare solo la metà bianca che lo compone. Dichiarandosi Preside dell’istituto, annuncia ai ragazzi che sono condannati a trascorrere il resto della loro vita all’interno della Hope’s Peak Academy.
L’unico modo per uscire è diplomarsi, ovvero compiere un omicidio senza essere scoperti. Inizia così per i quindici personaggi un incubo dove Monokuma non esista a sfruttare ogni mezzo per costringerli all’angolo, far sì che la speranza e soprattutto la volontà di fuggire abbiano la meglio sulla loro volontà, portandoli alla disperazione e di conseguenza all’assassinio; una storia sfaccettata e dalle sfumature ingannevoli, dove nessuno è chi sembra neppure dopo aver compiuto il più efferato dei crimini, un racconto che ci porta nostro malgrado a scoprire il colpevole perché non possiamo evitare di calarci nei suoi panni. Ed è proprio questo il maggior punto forte di Danganronpa 1.2 Reload: la capacità di offrire una narrazione profonda e imprevedibile, che porta il giocatore a perdonare una grafica un po’ datata alla quale – nonostante un aumento del framerate a 60fps – non si è tentato di dare giustizia in questo remaster, soprattuto per quanto riguarda la bassa risoluzione dei personaggi e di alcuni oggetti sullo sfondo. Seppur non in modo grave, lo stesso audio pecca di qualità.
Una storia elaborata, contorta, crudele. Eppure, alla fine, estremamente umana.
Il gameplay di Danganronpa 1.2 Reload prevede un’interazione con l’ambiente e i personaggi attraverso un semplice sistema di punta-e-clicca. Severamente legato alle regole imposte dal crudele e bizzarro Monokuma, Makoto potrà esplorare alcune parti dell’istituto e parlare con gli altri studenti durante la cosiddetta fase di Daily Life. Tuttavia, come in ogni visual novel, è opportuno accrescere l’affinità con i personaggi presenti e queste situazioni occorrono soltanto nei momenti di “free time”, dove il tempo passerà parlando a propria discrezione con uno dei compagni: in apparenza futili, queste interazioni si rivelano invece molto importanti per apprendere le abilità da utilizzare durante i Class Trials, di cui parleremo a breve.
Ottenerle sarà però meno semplice di quanto si creda poiché occorrerà regalare al personaggio un oggetto che, in una scala di valori D-A, lui o lei possa apprezzare – in caso contrario, l’occasione andrà sprecata; i regali in questione si comprano spendendo le Monokuma Coins nella Monokuma Machine, situata all’interno di un piccolo negozio accessibile fin da subito, e la percentuale di possibilità che si ottenga un doppione aumenta a mano a mano che si utilizzano monete. Queste ultime si guadagnano come ricompensa per aver completato un processo, oppure a seguito di un accurato esame degli elementi in una stanza: ciò significa non lasciare mai nulla al caso, perché dietro l’oggetto più inutile o più inaspettato potrebbe nascondersi una Monokuma Coin. Anzi, molto spesso le troverete dove mai avreste pensato di controllare.
Al di là della componente esplorativa e dialogata, quelle più interessanti di Danganronpa 1.2 Reload sono l’investigazione e l’inevitabile processo. A seguito di ogni omicidio si inizierà la fase di Deadly Life: Monokuma concederà tempo per raccogliere gli indizi utili a sostenere il Class Trial, durante il quale sarà obbligatorio accusare il vero colpevole: in caso contrario, tutti a eccezione dell’assassino saranno giustiziati.
Questo aspetto aggiunge ulteriore tensione a delle situazioni già di per sé molto stressanti, dove le nostre abilità saranno messe alla prova attraverso una lunga serie di minigiochi che, di processo in processo, si arricchiranno a rendere il tutto non solo molto reale ma anche piuttosto complesso. Si passa da semplici Nonstop Debates, momenti dove ognuno espone a ruota libera la propria argomentazione, che prevedono una sola contraddizione alla quale noi dovremo rispondere sfruttando i nostri Truth Bullets – ovvero gli indizi raccolti durante l’indagine. Sarà il gioco a selezionare per noi il proiettile da usare tuttavia, come abbiamo detto, non sempre ciò che abbiamo a disposizione o sotto gli occhi corrisponde al vero e più il gameplay si farà complesso, più dovremo dubitare persino dell’utilità dei nostri elementi.
Ad affiancare i Nonstop Debates troviamo Hangman’s Gambit, una sorta di gioco dell’impiccato all’interno della mente del protagonista per riportare alla memoria una parola chiave e sfruttarla per confutare o rafforzare una tesi; fra tutti gli aspetti, questo e le domande a risposta multipla sono fra i più difficili perché non trovano risoluzione negli aspetti materiali dell’indagine ma nell’attenzione posta ai dialoghi che hanno preceduto il Class Trial.
