16 Mag 2017

Farpoint – Recensione PlayStation VR

Praticamente a quasi un anno dalla nostra prima prova in quel di Los Angeles, Farpoint arriva finalmente sul mercato, presentandosi come primo vero FPS in realtà virtuale per PlayStation VR. Un’attesa relativamente corta per un gioco annunciato solo un anno fa, ma la voglia di averlo tra le mani insieme al PlayStation VR Aim Controller sembra aver davvero dilatato il tempo.

Bando alle ciance dunque, il lavoro di Impulse Gear è finalmente qui e mira a conquistare i giocatori in possesso del visore Sony con un’offerta finora assente dalla libreria di giochi per PlayStation VR. Qualcuno potrebbe obiettare parlando di Until Dawn, ma questo è veramente un altro paio di maniche, essendo Farpoint, in primis, un’avventura priva di rotaie con il movimento dell’avatar completamente affidato al giocatore.

Prima di tutto un po’ di background narrativo. Durante lo studio di un’anomalia nello spazio intorno a Giove, il giocatore e due membri dell’equipaggio vengono risucchiati nel corpo celeste e portati su un pianeta inospitale, dall’ambiente desertico, misterioso e solcato da creature ostili. Un po’ come visto nei vari trailer, si tratta di artropodi poco amichevoli, di varie dimensioni e con abilità diverse. C’è però molto altro, sintetizzato nel gioco sotto forma di log olografici trovabili dal giocatore.

La solitudine dell’astronauta è infatti solo apparente e virtuale, poiché il protagonista è alla ricerca dei membri dell’equipaggio nel tentativo di fare luce sull’accaduto. Guidato da una IA, che non perde l’occasione per indicare la posizione dei log, è necessario spostarsi continuamente nelle lande desertiche, nelle grotte e attraverso vari canyon, combattendo fino allo strenuo i nemici multi-zampa.

Le diverse classi di nemici diventano quasi prevedibili dopo qualche livello, ma la loro combinazione è sempre in grado di dare del filo da torcere al giocatore. Si parte con teneri (ma non troppo) ragnetti salterini, vogliosi di abbracciare la vostra faccia, giusto per stare in tema col cinema attuale. Non passa però troppo tempo prima di incontrarne alcuni più grossi, capaci di lanciare globi velenosi oppure di nascondersi sotto terra e preparare agguati. Tuttavia, c’è sempre un pesce più grosso: fanno parte di questa categoria quelli che potrebbero rappresentare il classico tank, ma la Regina è indubbiamente la vincitrice della lotta. Nella progressione della storia, però, si entra in contatto anche con altre forme aliene, forse più pericolose della fauna locale, poiché dotate di tecnologia superiore. Da questo punto si apre la vera ricerca delle cause che hanno formato l’anomalia, necessarie per rendere la storia di Farpoint più di una sola scusa per portare il giocatore nel pieno dell’esperienza FPS in VR. Il primo impatto non è infatti indimenticabile, con sequenze narrative sporadiche e poco chiare nella spiegazione degli eventi, ma col tempo si comincia a fare il quadro della situazione e collegare i log agli eventi. Ogni nostra arma è dotata infatti di uno scanner, grazie al quale si possono sbloccare determinate cutscene e rivivere conversazioni sotto forma di ologramma. Il gioco ha però anche sequenze video più lunghe e meno interattive, spesso con un diverso soggetto principale rispetto al vero protagonista.

Ad affiancare la campagna in single player c’è la modalità cooperativa

Oltretutto, la campagna di Farpoint non è l’unica variabile nell’equazione che compone il gioco: ad affiancarla c’è la modalità cooperativa, basata su mappe completamente diverse e incentrate unicamente sul divertimento e sull’accumulo di punti. L’esperienza a due giocatori tramite PSN è infatti la ciliegina sulla torta, composta sì dallo “spara-spara”, ma anche dalla comunicazione grazie al microfono integrato nel visore. Comunque sia, essendo il primo vero FPS a toccare PlayStation VR, Farpoint deve assumersi la responsabilità di scrivere alcuni dei canoni che caratterizzeranno anche i prossimi giochi in arrivo per il visore. Uno di questi è senza dubbio PlayStation VR Aim Controller, sviluppato da Impulse Gear proprio per Farpoint, ma compatibile con i titoli FPS che gli altri studi vorranno realizzare per PlayStation VR. Dopo più prove agli eventi, avere finalmente in mano il nuovo controller di PlayStation ha confermato le aspettative, dando lo stesso feeling provato negli scorsi mesi.