La localizzazione inglese, soprattutto nelle fasi di Hangman’s Gambit, rende il tutto meno immediato di quanto lo sarebbe stato in italiano. Non per questo, però impossibile. Per non rovinarvi la sorpresa, il resto lo lasciamo scoprire a voi. Nel complesso, Danganronpa: Trigger Happy Havoc si è dimostrato e si dimostra per chi già non lo conoscesse come un ottimo titolo di apertura, in particolare per quanto riguarda la resa dei personaggi: ciascuno arricchito di una caratterizzazione unica, insieme formano un cast capace di rafforzare ulteriormente una narrazione brillante, dove gli sceneggiatori giocano con gli stereotipi e si preparano a ribaltare le conclusioni dell’utente, lasciando un senso di genuina sorpresa di fronte a determinati sviluppi. Sotto certi punti di vista, la scrittura è magistrale.
Danganronpa 1.2 Reload non manca però di difetti, come una certa lentezza nello svolgimento di alcune situazioni e il fatto di poter soltanto confutare le affermazioni degli altri personaggi, senza mai poter essere d’accordo con loro. Questo porta ad alcune situazioni bizzarre, con dialoghi costruiti per far sì che giusto pochi eletti possano giungere alle esatte conclusioni, retrocedendo gli altri studenti – non solo il potenziale colpevole – a ostacoli lungo la strada della verità persino quando l’intenzione sarebbe aiutare; a volte, l’inutilità di alcune constatazioni mette in luce la costrizione entro la quale gli stessi sviluppatori si sono messi.
Questi piccoli difetti, che non minano il lavoro nella sua totalità ma avrebbero potuto perfezionarlo se evitati, sono stati aggiustati in Danganronpa 2: Goodbye Despair, il secondo titolo della raccolta Danganronpa 1.2 Reload: mantenendo sempre la Hope’s Peak Academy come fulcro delle vicende ma spostando l’ambientazione sulla tropicale Jabberwock Island, il gioco ha poco da dire in termini di innovazione ma sfrutta ottimamente la familiarità a proprio vantaggio, con situazioni di déjà–vu che solo in pochi casi sanno troppo di già visto.
Il meglio di sé lo offre durante le fasi di Deadly Life, rendendo più fumosa l’identità di un colpevole che nel capitolo precedente poteva essere intuita con minori difficoltà: si potranno poi supportare le affermazioni di un compagno, durante i Nonstop Debates, grazie agli Agree Points che, come suggerisce il termine, permette al protagonista di concordare con quanto espresso; inoltre sono stati aggiunti nuovi minigiochi come Spot Selection, dove sarà necessario trovare all’interno di una immagine la prova schiacciante che permetterà al processo di proseguire, o Logic Dive, un momento di snowboarding all’interno della propria mente per collegare le risposte e andare avanti.
Danganronpa 1.2 Reload è un’occasione imperdibile per avvicinarsi alla serie
Le stesse interazioni con i compagni sono state leggermente approfondite, introducendo il sistema degli Hope Fragments, ottenibili ogni volta che si approfondisce la conoscenza con uno di loro: arrivati a sei, il legame si srà rafforzato al punto tale da far ottenere una skill utilizzabile durante i processi. Grazie a pochi ma mirati accorgimenti, dunque, Danganronpa 2: Goodbye Despair non è soltanto il seguito di un gioco di successo, piuttosto un suo pari; c’è innovazione senza però allontanarsi troppo dal titolo pioniere, quel dramma cupo, avvolto nel mistero e caratterizzato da una peculiarità che ha reso la serie così famosa e amata. Se è vero che un fulmine può colpire due volte nello stesso punto, insomma, Spike Chunsoft ha reso particolarmente chiaro il concetto.
Sebbene Danganronpa 1.2 Reload non porti alcuna innovazione a livello di trama principale, introduce però due nuove modalità di gioco una volta finita la storia: rispettivamente Modalità Scuola e Modalità Isola, che rappresentano un What If in cui i quindici studenti non prenderanno parte al gioco della morte, pur essendo chiusi nella scuola o bloccati sull’isola, ma dovranno aiutare Monokuma (o Usami nel secondo titolo) a costruire delle repliche di se stesso entro un massimo di 50 giorni, lungo i quali saranno distribuite diverse richieste. Si tratta di una sorta di gestionale, che vedrà il giocatore impegnato ad assegnare ai propri compagni il compito di raccolta dei materiali o di pulizia della scuola/isola, nonché a regolare i turni di riposo in modo da avere sempre tutti i personaggi a disposizione nelle migliori condizioni. Oltre a offrire un’esperienza diversa come dialoghi e svolgimento, queste modalità consentono di approfondire i rapporti con gli altri studenti che, per ovvie ragioni di trama, non potevano essere portati al massimo: una vera manna per tutti i completisti.
Danganronpa 1.2 Reload è una versione “migliorata” di entrambi i titoli ma a livello grafico non è quel remaster che ci si aspettava, perché in termini di qualità visiva il peso degli anni si fa sentire; molti sfondi sono ancora pixelati e gli stessi personaggi sono riportati a bassa risoluzione, mancando quella ventata di freschezza che avrebbe portato la collezione a brillare di luce nuova, con sfondi nitidi e modelli in grado di risaltare i disegni di Rui Komatsuzaki e la particolare estetica 2.5D. Se non avete avuto occasione di giocare agli originali su PlayStation Vita e l’assenza di una localizzazione italiana non vi crea problemi, Danganronpa 1.2 Reload è un’occasione imperdibile per avvicinarsi alla serie, e a una storia avvincente, ben scritta e ricca di colpi di scena. |
Commenti