PlayStation VR Aim Controller è di fatto un Move avanzato, con uno chassis ricoperto dagli stessi tasti presenti su un DualShock 4. Manca il touchpad, sostituito da un bottone fisico, ma di fatto restano i due analogici, con R2 che viene trasformato in un vero grilletto e R1 che si raddoppia, presente sia a sinistra che a destra per permettere a chiunque di impugnare il controller in base alle preferenze. R1 è infatti il tasto dedicato alla ricarica dei fucili ed è posto in un luogo convenzionale a tutte le armi da fuoco. Col suo peso ridotto e molto ben calibrato, Aim Controller non stanca anche se tenuto nelle mani per lungo tempo, grazie anche al design ricercato per tenere i tasti molto vicini tra di loro ed estremamente raggiungibili, senza cadere nell’intralcio o in tocchi occasionali. Ricaricabile tramite un cavo USB, purtroppo non presente nella confezione, la batteria ha dimostrato di saper resistere per qualche ora prima di dover essere riempita con gustosa energia elettrica. Il canone più importante è però il livello di immersione e libertà del giocatore nell’ambiente, che con Farpoint è quasi totale: l’unica zona morta in cui i vari sensori potrebbero fare cilecca è quella letteralmente dietro alle spalle, che andrebbero a nascondere dalle due telecamere di PlayStation Camera la pallina luminosa di PlayStation VR Aim Controller. Per il resto, però, Farpoint riesce ad abbracciare totalmente il giocatore e a rendere intuitivi i comandi dopo solo pochi minuti di gioco.

Il livello di immersione e libertà del giocatore nell’ambiente è totale in Farpoint

Il fucile che rimpiazza PlayStation Move è infatti il punto attorno a cui ruota il controllo dell’astronauta. L’analogico permette di muoversi in ogni direzione, ma la vera chicca è la rotazione del corpo: non è infatti necessario usare l’analogico per scegliere in che direzione andare, nonostante sia possibile attivare questa funzione dal menu, poiché basta farlo nella vita reale. Ruotando le spalle, in una combinazione tra la propria posizione, quella del fucile e dell’analogico, il giocatore si muove naturalmente e diventa estremamente facile capire come si è posti nell’universo. Per fare un esempio, è molto simile alla percezione che si ha di un veicolo nel momento in cui si accumulano anni di esperienza in vita: l’auto (o il fucile nel caso di Farpoint) passano da elementi esterni a estensioni fisiche del proprio corpo.

Questo diventa palese nel momento in cui si ha il pieno controllo delle varie armi presenti nei livelli, in una successione capace di spiegarne il funzionamento col progredire delle missioni. Si parte con un classico fucile d’assalto, dotato di caricatore illimitato, ma in grado di surriscaldarsi; ci si mette poco, poi, per trovare un fucile a pompa, con tanto di lanciagranate, e poi i razzi guidati per il fucile primario. Per non parlare di una potente railgun e, infine, l’anima della festa, il fucile da cecchino.

Come per ricreare le movenze che si userebbero nella realtà, per cambiare arma occorre portare il controller sopra le proprie spalle, oppure bisogna metterlo vicino ad un’arma per raccoglierla. Allo stesso modo, trovare razzi e granate in giro per la mappa permette di raccogliere queste munizioni semplicemente avvicinando il controller. In tutti i casi, non basta premere un tasto o alzare il controller per colpire i nemici. Non siamo infatti in un classico FPS, dove le tacche di mira si allineano automaticamente con la pressione di un bottone. Qua la questione è ben diversa e rispecchia il vero funzionamento di un iron sight o di un mirino reflex: occorre dunque allineare manualmente le due tacche necessarie per mandare un proiettile nella direzione scelta, a meno che non vogliate sparare sempre dal fianco alla Rambo.

E i momenti di pura azione da far west non mancano affatto. Dopo aver preso una certa confidenza con le armi, soprattutto per il potente fucile a pompa, oppure in seguito ad una serie di morti, la tentazione di buttarsi a capofitto nella mischia è molto alta. Per quanto la strategia e i nascondigli siano necessari per sopravvivere, un vero “gunslinger” potrebbe essere in grado di umiliare gli alieni con le sue doti da pistolero impeccabile, guidato dalla cieca rabbia del continuo respawn nel checkpoint più vicino. Dall’altro lato, Farpoint non è per nulla clemente col giocatore quando si parla di punti di salvataggio: oltre a non capire quando sia il momento adatto per uscire dal gioco, costringendo dunque a ripetere magari lunghe sezioni della missione, la morte comporta quasi la stessa cosa. Soccombere sotto i colpi di un grosso ragno è questione di istanti a causa della limitatissima vita del giocatore. Inutile nascondere che a volte sia salita un po’ di frustrazione, ma è proprio in questi momenti che si comincia a sparare a tutte le cose che si muovono, senza eccezione alcuna.

Come detto prima, Farpoint si prende il lusso di staccarsi dalla costruzione a modalità singola per portarsi verso quella multiplayer, evenienza sempre esistita nella mente degli sviluppatori fin dai tempi precoci del gioco. Farpoint unisce infatti la campagna (8 missioni per un totale di circa 6/7 ore, ma con grandi intervalli di pausa per raffreddare la testa e gli occhi) ad una modalità sfida e una cooperativa sul PSN: nel primo caso si tratta di ripetere le missioni della campagna avendo però un punteggio e un determinato timer da seguire; nel secondo, invece, si viene accoppiati con un altro giocatore e si entra nella seconda parte dell’esperienza. La modalità cooperativa è sicuramente quella più avvincente e divertente nell’offerta di Farpoint. In due è possibile abbandonarsi a determinate distrazioni, pregando il compagno di utilizzare lo scanner dell’arma e riportarci in vita, ma bisogna comunque tenere d’occhio il punteggio globale. In co-op, i punti sono infatti il fattore principale per scalare la classifica globale, grazie ad un moltiplicatore dinamico che aumenta o diminuisce in base alle azioni del giocatore.

La modalità cooperativa è sicuramente quella più avvincente e divertente nell’offerta di Farpoint

Non si tratta di una campagna in co-op, bensì di una serie di mappe totalmente diverse, create appositamente per essere sfruttate al meglio in cooperativa. Più nemici, più azione e maggiore divertimento, con la storia che esce completamente di scena per lasciare il posto al puro gameplay, fatto di proiettili, razzi e budella aliene. Ma in tutto questo, quanto è bello visivamente Farpoint? Parecchio, e sembra quasi incredibile vista la quantità di elementi che compongono il pianeta e tutto ciò che risiede sopra. Sporadicamente si assiste a qualche caricamento rallentato delle textures in alta definizione, ma è questione di pochi secondi prima di essere lanciati nel vivo dell’azione.

Si tratta infatti di una grafica molto dettagliata per essere di un gioco in realtà virtuale. Non ci sono compromessi come in Driveclub VR per dedicare la potenza di PS4 o PS4 Pro a determinati oggetti piuttosto che ad altri. Tutto è renderizzato ottimamente anche a notevoli distanze, fattore necessario per mirare nemici lontani e avere la meglio sui fastidiosi cecchini. Nel complesso si tratta dunque di un titolo che compete con Robinson: The Journey in quanto a qualità grafica, confermandosi appagante quanto i trailer che lo esaltavano da tempo. Per un gioco basato su esplorazione, movimenti repentini della testa e simulazione di spostamenti, Farpoint si comporta molto bene nell’offrire al giocatore una buona sensazione complessiva in ambito di motion sickness e altre problematiche legate alla separazione dalla realtà. Come avevamo appreso dall’intervista a Randy Nolta, Farpoint ha innanzitutto un frame-rate e una risoluzione dinamica che vanno a diminuire le sensazioni di malessere e a migliorare la lettura di testi o l’identificazione di piccoli dettagli. Accorgersi di un minuscolo alieno zampettante sulle rocce più alte di noi è infatti importante per evitare morti improvvise o spaventi con tanto di nomenclatura dei santi.

Farpoint è un sogno che si avvera

Farpoint però combatte contro un avversario ulteriore, poiché va giocato prettamente in piedi e non da seduti. Si tratta di uno dei pochi giochi, se non l’unico, che richiedono una simile postura per PlayStation VR, tanto da affiancarsi quasi a Job Simulator o Surgeon Simulator. Nelle prove in anteprima, basate su un unico livello demo, le sessioni erano lunghe tra i 15 e i 20 minuti, ma è stando in piedi per tempi prolungati, vicini all’ora, che si comincia a sentire qualche piccolo dolore. La prima a dare segni di cedimento è la schiena, ma si passa poi velocemente alle ginocchia. Per quanto si sia abituati a stare in piedi per lavorare, ad esempio, in un negozio, le gambe vengono continuamente usate per spostarsi, mentre in Farpoint sono quasi sempre fisse per terra e con la stessa angolazione delle ginocchia. Oppure il sottoscritto, pur essendo venticinquenne, è semplicemente un catorcio, ipotesi da tenere comunque in considerazione.

Conclusioni

Farpoint è un sogno che si avvera, l’evoluzione degli shooter primordiali che richiedevano l’apposito controller da puntare contro il televisore, ovviamente a tubo catodico. Ora però si è totalmente all’interno del mondo di gioco, senza grossi compromessi che vadano ad impensierire o distrarre. PlayStation VR Aim Controller si trasforma in una combinazione di armi osservabili da vicino in ogni momento, come se fossero veramente nelle nostre mani. Insieme, Farpoint e il nuovo controller formano una coppia granitica, capace di regalare al giocatore la migliore esperienza possibile.

Se non fosse per la natura dei visori VR, che tendono a stancare mentalmente e fisicamente dopo sessioni prolungate, sarebbe parecchio difficile separarsi dall’azione di Farpoint e tornare a dedicarsi a giochi classici su schermo. La lunghezza di una singola sessione cooperativa, che ammonta a circa 20 minuti, è il lasso di tempo perfetto per godere del lavoro di Impulse Gear senza mandare in fiamme i coni e bastoncelli delle vostre retine.

L’attesa è stata lunga, ma ne è davvero valsa la pena e non ha deluso. Se avete PlayStation VR, Farpoint è senza dubbio un acquisto obbligato, poiché sfrutta al massimo il potenziale del visore insieme ai simulatori guida. Se invece non avete il dispositivo creato da Sony, allora questa potrebbe essere l’occasione giusta per fare il grande salto.